“Bryan è un cineasta straordinario”, dice il produttore Gilbert Adler. “Deve il suo successo alla innata capacità di raccontare. Bryan racconta una storia affascinante sia che si trovi al tavolo di un bar che sul grande schermo. E’ un maestro!”.Per il ragazzino che indossa il mantello e il costume di Superman, per l’appassionato collezionista di fumetti fino allo spettatore che ha aspettato vent’anni per credere ancora una volta che un uomo può volare, il momento di Superman è tornato.“La società e il mondo sono cambiati drasticamente nei trent’anni o quasi che sono passati dal film di Richard Donner”, dice Frank Langella, nel cast del film, “ma credo che il ritorno di Superman ora sia una cosa magnifica. Torna nel momento in cui la gente ha veramente bisogno, credo, di sedersi per un paio d’ore con una quantità di popcorn e una bibita e lasciarsi travolgere dallo spettacolo”.

La storia e i protagonisti

Nei cinque anni durante i quali è scomparso dalla Terra, Superman ha viaggiato in mondi lontani alla ricerca del proprio passato e della propria famiglia, o di altri come lui. Ma ha trovato solo rovine dove un tempo sorgeva Kripton e quindi decide di tornare a casa, nella fattoria dei Kent in Kansas.Secondo Singer, Kal-El, che i Kent hanno chiamato Clark, è così per l’educazione che ha ricevuto. “La gente chiede spesso quale sia il travestimento”, dice il regista. “Ma in realtà sono due identità che assume. C’è un po’ dello showman nell’essere Superman, nel modo in cui si presenta. E poi c’è Clark, la maschera che indossa per apparire maldestro e rendersi praticamente invisibile. Ma il vero Clark Kent è l’uomo che è stato cresciuto nella fattoria da Martha e Jonathan Kent. Non ho mai perso di vista questo elemento. Anche quando è il timido Clark, l’essenza di Superman è quella del personaggio cresciuto nella fattoria”.Singer aveva bisogno di un attore che potesse impersonare le qualità di Kal-El, Clark Kent e Superman, che potesse affrontare le difficoltà fisiche ed emotive del ruolo e potesse apparire un degno successore di Christopher Reeve. E fin dall’inizio aveva deciso che sarebbe stato un attore sconosciuto. “Per quanto sapessi che sarebbe stato difficile trovare qualcuno che potesse stare alla pari con Christopher Reeve, l’attore che doveva interpretare Superman non doveva essere una star”, dice Singer. “Avevo bisogno di qualcuno che potesse incarnare la memoria collettiva che tutti abbiamo di Superman”.Richard Donner, che allora aveva scelto Reeve, ha affrontato la stessa sfida trent’anni fa. Chiunque interpreti Superman, dice Donner, “deve far vivere il figlio di Jor-El. Deve dare realismo e purezza al personaggio. Deve diventare un Supereroe. L’errore più grande sarebbe essere contaminato da riferimenti passati. Credo che Bryan abbia avuto lo stesso problema. Il momento in cui si associa l’attore a un altro ruolo, perdi il personaggio. Per volare ed essere credibile, deve essere uno sconosciuto, soprattutto oggi”.Mesi di ricerche hanno portato alla cassetta di un attore non ancora conosciuto che aveva sostenuto un provino per un precedente film di Supermen in fase di sviluppo alla Warner Bros. Pictures. Il ventiseienne Brandon Routh indossava il costume di Superman da bambino a casa sua a Norwalk, Iowa. Dalla registrazione del provino, Singer ha visto in Routh qualità che andavano oltre una straordinaria somiglianza fisica con Superman. “Parlando con lui ho colto quella sua educazione del mid-west, con gli ideali classici di quel tipo di infanzia, gli stessi che Superman incarna”, dice Singer. “E poi, ovviamente, c’è il suo aspetto fisico. Sembra appena uscito dalle pagine del fumetto. Quindi è stato la mia prima e unica scelta, perché ho sentito che poteva interpretare tutti e tre i ruoli, Kal-El, Clark Kent e Superman”.Anche se non aveva ancora firmato, Routh ha iniziato subito a essere convocato per provare i costumi e per allenarsi. Solo quando si è ritrovato in Australia, sul set della fattoria dei Kent, l’esperienza è diventata reale. “Entrare nella stanza di Clark, la stanza di Kal-El, è stato esattamente come immaginavo”, dice Routh. “La mia prima ripresa come Clark è stato l’arrivo nella fattoria, e considero un’esperienza magnifica aver interpretato questo personaggio. E’ stata una grande responsabilità restare fedele alla visione di Bryan e impersonare qualcuno che così tanta gente, in tutto il mondo, ha in mente”.La fiducia del regista ha permesso a Routh di immergersi nel personaggio. “La passione e l’entusiasmo di Bryan per questa storia sono state contagiose”, dice l’attore.La prima volta che Routh ha indossato il costume di fronte a un pubblico è stato per la scena al Daily Planet; “Se sei un umano, come puoi immaginare di essere un superumano?”, dice. “Come interpretare quella grandezza? Volevo restare fedele al passato, ma avevo bisogno di entrare nel personaggio in un modo che avrebbe aiutato la troupe a crederci e a sentire l’emozione di essere parte di questo film”.La prima scena di Routh come Superman ha avuto un effetto galvanizzante su tutti i presenti. “E’ un attore e una persona con un grande cuore”, dice il produttore Gilbert Adler. “Capisce la natura umana e per questo il suo ritratto di Superman è così coinvolgente. E’ Clark e in un attimo diventa Superman”.“Lui è Clark”, dice lo sceneggiatore Dougherty. “E’ un ragazzo dello Iowa di bell’aspetto, ma timido e a volte impacciato”.

Non c’è voluto molto invece per trovare l’attore che interpretasse la diabolica e brillante nemesi di Superman. Singer aveva già diretto Kevin Spacey, che aveva ottenuto così il suo primo Oscar (come miglior attore non protagonista), in I soliti sospetti. “Abbiamo scritto il personaggio con Kevin in mente”, dice Singer. “Cercavamo da tempo qualcosa da fare insieme e lui era perfetto per il ruolo. Possiede quel mix di humor e cinismo e poi è un attore semplicemente fantastico”.

Per Spacey la difficoltà maggiore è stata quella di trovare il tempo, impegnato com’è in teatro a Londra. “Per il suo incarico all’Old Vic, siamo stati costretti a ridurre al minimo la sua permanenza in Australia”, dice Singer. “Avevamo solo sei settimane per girare tutto quello di cui avevamo bisogno e permettergli di tornare a lavorare al suo progetto a Londra”.