Elena morì due giorni dopo; si lasciò cadere dal quarto piano dell'ospedale Cardarelli, dov'era ricoverata dal precedente tentativo di suicidio.

Io fui condannato a cinque anni di arresti domiciliari.

Quel Capodanno, dopo la morte di tutti i miei amici, non uscii sul terrazzo. A mezzanotte mi strinsi la testa tra le mani cercando di tapparmi le orecchie, di fermare il frastuono dei fuochi d'artificio provenienti dal golfo, di cancellare le immagini dei ragazzi che volavano in pezzi.

Aspettai mesi prima di usare la memoria di Matteo, poi ricostruii tutto e mia nonna riprese ad ascoltare le composizioni e in breve iniziò a crearne di sue.

Anno dopo anno la mia lucidità scemò. Mia nonna tornò a essere la mia accuditrice; discutevo con lei per ore, ogni giorno, ma subito dopo dimenticavo di cosa. Litigavamo anche, quando reclamava il computer per le sue composizioni, quando le spiegavo che i canali muti era inutile regolarli, ma lei si ostinava a manovrarli con minuzia anche maggiore di quella che dedicava ai loquaci. Allora le comprai un computer e mi chiusi sempre di più in me stesso.

Solo, nella mia stanza, affondavo nella ricerca ossessiva delle perfette combinazioni di Tripudio di giubilo e Spasmodica lacerazione per legarle in componimenti che, in un'agonica parodia della mia vita, partivano con la prima per poi mutarsi, con una secca battuta, nella seconda. Nel rosso del tramonto filtrato dai vetri della finestra e dal vischioso appannamento dell'alcolismo di cui vivevo, lottavo disperato contro il tormento del dubbio: perché ero rimasto vivo? Io, da solo, senza i miei amici. Perché dovevo stare lì?

Sei anni dopo, la risposta bussò alla mia porta. Loïc era stato a un simposio di neurologia a Ischia. Venne a trovarmi prima di tornare a Parigi. Parlammo per ore. Mia nonna fu molto gentile; ci preparò tè e pasticcini e a un certo punto, su esplicito invito di Loïc, si unì ai nostri discorsi. Quando fu il momento di andare via Loïc mi prese in disparte e mi chiese di mia nonna. Mi disse che la trovava molto meglio rispetto a come l'aveva vista tanti anni prima. Mi pregò di andarlo a trovare a Parigi e di portare anche mia nonna, e il computer, e tutto il resto.

Per anni, distratto dal continuo piangermi addosso, non mi sono accorto del miracolo che avveniva in mia nonna. Ai tempi in cui io e i ragazzi esploravamo le sensazioni, lasciavamo l'intensità dei muti su valori casuali. Certo, oggi voi qui ridete, perché sappiamo tutti che in realtà i canali muti non esistono. Così come i loquaci sono una scorciatoia per indurre la mente a provare sensazioni, così i muti sono una scorciatoia per indurre la mente a regolare la chimica e i processi fisiologici dell'organismo.

Oggi, dopo anni di ricerche in tutto il mondo, è normale impostare sul proprio PDA la combinazione contro il mal di testa o altro, e aspettare pochi secondi che l'organismo contrasti i disagi. Malattie come il cancro, l'Alzheimer, il diabete e centinaia di altre, sono solo brutti ricordi e si risolvono senza medicine.

Fruendo il notiziario mentre venivo qui, ho appreso che l'ultimo pezzo dei BreachSpring ha venduto trenta milioni di copie. Sono contento che oggi si possa apprezzare anche questa nuova forma d'arte.

Ho letto questa cosa, qui, mentre ritiro il Nobel assegnato a me e ai miei amici, travolto dalle emozioni. Ho scritto solo quello che i ricordi mi hanno restituito di quegli anni, di noi ragazzi. Noi, ecco, eravamo così piccoli; volevamo solo fare qualcosa di buono.

In qualche modo ci siamo riusciti.

Grazie.