Anche se verso la fine degli anni '30 il direttore di Astounding, F. Orlin Tremaine, lo considerava come uno dei principali professionisti del momento, il nome di Fearn è da tempo scomparso dalle storie della fantascienza in lingua inglese. In Italia, benché negli scorsi anni le sue opere siano state proposte a varie riprese da Bellomi e da Malaguti, il suo nome è noto solo sotto pseudonimo e solo ai lettori di più lunga data.

La stessa sorte di altri autori inglesi d'anteguerra: anche John Wyndham è ricordato per la produzione degli anni '50 e '60, e si tralascia quella degli anni '30 firmata con il suo nome vero, John Beynon Harris.

Quando Campbell prese la direzione di Astounding, le storie di Fearn finirono per sparire dalla rivista, ma questo autore meriterebbe di essere ricordato almeno per i suoi ottimi rapporti con Tremaine e con la politica delle "varianti concettuali", oltre che per la sua prolificità, peraltro distribuita nell'arco di quasi trent'anni.

Il motivo di questo oblio sembra legato alle sue attività editoriali degli anni '50 e alle critiche allora mosse contro di lui dal fandom inglese. In quegli anni, alcuni piccoli editori inglesi si erano messi a pubblicare racconti di fantascienza indirizzati al pubblico più giovane e si sospettava che tutti quei romanzi fossero di Fearn sotto pseudonimo. Gli si attribuiva la capacità di scrivere un romanzo ogni dieci giorni. Negli stessi anni, Carnell cercava di sviluppare sulla rivista New Worlds una nuova leva di scrittori inglesi e si finì per associare un connotato negativo al nome di Fearn: lo scrittore che invece di collaborare a instaurare una fantascienza seria e impegnativa riprendeva gli spunti "space opera" di vent'anni prima e confondeva le idee al pubblico.

In realtà le iniziative di Fearn di quegli anni di boom erano solo i volumetti della serie "Scion" firmati con lo pseudonimo Vargo Statten. Questi romanzi, tradotti in Francia in una collana di fantascienza popolare, erano stati in parte pubblicati anche in Italia da Urania e da Cosmo Ponzoni, e pur non essendo all'altezza di quanto si andava pubblicando negli Stati Uniti sulla rivista più importante dell'epoca, Galaxy - che presentava in quegli anni I mercanti dello spazio, La tigre della notte, L'uomo disintegrato e la fantascienza sociologica di Pohl e Sheckley - erano storie decorosamente avventurose, adatte per introdurre la fantascienza a un pubblico che non la conosceva.

Del resto, i vecchi lettori di Urania sono stati danneggiati dall'avere letto, in quegli anni formativi per il loro gusto fantascientifico, le opere di Statten invece dei juvenile di Heinlein? Non penso: in quegli anni, gli spunti di quei romanzi erano una novità per il pubblico italiano e alcune di quelle storie sono ricordate ancora con nostalgia dai lettori dell'epoca: Il maestro di Saturno, per esempio, o Gli eredi della Luna.

All'ostracismo contro Fearn pare abbia contribuito anche il suo carattere solitario. Passò gran parte della vita con la madre, vedova in giovane età e, quel ch'è peggio, aspirante scrittrice a sua volta (gli dattilografava in bella copia i romanzi), e l'unica sua amicizia che si ricordi è quella con William Temple, l'autore del Triangolo quadrilatero, anch'egli inglese e anch'egli collaboratore delle riviste americane. Curiose anche le sue abitudini: scriveva tre ore la mattina, nel primo pomeriggio andava al cinematografo e quando tornava a casa scriveva per altre tre ore, giorno dopo giorno. Appassionato di film, aveva in casa un proiettore 16 mm e possedeva molte pellicole che proiettava ai conoscenti.

Probabilmente, uno degli elementi che fanno ricordare con nostalgia i racconti di Statten è la dimensione quotidiana che vi appare ogni tanto e che richiama alla mente un altro autore inglese prolifico come lui, il giallista Edgar Wallace. Mentre gli americani subiscono sempre un po' l'influsso dei great outdoors alla Fenimore Cooper e del loro rivale, l'urbanesimo di data recente - che, nelle descrizioni incontrate nei romanzi, si traduce in edifici nuovi, macchine lucide, vestiti ben stirati e ambienti privi di polvere o di segni del tempo - gli inglesi conoscono ancora le viuzze con la pavimentazione di pietra, l'affollamento cittadino, i passi carrai e le cantine buie e li mettono nei loro romanzi. Del resto Fearn, pur trascorrendo sei ore al giorno a scrivere romanzi popolari e ispirandosi, a detta sua, ai personaggi e alle trame dei film a lui cari, aspirava ad affermarsi come romanziere mainstream e verso il 1940 dedicò tre dei suoi preziosi mesi di attività alla stesura di un romanzo ambientato nella piccola cittadina in cui abitava, e in particolare in una pensioncina sul lago, con suo andirivieni di piccoli casi umani.