Il 27 giugno scorso è uscito sul mercato americano Glasshouse. Si tratta di un seguito ideale di Accelerando, con il quale

mantiene una continuità di ambientazione pure in assenza di comuni personaggi. Glasshouse ci porta nello scenario alieno del “dopo Accelerazione” con un balzo nel futuro di 400 anni per mostrarci una divertente e fantasmagorica civiltà postumana con un senso del meraviglioso degno della più classica fantascienza. Ma il “classicismo” di Stross si ferma al tono della narrazione e a una manciata di riferimenti e citazioni sparse sul testo, con rimandi che vanno dalla fantascienza “alta” di Philip K. Dick e della sua concezione della realtà come un sadico gioco di scatole cinesi ad Asimov e ai suoi imperi galattici, dalla satira sociale di Samuel R. Delany a Roger Zelazny e al suo ciclo d’Ambra, da James Tiptree – un personaggio minore porta il vero nome della grande scrittrice americana: Alice Sheldon – a John Varley, fino alle più popolari manifestazioni del genere nei telefilm inglesi degli anni Settanta, tra cui spicca Il prigioniero. Per il resto, il romanzo viene descritto da Paul Di Filippo e da tutti i commentatori d’oltreoceano come un fuoco pirotecnico di trovate sospese tra il visionario e l’esilarante. Nel 2007 Stross dovrebbe uscire con ben 3 titoli: una nuova fantasy dei Principi Mercanti, un romanzo intitolato Missile Gap e un altro ancora che dovrebbe inserirsi nella corrente Mundane di Ryman, ambientato nel mondo dei giochi di ruolo massivi on line (i cosiddetti MMORPG): Halting State.

Una nuova onda di luce quantistica: M. John Harrison

Gli ultimi anni hanno riportato alla ribalta anche un veterano della New Wave come M. John Harrison. Negli anni Settanta come collaboratore della rivista New Worlds fu uno dei protagonisti dell’ondata di rinnovamento capitanata da James G. Ballard e Michael Moorcock. Le sue doti speculative lo portarono a interpretare le tendenze più vive sebbene sotterranee della fantascienza, come quando anticipò il cyberpunk un decennio prima dello storico Neuromante di William Gibson, prefigurandone scenari, situazioni e moduli stilistici in The Centauri Device, nel 1975. Dopo una serie di incursioni nella fantasy storica, nel 2002 Harrison tornava alla fantascienza con Luce dell’universo (Light), romanzo che è stato forse il più interessante dei nuovi titoli usciti in Italia. Frattali, manipolazione genetica, effetti quantistici e anomalie scientifiche vengono affrontate con disinvoltura nelle sue densissime 340 pagine. Ma Harrison trova il modo per non annoiare mai il lettore, circoscrivendo il dominio delle scienze applicate e della matematica a un ruolo di puro contorno che comunque riesce a illuminare la scena con chiarezza folgorante. Luce dell’universo viene così a essere un viaggio visionario sospeso tra il passato recente e il futuro remoto dell’umanità, il cui punto di arrivo (e di partenza) è la scoperta del Fascio Kefahuchi e della tecnologia per raggiungere i suoi margini frastagliati comunemente noti come “la Spiaggia”, già frequentati nel passato da innumerevoli civiltà e per questo disseminati di spesso incomprensibili, ma comunque sempre preziosissimi manufatti alieni. Mistero, azione e avventura spaziale sono gli ingredienti estremi che Harrison mescola in questo cocktail esplosivo, confezionando un tour de force adrenalinico ai confini dell’immaginazione. Luce dell’universo travolge così il lettore in un turbine caleidoscopico che strizza l’occhio a modelli letterari del calibro di William S. Burroughs e Thomas Pynchon, omaggiati implicitamente nella frammentarietà dell’azione e nel registro espressivo modulato tra l’iperrealismo scientifico e i toni del vaudeville. La riuscita dell’operazione deve molto anche alla grande esperienza dell’autore, alla sua attenzione stilistica degna dell'insegnamento di Samuel R. Delany, alla sua straordinaria capacità di gestire gli eventi, dosando l’azione e le rivelazioni in maniera da tenere sempre ben desto l’interesse del lettore e senza mai scadere nel facile gioco fine a se stesso o nello sterile esercizio di stile.
Il 2 novembre del 2006 è uscito sul mercato inglese Nova Swing, 80mila parole che ci riportano all’atmosfera decadente che pervade i mondi alle propaggini del Fascio Kefahuchi. L’anomalia galattica che reca il segno di una immensa civiltà aliena ormai estinta da eoni, nella fantasia di Harrison si accende ora di una luminosità sovrannaturale: viene descritta come “un vapore stazionario di fisica incerta”, “il Fascio Kefahuchi si stendeva attraverso la notte remissiva del cielo come il principio generatore di qualche antica cosmologia”. Come precisa lo stesso autore dalle pagine del suo sito, Nova Swing più che un seguito di Light è un romanzo indipendente ambientato nello stesso universo. Nuovi personaggi intrecciano le loro storie nell’alone surreale dell’influsso del Fascio, come è possibile intuire dall’estratto pubblicato nella sezione dedicata del sito dell’autore (http://www.mjohnharrison.com/novaswing.htm), che vede l’intraprendente Vic Serotonin (un personaggio che pare uscito dal più classico hard-boiled) alle prese con la dark lady della situazione (Elizabeth Kielar, donna dal passato fumoso e dall’ancor più nebuloso futuro), in un confronto serrato che tende a scivolare sul terreno del fantastico.