Quando Goebbels rivide con calma quel filmato, intitolato semplicemente "Olympia", capì che gran parte di quelle immagini non facevano altro che smentire la presunta superiorità dei muscoli ariani. Alla fine dovette ammettere a se stesso che la sua brillante idea di organizzare l'evento sportivo a Berlino s'era trasformata improvvisamente in una grande sconfitta, specialmente agli occhi del Führer.

Lui che durante i giochi olimpici era riuscito a dare una visione di Berlino perfetta, calma e tranquilla, lui che aveva dato in pasto al mondo l'immagine di migliaia di giovani di buona famiglia incravattati e belle ragazze coi sandaletti di cuoio che passeggiavano allegramente per le vetrine della capitale del mondo, aveva fallito sul punto chiave del suo progetto: dimostrare all'intera umanità la superiorità del popolo ariano.

Goebbels teneva il capo chino, appoggiato sul palmo della mano destra. Ripensò a quell'uomo tutto nero che batteva ogni record e capì che sotto quelle vittorie si doveva celare, per forza, qualcosa di strano.

Non importava quanto tempo gli sarebbe occorso a carpire i segreti di quei record. Goebbels era un uomo che non accettava la sconfitta. Le sue mosse furono discrete. Evitò persino di segnarle sul suo diario, affinché non vi fosse prova di quel cruccio. E anche per rispetto di Adolf Hitler volle iniziare un'indagine segreta sulla squadra americana, per portare sul tavolo del Führer informazioni importanti che gli avrebbero garantito di riottenere la sua piena fiducia, come ai tempi degli incartamenti che permisero al Cancelliere di guadagnare quel prestigioso incarico. Ricordava con minuziosa precisione il giorno in cui lui mostrò tutta la documentazione raccolta al Führer, mentre il feldmaresciallo Hindenburg ancora lo scherniva chiamandolo "piccolo Charlot". Era fiero della sua ricerca e sapeva che anche questa attività, che andava ben oltre il suo ruolo, lo avrebbe fatto diventare ancora più importante agli occhi di Hitler.

- Mein Führer - esordì con fierezza quel giorno - qui c'è materiale contro gran parte dei suoi potenziali nemici.

- Faccia vedere - ordinò Hitler concitato.

- Ecco, queste sono le prove dell'enorme ammontare di Marchi che vengono deviati a vantaggio dei proprietari d'Oltrelba...

- Accidenti, si tratta di miliardi! - La voce del Führer gli rimbombava nel cervello come una palla da basket che rimbalza tra gli echi di una palestra vuota.

- Già, altro che sigarette Juno da un pfennig!

- E queste? Sono sovvenzioni governative, vero? - chiese con grande interesse, riferendosi alle carte da lui disposte con precisione sulla scrivania.

- Qui andiamo davvero sul pesante. Quest'ultime pare siano servite a pagare i debiti, ad acquistare automobili e cavalli da corsa... Ma anche nuove proprietà. Altro che a sopperire la catastrofica situazione dell'agricoltura.

Hitler era andato a quel punto su tutte le furie, ma intuì che quelle ricerche sarebbero servite ai suoi fini, più di quanto lo avesse ripagato appendere per i piedi i responsabili.

- E guardi qui - aggiunse lo scheletrico Goebbels. - Si tratta della documentazione di viaggi sontuosi sulla riviera francese. - Poi puntò l'indice su altri due fogli. - La proprietà presidenziale di Neudeck, nella Prussia Orientale offerta a Hinderburg, è stata silenziosamente trasferita al figlio, esente da imposte, evitando così le spese di successione. Il conte von Oldenburg-Januschau ha invece goduto, del tutto abusivamente, di 620.000 Marchi.