Volusia, a sua volta, si era guadagnata la propria parte di deboli recriminazioni mentali, mentre Diego ricordava come aveva enfatizzato le proprie gelosissime accuse con un colpo violento diretto verso Milagra, che fortunatamente, viste le proporzioni fisiche di Volusia se confrontata a Milagra, non era andato a segno, per la distorsione delle distanze provocata dall’alcol. Certo, che tempra caliente hanno donne così diabolicamente attraenti!E, infine, naturalmente non si poteva tralasciare dal catalogo delle infamie Yale Drumgoole, collega scrittore di Diego. Per quanto non sostenesse e non praticasse la NC e fosse di conseguenza un membro della corrente letteraria rivale, Yale era stato invitato a prender parte a quella scorribanda notturna. Ma l’unico risultato ottenuto da Drumgoole durante la serata era stato di dimostrare la totale incapacità di ingerire più di cinque pinte di Rudy Bravo senza provarci, in modo sconsiderato e offensivo, con la moglie del buttafuori del locale, guadagnando così a tutto il gruppo di Patchen la cacciata sommaria dentro la neve mista a ghiaccio dello Shankbush, che non differisce affatto nelle sue proprietà di gelo e di umidità da quello di centocinquantuno Isolati Ponente.

Il ricordo della vista dell’occhio gonfio di Yale

che imprecava coloritamente mentre tornavano a casa con il treno, rallegrò un tantino Diego, e tirò fuori da sotto le lenzuola qualche dito dei piedi per testare l’aria. Troppo freddo. Decisamente.

Forse c’era del vero nell’idea corrente che gli edifici dal lato del Fiume fossero sottoposti all’effetto dell’Altra Sponda… La musica poteva aiutare. Diego tirò fuori il braccio nudo e magro per accendere la radio sopra la testiera del letto. Una volta scaldati i fusibili, brillanti note di tromba, espresse in modo inequivocabile, crebbero come un coro di Spose del Pescatore, sollevando all’istante l’umore del giovane.

Rumbold Prague era un genio, forse l’unico che Diego conoscesse di persona. Il musicista di colore, l’aspetto tisico perennemente freddo dietro gli occhiali da baro con le lenti d’onice, elegante nei suoi pantaloni di gabardine firmati e le camicie di seta infilate nei pantaloni, sintetizzavano il concetto di arte per il giovane scrittore. La sua stessa prosa, ne era consapevole, riusciva con più pienezza quando si lasciava ispirare e provava a emulare l’imprevedibile fluidità delle composizioni liriche di Prague.

Il brano si concluse e subentrò la voce di uno speaker. – Avete ascoltato “La Strada prosegue all’infinito”. Rumbold Prague, tromba. Lydia Kinch, sassofono. Scripps Skagway, pianoforte. Lucerne Canebrake, basso. Reddy Diggins, batteria. Dal vinile Roughwood Burning Fountains, numero di catalogo RLP4039. Seguirà “Aeota”di Percival Ragland.

Ma prima le notizie delle dieci.

Diego si lamentò. Le dieci! Se voleva riuscire a farci stare sia la visita al padre sia scrivere qualche pagina nelle ore che lo separavano dalla cena con Volusia, non aveva un istante da perdere.

Gli si presentò un dilemma, però: in che ordine eseguire le proprie azioni. Se si fosse messo subito a scrivere, avrebbe potuto farsi prendere dalla trance creativa, dimentico del tempo, e avrebbe perso l’occasione di far visita a Gaddis Patchen. Se prima si fosse recato dal padre, Diego sarebbe sicuramente uscito dalla casa dove aveva trascorso l’infanzia carico di emozioni talmente forti da imbrattare la sua capacità di scrivere per quella giornata.

Dopo una breve esitazione, Diego lasciò prevalere il dovere dato dal sangue. Dopo tutto, era uno scrittore professionista e certamente era in grado di mettere da parte ogni distrazione verso il proprio lavoro.

Forse un ipotetico padre nevrastenico poteva ammorbare la sorgente creatrice di Rumbold Prague? No di certo!

Diego saltò giù dal letto, con indosso soltanto la biancheria intima. Dopo una doccia calda (quella almeno era sopravvissuta all’incompetenza di Rexall Glyptis) e aver tonificato il viso glabro con l’acqua di colonia preferita, Meyerbee’s numero 7 (sia dannato questo viso di bambino! pensò per l’ennesima volta il giovane), si sentì di nuovo almeno per metà umano.

Indossato il completo invernale di maggior gradimento, composto da pantaloni in tweed, camicia di jeans, maglia di lana e giacca di pelle nera e ampia, riconobbe che il suo stomaco poteva forse aver perdonato gli eccessi della notte precedente, tanto da accettare un pasto. Ma un rapido esame del frigorifero mostrò una totale mancanza di cibo adatto al consumo umano e Diego decise di prendere qualcosa durante il tragitto verso la casa del padre. Si infilò negli scarponi ammaccati e lasciò l’appartamento con uno sguardo di rammarico verso la scrivania disordinata.

Scendendo con leggeri saltelli la singola rampa di scale che portava alla strada (il solito corrimano liscio al tocco, gli scalini di legno bordati di metallo per offrire maggior presa, vecchi odori di cucina a testimonianza delle abitudini dei vicini) il giovane si trovò alternativamente a pensare alla parte successiva del racconto in fieri e a elaborare qualche tattica di conversazione in grado di tirar fuori il padre dalla solita tiritera paranoica.