Nei lontani anni Cinquanta, Osamu Tezuka, (La storia dei tre Adolf,  Buddha, Black Jack), concepì una delle sue più celebri creature fumettistiche: Tetsuwan Atom, personaggio destinato ad incontrare larga fortuna in occidente con il nome di Astro Boy.

Il grande mangaka scelse il 7 Aprile 2003 come ipotetica data di nascita (o meglio, di attivazione, visto che parliamo di un robot!), di Atom. Simbolicamente, all’approssimarsi di questa data, il Giappone si preparò a celebrare l’evento con un numero impressionante di manifestazioni: dalla riapertura dell’Osamu Tezuka Manga Museum (che ospitò una mostra sull’evoluzione di Atom, proiettò alcuni lungometraggi e persino le serie animate del 1980 e del 1963), alla mostra “Il mio Atom”, nella quale 100 famosi artisti reinterpretarono, anche in chiave parodistica, il personaggio di Tezuka. In un mondo profondamente diverso dal “futuro” immaginato dal “dio dei manga”, venne trasmessa una nuova serie di Tetsuwan Atom, e non mancarono persino le iniziative a dir poco singolari, come quella della Triumph Japan che annunciò il lancio sul mercato del “reggiseno-Astroboy”.

Si parlò di un film per il cinema: il progetto cambiò più volte produzione vedendo la luce solo nel 2009, accolto tiepidamente da critica e appassionati. Ma questa è un'altra storia. È importante ricordare che in questo scenario, ricco di entusiasmo per le celebrazioni, Naoki Urasawa (e Takagashi Nagasaki in qualità di co-autore) bussarono alla porta della Tezuka Production Company, proponendo una nuova versione di “Il più forte robot del mondo” un importante ciclo narrativo di Atom. Ma chi è Naoki Urasawa? nato nel 1960 a Fuchū, nel 1982, non ancora laureatosi in economia alla Meisei Daigaku, vince il concorso Shogakukan  "New Comic Artist" grazie al quale debutta, l’anno successivo, con il primo lavoro professionale: Beta. Grazie al suo stile originale ha regalato ai lettori di tutto il mondo storie uniche, esplorando con disinvoltura i generi più disparati (commedia sportiva, thriller psicologico, azione). Più volte i suoi lavori hanno superato il formato cartaceo per trasformarsi in serie animate (Yawara - Jenny la ragazza del Judo, Monster, Master Keaton)  o addirittura in film con attori in carne ed ossa (come per la serie tv Happy! e per l’annunciata trilogia di Twenty Century Boys, al primo capitolo in Giappone). Prima di Pluto risultano pubblicati unicamente Pineapple Army, Monster e Twenty Century Boys: gran parte della sua produzione è ancora inedita in Italia, con grande rammarico dei tanti appassionati.

Ma torniamo all’incontro tra Urasawa e la Tezuka Production: la storia proposta aveva per protagonista un potentissimo robot denominato Pluto, progettato allo scopo di rendere il sultano decaduto Chochi Chochi Ababa III l’uomo più potente del mondo. Makoto Tezka, figlio del maestro Osamu, valutò gli schizzi preparatori e si dichiarò contrario al progetto. I rimandi all’opera originale erano troppo evidenti, e il lavoro di Urasawa si sarebbe rilevato l’ennesimo tentativo di sfruttare il boom delle celebrazioni, vanificando le intenzioni più che serie di un autore già affermato. Makoto optò per una controproposta, che suonò quasi come una sfida:  avrebbe dato il permesso di realizzare una nuova versione del ciclo “il più forte robot del mondo” se Urasawa ne avesse tratto un’opera propria, realizzandola nel suo personalissimo stile che gli aveva garantito fama mondiale. Niente più remake, insomma: implicitamente Makoto chiedeva ad Urasawa di confrontarsi direttamente con Osamu Tezuka, “il Dio dei manga”; Urasawa non si arrese, e nacque Pluto, l’opera che incontrò il plauso e la piena approvazione dello stesso Makoto Tezka. Pluto è un thriller psicologico e Urasawa non è un novellino del genere (vi si era già cimentato nel precedente Monster, applaudito da critica e pubblico). L’elemento portante dell’opera è una serie di inquietanti omicidi che sconvolge il mondo. Le vittime sono alcuni dei robot più conosciuti (e potenti) della Terra. Ma tra le vittime figurano anche esseri umani, tutti legati in qualche modo al problema dei “diritti dei robot”.  In Pluto i robot sono senzienti, emulano i comportamenti umani nutrendosi, vestendosi e costituendo dei nuclei familiari. Queste affinità non si limitano solamente ai comportamenti, ma si riflettono anche nell’estetica: i modelli più evoluti appaiono indistinguibili dall’uomo. Hanno conquistato il riconoscimento del diritti fondamentali, ma la coesistenza umani-robot non è unanimemente accettata: vi sono nazioni in cui prevalgono forti discriminazioni e anche nei paesi emancipati si manifestano forme più o meno palesi di razzismo.