L'uomo

Il barone Wernher von Braun era un genio della missilistica tedesca.

Durante la Seconda Guerra Mondiale vestì la divisa nazista e sviluppò i famigerati missili V2, grazie ai quali Hitler seminò morte e distruzione a Londra.

Tuttavia, fin da ragazzino fantasticava di usare i razzi per portare l’essere umano oltre l’atmosfera terrestre; magari sulla Luna o anche più lontano.

Il sogno trovò l’humus ideale al termine del conflitto, quando lo scienziato offrì agli americani le sue conoscenze ingegneristiche, centinaia di collaboratori e un prezioso carico di V2. 

I primi tempi negli Stati Uniti furono difficili per von Braun. Sebbene il governo bramasse i suoi segreti al punto da risparmiargli la vita, il barone era stato un alto ufficiale delle SS, pertanto dovette scontare un periodo di isolamento in un campo militare del Texas. 

Abituato a essere un uomo d’azione e non di ozio, uccise la noia redigendo il progetto di una missione spaziale diretta su Marte e corredandolo delle stime e dei calcoli necessari per realizzarlo. 

Si era nella seconda metà degli anni ’40 e nei fogli vergati a mano dal visionario ingegnere presero forma concetti ed elementi che oggi diamo per scontati, ma che a quel tempo, oltre settant’anni fa, erano fantascienza. 

Von Braun non immaginò una misera navicella in viaggio verso Marte bensì un convoglio di dieci astronavi per un totale di settanta uomini di equipaggio. Disegnò una stazione orbitante intorno alla Terra, destinata a fungere da base d’appoggio per assemblare le astronavi direttamente nello spazio, e navi traghetto capaci di atterrare su una pista di volo alla stregua di un aereo di linea, una sorta di antenate degli Space Shuttle. 

La relazione comparve su una prestigiosa rivista tedesca di missilistica. In seguito il barone la trasformò in un romanzo, una storia di fantasia che lui stesso definì “un racconto tecnico”, per la quantità di dati reali di cui era infarcita, tuttavia nessun editore volle pubblicare questa seconda versione. 

L'ingegnere, ormai tornato libero, si fece un nome nella divulgazione scientifica e collaborò con la NASA, per la quale ideò e costruì il Saturn V, il razzo che permise all’Apollo 11 di raggiungere la Luna e agli americani di vincere la corsa allo spazio contro l’Unione Sovietica. 

Era il luglio del 1969 e von Braun era all’apice del successo ma non si fermò. Poche settimane dopo riprese la relazione tecnica scritta al tempo della reclusione in Texas e la sottopose al Comitato del Congresso degli Stati Uniti, intento a decidere il futuro programma spaziale americano.

Il barone contava di inviare astronauti su Marte già nei primi anni ‘80. Purtroppo, gli Stati Uniti erano impelagati nella dispendiosa guerra in Vietnam, pertanto il comitato bocciò la proposta preferendone un’altra più economica.

Così, abbiamo avuto gli Space Shuttle e la stazione spaziale ISS, ma abbiamo dimenticato la Luna, mentre su Marte ci sono andate soltanto le sonde.

Negli ultimi anni, però, il Pianeta Rosso è tornato in auge e oggi si avvia a diventare traguardo di una nuova corsa allo spazio, stavolta fra americani e cinesi, anche se finora non esistono progetti realistici e date sicure per missioni con astronauti.

L’unica cosa certa è che il giorno in cui il primo essere umano poserà il piede sulla sabbia rossa di Marte sarà in ritardo di almeno cinquant’anni rispetto alla visione di von Braun. 

Nel frattempo possiamo leggere il suo romanzo. 

Il romanzo

Progetto Marte. Storia di uomini e astronavi era rimasto inedito fino alla pubblicazione avvenuta per il mercato anglofono nel 2006. Dal 2016 è disponibile anche in italiano, nella traduzione di Giovanni Bignami, celebre astrofisico mancato nel 2017 nonché autore della gustosa prefazione.

È proprio Bignami a rispondere alla domanda che sorge spontanea: perché von Braun decise di espandere la relazione tecnica in un libro di narrativa? 

Perché era un uomo pragmatico. Sapeva che l’opinione pubblica aveva un peso importante nel convincere i politici a favorire determinati progetti scientifici, perciò si era improvvisato scrittore per portare il Pianeta Rosso nel cuore degli americani.

Lungimirante com’era, seminava per il futuro.

Trama

Siamo negli anni ’80 del ventesimo secolo. 

La Terza Guerra Mondiale ha visto l’Occidente prevalere sull’Oriente e l’umanità vive finalmente in pace sotto la guida del Governo della Terra.

Gli esseri umani sono già andati sulla Luna e una grande stazione spaziale di nome Lunetta orbita intorno alla Terra. 

Alcune fotografie scattate dal telescopio della stazione confermano la vecchia teoria di Percival Lowell: i famosi canali di Marte, scoperti da Schiaparelli un secolo addietro, sono opere di ingegneria deputate a far defluire l’acqua dai ghiacciai polari fino a ipotetiche città sotterranee. Forse i marziani sono esistiti e sono sopravvissuti alla perdita dell'atmosfera avvenuta nel lontano passato. Il solo modo per appurarlo è inviare una spedizione sul pianeta.

Recensione

È richiesta una buona dose di sospensione dell’incredulità per affrontare la lettura di Progetto Marte. Storia di uomini e astronavi. Innanzitutto, perché l'autore pone alla base del romanzo una teoria, quella della natura artificiale dei canali marziani, ormai smentita e archiviata da decenni; in secondo luogo, per le banalità e i preconcetti che trapuntano la storia. 

La squadra di astronauti, per esempio, vede persone di varie nazionalità collaborare per un fine comune, ma sono tutti uomini, di carnagione bianca e confidenti in Dio. 

Non c’è da stupirsi: von Braun viveva in una società, quella americana del dopoguerra, maschilista, razzista e profondamente religiosa, e lui non era interessato a cambiare lo status quo bensì ad avvantaggiarsene.

Aveva agito nello stesso modo durante la guerra, arruolandosi nelle SS per continuare a lavorare nella missilistica, settore ormai appannaggio dei nazisti, o quando si era consegnato agli americani per lavorare nei loro centri missilistici. 

Ogni scelta di von Braun era sempre stata orientata a proseguire gli esperimenti sui razzi al fine di giungere a inviare l'uomo nello spazio. Allo stesso modo ogni elemento del romanzo serviva a dimostrare all’americano medio – il classico WASP – che andare su Marte era possibile ed era possibile viverci, malgrado l’ambiente ostile. 

Soprattutto doveva farlo appassionare.

La prima parte del romanzo è una sinfonia che il barone esegue con perizia; è anche il motivo per cui vale la pena sorvolare sui punti deboli della storia. 

Von Braun era un ingegnere avvezzo a progettare congegni, perciò la sua forma mentis spicca nelle numerose dissertazioni tecniche e scientifiche; nel profluvio di calcoli a supporto delle teorie; nelle stime e nelle cifre che riempiono le pagine.

L’autore racconta nel dettaglio la preparazione e lo svolgimento di una missione su Marte, dalle battaglie politiche per l’approvazione del progetto alla reazione dell’opinione pubblica, alla costruzione delle astronavi e via di seguito. 

I personaggi affrontano incidenti e frustrazioni; dibattono in merito agli effetti sul corpo umano dei lunghi mesi a bassa gravità e ai potenziali danni da esposizione ai raggi cosmici; si lanciano in ipotesi sui marziani e ragionano sulla possibilità di stabilire una colonia umana su un pianeta così diverso dalla Terra.

Nonostante le buone intenzioni, le ingenuità narrative sono frequenti, soprattutto nella seconda metà del libro, laddove l’esplorazione di Marte mette a dura prova la creatività dell’ingegnere, anche se il barone narra ogni scena sempre col piglio avventuroso e ottimista dell'uomo proteso verso il futuro.

Il volume è impreziosito dalle illustrazioni che accompagnarono sulla rivista Collier's alcuni articoli scritti dal barone e relativi al sogno marziano. 

Fra le astronavi e le navicelle si riconosce la stazione Lunetta, una meraviglia ingegneristica che il barone ci porta a visitare nel romanzo assieme ai personaggi, introducendola con queste parole:

Ecco Lunetta! Di colore argento lucente, sembrava un enorme pneumatico a raggi, sospeso nello spazio, che ruotava lentamente intorno al suo asse centrale.

È quasi scontato rilevare le somiglianze fra la Lunetta concepita da von Braun negli anni '40 e la più famosa stazione spaziale che decadi più tardi danzerà sulle note del valzer di Strauss nel celeberrimo film 2001: Odissea nello Spazio

Forse Stanley Kubrick o Arthur C. Clarke si erano imbattuti negli articoli del barone, oppure le risonanze sono frutto di una spontanea convergenza di idee. 

Senz’altro von Braun ce l’aveva messa tutta per inserire le sue visioni nell’immaginario collettivo, arrivando a collaborare con Walt Disney in una serie di programmi sull'esplorazione spaziale.

Se soltanto il Congresso non avesse spezzato il suo sogno. 

È vero, la morte dello scienziato, avvenuta nel 1977, avrebbe comunque creato difficoltà al programma marziano. Forse il progetto sarebbe naufragato oppure avrebbe subito ritardi e cambiamenti, tuttavia la storia dell’astronautica, americana e mondiale, sarebbe stata molto diversa da quella conosciuta e lo sarebbero state anche le ricadute sulla nostra civiltà. 

Conclusioni

Progetto Marte. Storia di uomini e astronavi racconta un’avventura spaziale nella tradizione della Golden Age, però non è un capolavoro e non vuole esserlo. 

Malgrado l’autore tradisca i pregiudizi della sua epoca e manchi di fantasia nella parte ambientata su Marte, il romanzo si legge con facilità, per merito di uno stile essenziale ma colorato che agevola l’immaginazione.

È soprattutto un libro di importanza storica che non può mancare nelle librerie dei lettori di fantascienza spaziale, ma ancor più in quelle degli appassionati di hard SF, che potranno divertirsi a ricontrollare le stime e i calcoli indicati dall’autore e discutere in merito alla fattibilità del progetto, magari proponendo modifiche o integrazioni alla luce delle nuove conoscenze della nostra epoca.