Cosa c’è nell’idea di Impero galattico capace di renderla così ineluttabile per tanti scenari di storie di fantascienza?

Di sicuro la vastità dello spazio, l’infinita distesa di stelle e pianeti capace di far vacillare la mente per le dimensioni incommensurabili, e di contro il concetto che più una nazione diventa vasta più è difficile governarla democraticamente.

Ovviamente alla base di tutto questo è sempre il concetto che chi scrive fantascienza è un essere umano contemporaneo e dunque limitato nella sua immaginazione e narrazione da quelle che sono le proprie specifiche categorie di giudizio. Penso sia ormai acclarato che la fantascienza non è previsione del futuro, ma immaginazione spinta verso il futuro per parlare del presente.

Due dei più famosi imperi della letteratura di fantascienza stanno presentando le proprie vicende al cinema e in streaming, ovviamente fatte salve tutte le infedeltà adattative riguardo le opere alle quali si riferiscono.

Uno è quello di Fondazione, un Impero Galattico talmente vasto in termini di spazio e tempo che sta inevitabilmente andando verso il collasso e la barbarie. L’alternanza tra l’ordine imposto dall’impero e la barbarie del suo crollo vengono presentati come inevitabili e la storia si dipana grazie alle manovre di Hari Seldon, creatore della psicostoria e della Fondazione, una società scientifica occulta con lo scopo di limitare al minimo il periodo di imbarbarimento e custodire le ricchezze culturali e scientifiche da reimmettere nella società per riportarla più facilmente ad un buon livello civile e sociale.

Isaac Asimov venne ispirato da un saggio che parlava della caduta dell’impero romano e iniziò a scrivere il suo romanzo sotto forma di racconti lunghi peraltro prediligendo i dialoghi all’azione e, ovviamente, in quanto figlio del suo tempo, scrivendo una storia con protagonisti maschili e poche o nulle presenze femminili.

Tutto il piano di Seldon, però, vacilla quando compare una incognita, quella del Mule, il mutante capace di affascinare le folle e dirigerle in maniera inaspettata.

E qui la Fondazione avrà il suo bel da fare, utilizzando strategie, agenti segreti e percorsi intricati per riportare lo sviluppo storico sui binari previsti.

Appena quattordici anni dopo l’uscita di Fondazione ci troviamo a seguire le vicende di un ordine religioso composto da sole donne: le Bene Gesserit, che da secoli si occupano di selezionare linee genetiche per ottenere la nascita di un essere che sappia vedere nel futuro e guidare l’Impero galattico verso un’epoca aurea di pace e prosperità.

Stiamo parlando dell’ambientazione di Dune di Frank Herbert, laddove l’enorme impero mostra subito la propria debolezza per la dipendenza totale dei trasporti intergalattici dalla spezia prodotta su un solo pianeta.

Il romanzo di Herbert è da sempre considerato il primo esempio di world building accurato, tanto da essere presentato corredato dalla sua appendice ecobiologica che spiega passo per passo il ciclo di vita dei vermi di Arrakis, il pianeta anche detto Dune. Anche qui abbiamo una organizzazione che, pur presentandosi apertamente come un ordine religioso, persegue la missione occulta di influenzare gli eventi futuri dell’impero, e anche qui i loro piani vengono sparigliati dalla presenza di Paul Muad’Dib, il figlio maschio non previsto che spingerà l’impero in una nuova era.

Dunque il migliore sistema per governare una galassia è l’impero? Un oligarca al comando di tutto che tiene sotto controllo ogni sistema, popolazione, etnia con una capillare rete di governatori locali e forze militari? Un solo uomo che impone la propria visione garantendo la prosperità per tutti autolimitando la propria smania di potere?

Nei romanzi troviamo sempre un impero già fondato, ma su cosa? Come hanno fatto ad aderire all’impero sistemi e pianeti, sono stati conquistati, convinti con trattati mercantili o diplomatici?

L’esempio di impero che ci viene alla memoria è comunque quello romano, che offriva l’onore di diventare Cittadino di Roma sul filo della daga allo scopo di diffondere uno stile di vita comune, egualitario e pacifico. Un po’ come la narrazione statunitense dell’esportazione della democrazia e della pace mantenendo uno stato di guerra. I due imperi, quello di Fondazione e quello di Dune, tuttavia, sono popolati da esseri umani, magari diversi per il loro adattamento a pianeti alieni, ma sempre e solo esseri umani senza alcuna presenza aliena. E nonostante ciò in questi imperi appare chiaro come già tra “soli umani” stridono molto le differenze culturali e il rispetto delle stesse che inevitabilmente producono sacche di ribellione più o meno efficaci.

Che l’impero sia oppressivo o illuminato, che susciti una ribellione repubblicana più o meno vincente, narrativamente parlando, le due forme di governo spesso appaiono come lo Yin e lo Yang, le due spinte uguali e contrarie che rendono dinamica la vicenda narrata.

Quello che fa pensare è quanto questi due cicli narrativi che parlano di imperi abbiano avuto successo anche descrivendo uno degli spauracchi ricorrenti dei cospirazionisti: quello dell’organizzazione occulta che dirige le vicende del mondo verso scopi e finalità sconosciute a noi gente comune, che si tratti del Gruppo Bilderberg o dei Rettiliani poco importa.

Eppure una simile narrazione ha comunque una buona presa di fascinazione sui lettori.

Le vicende di un impero che va incontro a espansione e crisi, alla propria caduta e rifondazione, quando viene legata a personaggi capaci di affascinare, è sempre una lettura intrigante, e anche se i due cicli si sono poi allargati ben oltre le intenzioni degli autori, addirittura con l’aggiunta di prequel e interpolazioni assegnate a scrittori di fantascienza di nuova generazione dopo la morte di Asimov ed Hebert (e con esiti non sempre all’altezza) hanno comunque trovato un compimento delle vicende nella loro ciclicità guadagnandosi di sicuro un posto d’onore sugli scaffali delle nostre librerie casalinghe.