Quando i primi esseri umani vivevano in piccoli gruppi di 20-100 individui, l'intelligenza individuale era un dono essenziale. La presenza di uno o più individui intelligenti all'interno del proprio gruppo poteva voler dire la differenza tra la vita e la morte per tutto il gruppo. Neanche allora era necessario che tutti fossero particolarmente intelligenti (anzi!), ma senza qualcuno in grado di interpretare la realtà meglio degli altri e trovare soluzioni efficienti ai problemi di sopravvivenza, la vita si faceva assai più dura. La proliferazione numerica delle popolazioni umane mutò questo ordine delle cose. Più una popolazione umana cresce, infatti, maggiori sono le funzioni, le regole e le leggi che gli individui che ne fanno parte devono rispettare, di modo da non minare e distruggere gli ingranaggi della società di cui sono parte. Il modo migliore per rispettare una regola o una funzione, è quella di essere abbastanza stupidi da non chiedersi se tale regola o funzione sia giusta, utile e sensata oppure no. L'intelligenza produce dubbi ed inibisce l'azione a favore dell'analisi e della riflessione. Potrebbe un boia, un soldato, un avvocato od un giornalista continuare a fare in modo non sconveniente il proprio lavoro se una provvidenziale dose di mirata stupidità non gli facesse apparire come perfettamente normale, giusta e sensata l'attività da egli svolta per la sua vita intera? L'aumento di complessità della società umana unita alla crescita delle popolazioni esige un proporzionale abbassamento dell'intelligenza individuale affinché il meccanismo non s'inceppi ed il sistema non collassi.

Negli ultimi millenni, l'aumento della biomassa del genere umano è aumentato in misura esponenziale. In genere, la biomassa dell'umanità raddoppia ogni 35 anni. Nei paesi poveri, l'aumento della biomassa è conseguito mediante l'alto tasso di natalità. Nei paesi ricchi, l'aumento di biomassa è conseguito dalla crescente obesità dei cittadini, unita all'innalzamento della statura media delle persone, generazione dopo generazione. L'aumento della quantità di DNA e carne umana nel mondo sembra quindi non potere avere mai fine. Ma noi sappiamo che l'ecosistema è finito, e prima o poi (più prima che poi) non ci sarà più spazio per ulteriori aumenti di biomassa umana. L'aumento della biomassa umana è una diretta conseguenza dei successi dell'intelligenza umana. Molti idealisti ottimisti (il buon Isaac Asimov in testa) hanno teorizzato che solo l'uso dell'intelligenza umana (e della sua estensione ad utensile - la tecnologia) potrà salvare l'umanità dall'estinzione causata dai successi stessi del cervello umano (bombe atomiche, effetti serra, ecc.) Più che un ragionamento logico, questa a me sembra una speranza emotivamente basata. La semplice osservazione della realtà ci dice che l'evoluzione segue le vie ad essa più congeniali, le quali non necessariamente rispondono ai nostri requisiti estetici. Se è vero che i progressi della scienza aumentano ogni giorno di più il sapere complessivo dell'umanità, è altrettanto vero che a questo aumento di sapere collettivo corrisponde un parallelo aumento di stupidità negli individui. Gli scienziati moderni stessi sono necessariamente resi più stupidi dei loro antichi predecessori dalla natura stessa dell'odierno progresso della ricerca scientifica: la iperspecializzazione costringe gli scienziati a divenire veri e propri Fachidioten, idioti su qualsiasi cosa che esuli dal sottocampo specifico della loro area di specializzazione, nella quale e solo nella quale il loro genio può muoversi ed esprimersi, a beneficio dei pochi loro simili in grado di comprenderli. Lo scienziato geniale crea la bomba atomica o il germe modificato dell'antrace con la stessa stupida disinvoltura con la quale inventa un farmaco miracoloso. D'altra parte, anche il farmaco miracoloso elargito ai poveri del terzo mondo salva - diciamo - un milione di individui con l'unico risultato pratico che tale milione di individui genererà in seguito cinque milioni di bambini destinati a morire di fame quasi tutti (offerta: salvane uno per ucciderne cinque). In epoca moderna anche il genio, estrapolato dal proprio contesto e proiettato su scala globale può apparire come diabolicamente stupido. Al tempo delle caverne, il genio era genio. Al giorno d'oggi, il genio puro non esiste quasi più, e qualsiasi individuo geniale troverà tuttavia mille e mille occasioni per rendersi stupido agli occhi degli altri e di sé. Ritengo quindi abbastanza improbabile che a salvare l'umanità dall'umanità possa essere l'intelligenza. Se l'intelligenza fosse lo strumento migliore per salvare il mondo, vedremmo in giro già qualche segnale incoraggiante. C'è tuttavia una possibilità soltanto che sia l'intelligenza a salvare il mondo, anche se non è una prospettiva molto allettante per noi: in caso di autentica catastrofe globale (parlo della rapida scomparsa violenta di più del 90% degli esseri umani), la pressione delle forze evolutive potrebbe forzare a fronte del rischio estinzione la nascita di una forma mutante di esseri umani intellettualmente superiore; il superuomo, insomma, un po' come nel celebre film Il Villaggio dei Dannati, oppure nel romanzo Nascita del Superuomo di Theodor Sturgeon, o Cronache del dopobomba di Philip K. Dick, o in molta altra letteratura di fantascienza. D'altra parte, non è forse storicamente dimostrato che l'evoluzione impara solo dalle catastrofi? Scordiamoci il superuomo senza catastrofe.