Ci sono delle regole basilari nel mestiere dello scettico. La prima è: “Affermazioni straordinarie richiedono prove straordinarie”, e la seconda è: “Se sembra troppo bello per essere vero, forse lo è”. E se c’era qualcosa di troppo bella per essere vera, quella era Kildy. Non era soltanto una bellissima e ricca stella del cinema, ma era intelligente e, diversamente da chiunque altro a Hollywood, una vera scettica, anche se, come mi aveva detto già dal primo giorno, Shirley MacLaine l’aveva tenuta sulle ginocchia e sua madre credeva a qualsiasi cosa, non importava quando ridicola. – E questo è probabilmente il motivo per cui il matrimonio con mio padre è durato quasi sei anni.“Adesso sono alla Matrigna Numero Quattro, che mi ha procurato una parte nella pellicola che ha sorprendentemente sbancato il botteghino e ha incassato quasi quanto Il signore degli anelli e mi ha consentito ben presto di ritirarmi dalle scene.– Ritirarti? – avevo chiesto. – E perché dovresti ritirarti dalle scene? Avresti potuto…
– Ho interpretato Hulk III – aveva spiegato, – e sono stata sulla copertina del Globe con Ben Affleck. E con il mio avvocato davanti a un centro di recupero. Lo so, è stata dura mollare tutto questo.
Un punto a suo favore, ma questo non chiariva il motivo per cui volesse lavorare per una rivista in grado a malapena di sopravvivere come L’occhio velenoso. O per meglio dire, perché mai volesse lavorare e basta.
Glielo avevo domandato.
– Ho già provato l’intera trafila – aveva risposto. – Riempi la tua giornata con massaggi, pranzo e sesso con il tuo trainer. Ed è stato perfino peggio di Hulk. E inoltre, le luci e il trucco ti sciupano la carnagione.
Mi sembrava difficile crederlo: la sua pelle sembrava miele.
– E poi mia madre mi ha portato a questa lettura dell’aura; lei è un’appassionata di queste cose, medium, regresso alle vite precedenti e guarigione intuitiva, e il tipo che faceva questa lettura…
– Lucius Wildfire – avevo detto. Avevo lavorato al modo di smascherarlo per due mesi.
– Sì, Lucius Wildfire – aveva annuito. – Sosteneva di poter leggere la tua mente determinando le linee di imperfezione, cosa che consisteva nel collocare candele tutto attorno al tuo corpo e “leggere” il tremolio delle fiamme. Era ovvio che era un imbroglione; si vedeva persino l’auricolare da cui riceveva le informazioni. Ma tutti lì dentro ci erano cascati in pieno, specialmente mia madre. L’aveva già convinta a sessioni private che le sarebbero costate diecimila dollari. Pensai: qualcuno dovrebbe farlo uscire dagli affari, e poi mi sono detta che era quello che volevo fare nella mia vita, e mi sono messa a cercare “smascheratori” in rete, ho trovato la tua rivista ed eccomi qui.
Le avevo detto: – Non posso pagarti le somme che tu sei…
– La tua tariffa per gli articoli va benissimo – aveva risposto, illuminandomi con il suo sorriso meglio-di-Julia-Roberts. – Voglio avere la possibilità di fare qualcosa di utile e ragionevole con la mia vita.
E negli ultimi otto mesi aveva lavorato con me alla rivista. Era meravigliosa: conosceva tutti quanti a Hollywood, e questo significava che ci poteva procurare pass per feste per soli invitati, e sentir parlare delle nuove mode spirituali prima che lo facessi io. Oltre a questo, era disposta a fare di tutto, dal lasciarsi ipnotizzare fino a rubare fegatini di pollo da un chirurgo sensitivo e a correggere le bozze. Ed era divertente da ascoltare, e bellissima, decisamente troppo per uno scettico da due soldi.
Sapevo che era solo questione di tempo prima che si stancasse di smascherare imbroglioni e tornasse al mondo delle prime cinematografiche e a scorrazzare in Jaguar, ma non lo aveva ancora fatto. – Hai mai lavorato con Ben Affleck? – diceva quando le ricordavo che era troppo bella per non continuare a far parte del mondo del cinema. – Non saresti in grado di pagarmi abbastanza per farmi tornare a quella vita.
Non era nel parcheggio e non c’era neppure la sua Jaguar e mi stavo domandando, come facevo ogni giorno, se non fosse quella la giornata in cui aveva deciso di mollare.
No, eccola là che scendeva da un taxi. Indossava un completo color miele della stessa tonalità dei suoi capelli e dei suoi occhiali da sole di marca, e come sempre sembrava troppo bella per essere vera. Mi vide e mi salutò con la mano, per poi tirar fuori dal taxi due grossi cuscini da divano.
Merda. Questo significava che ci saremmo dovuti di nuovo sedere sul pavimento. Questa gente faceva una fortuna truffando le persone e portando via il loro denaro, non certo duramente guadagnato. Come minimo delle sedie potrebbero potuto permettersele.
Mi incamminai verso di lei. – Ritengo che entreremo insieme – dissi, dal momento che i cuscini erano in coppia, purpurei con ricami di broccato e nappe sugli angoli.
– Sì – rispose Kildy. – Hai portato la Sony?
– Sì – le dissi. – Ma credo ancora che avrei fatto meglio a portare la Hasaka.
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