Quando Razor distingue ciò che vede tra le mani, la baraonda di dialetti mediterranei scolorisce in poco più di un brusìo. Il video è una carrellata su una distesa color ardesia lucida, come se la superficie lunare ghiacciasse all’istante. Sembra una immensa vallata di cemento sgretolato sormontata da una glassa di cielo nero. La telecamera zooma su un albero rinsecchito che si erge solitario nella vallata, simile a una scopa sulla schiena di una balena. L’albero artiglia una busta di plastica rendendola una luna artificiale tra i rami, gonfiata dal vento. Evidentemente nel buco nero c’è chi non fa la raccolta differenziata dei rifiuti. Le scritte scorrono in sovrimpressione, ed è come vedere un film in uzbeko, quando a leggere i sottotitoli ti perdi le scene, e viceversa. Dicono che le immagini sono state trasmesse da una sonda spedita verso il buco nero V4641 anni prima. Citano la Teoria Van Impe. Ogni tanto una citazione dalla bibbia: “Giuda 13: Sono… come astri erranti, ai quali è riservata la caligine della tenebra in eterno”. Razor pensa si riferisca ai peccatori. Cioè gente come lui, però morta. Il primo brivido di paura gli si insinua nello stomaco alla maniera di una bibita ghiacciata scaduta. Nel filmato, la telecamera della sonda continua la carrellata verso destra. Un fagotto giace in terra. Una ragazza è riversa, nuda, sul suolo ardesia. Sembra un manichino, ma in realtà una persona è in quel momento su un buco nero a milleseicento anni luce da Razor. Una persona è all’inferno. Dietro di essa altre cento, in formazione piramidale, poi altre mille. Milioni. Se un regista pazzo avesse preso un filmato dell’Olocausto e avesse digitalizzato e replicato i cadaveri candeggiati delle vittime, il risultato sarebbe stato simile. Sono sparsi su un terreno nero e arido come se fosse esplosa una cisterna di vermi. I volti dei dannati sono per lo più macchie indefinite, vaghi lineamenti dei defunti di ogni epoca storica fino a quell’istante. Poi un fermo immagine stende Razor. I suoi scheletri danzanti nell’armadio stramazzano esausti. Il palmare tritato nella sua morsa stride in un disturbo elettronico, sullo schermo passano gli arcobaleni degli LCD straripati dagli argini predefiniti dal circuito. Kaine vorrebbe disintegrare l’aggeggio contro un pilone del Ponte di Baracca, ma non riesce ad aprire le mani. Nella sua retina è rimasto impresso l’ultimo fotogramma proveniente dall’inferno.
E’ il primo piano di Lylian, gemente nuda in un fotogramma di strazio. Lylian è morta sette anni prima, ma Kaine aveva sperato che fosse in paradiso a godersela.
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