Delos 22: Cieli Sintetici Cieli Sintetici

di Emiliano Gokuraku Farinella

E IL CYBERPUNK SIA!

Un viaggio storico, critico e riflessivo sul cyberpunk: un fenomeno, un modo di vita, e soprattutto una letteratura. Forse, la più significativa di questo scorcio di fine millennio.

And Willy said, let there be light, e il cyberpunk fu!

Già... improvvisamente Gibson si accorge che il cielo sopra un porto può anche avere il colore di un televisore sintonizzato su un canale morto e l'umanità si trova di fronte, improvvisamente, scenari che - escludendo dei forti anticipatori - non aveva mai immaginato.

"Una complessa sintesi di moderna cultura pop, alta tecnologia, tecniche letterarie d'avanguardia" e quell'asociale col walkman (Gibson era famoso per andarsene in giro sempre con un walkman...) innesca l'ultima rivoluzione del millennio. Un movimento, il cyberpunk, che tracende subito lo stretto ambiente letterario (di genere e non) e diventa incredibilmente in fretta un fenomeno culturale, politico e di costume che attraversa trasversalmente tutta la faccia della Terra rimbalzando da un groppuscolo ad un altro trasmesso da un continuo tam tam.

I testi di riferimento sono essenzialmente due antologie, Mirrorshades e Burning Chrome.

In queste due antologie troviamo quell'old cyberpunk che ora appare nettamente superato e di cui non si occupa più nessuno, quasi come se fosse stato detto già tutto quello che si poteva dire con quegli strumenti, ma capire quei testi è essenziale per capire il cyberpunk e anche un po' della realtà odierna.

"Cyberpunk" il neologismo nasce solo nel 1986, in occasione della pubblicazione di Count Zero di W. Gibson sull'IASFM, la felice trovata fu opera di Gardner Dozois, curatore della rivista.

Prima di allora si erano usati termini di diverso genere per identificare quel gruppo di autori che si riconoscevano in un'unica identità culturale: il gruppo Mirrorshades, i fuorilegge della tecnologia, l'ondata degli anni Ottanta, fantascienza tecnologica radicale... fin quando non arrivò Dozois e li chiamò sinteticamente, e mirabilmente aggiungerei a posteriori, cyberpunk.

Termine che fa brillantemente riferimento alla doppia natura di questo movimento.

Da un lato le tendenze "punk" del gruppo, con posizioni politiche anarcoidi e di condanna per il sistema contro cui immancabilmente i protagonisti lottano senza riuscire a vincere.

Tutto cio' alla luce di una nuova tecnologia: la "cibernetica".

Questo è molto lontano da quanto si potesse immaginare fino agli anni sessanta o addirittura settanta. Gli anni '50 e '60 sono intrisi di progetti e studi preliminari di opere fantascientifiche (ci sono studi effettuati dai migliori architetti dell'epoca - Wright, Abramovitz, Austin, Frischman - su città sommerse o gallegianti, grattacieli alti 4km...) e un opuscolo del Marshall Space Flight Center prometteva in quegli anni che entro il 2000 si sarebbe portato l'uomo in tutto il sistema solare e vi si sarebbero create le condizioni per la vita umana.

Insomma, in quegli anni si pensava di tramutare in realtà la fantascienza di Gernsback, e non si credeva certo che la Scienza dell'Informazione potesse incidere così pesantemente sulla nostra vita, come sta accadendo proprio oggi e come ha iniziato a narrare William Gibson.

Invece è arrivato il cyberpunk che, per come la vede Rudy Rucker nel suo saggio What is Cyberpunk?, "si occupa essenzialmente dell'informazione, il che avviene a diversi livelli. A livello dei contenuti, un'opera cyberpunk parlerà spesso di computer, di software, di microprocessori ecc. A un livello superiore, essa cercherà di arrivare ad un più avanzato stadio di complessità dal punto di vista della teoria dell'informazione. In sostanza quello che [lui] chiama cyberpunk è una fantascienza colta, ma di facile lettura, che contenga molta informazione e che dica qualcosa sulle nuove forme di pensiero derivate dalla rivoluzione informatica."

Ma questa componente cibernetica, il cyber che ci troviamo di fronte, è maledettamente sporca, fortemente intrisa di nichilismo e voglia di rottura.

Il punk negli anni settanta nasceva col dichiarato fine di spogliare il rock delle eleganti strutture - tipiche del progressive rock - per portare a nudo i suoi aspetti più estremi, spazzava via ogni regola di linguaggio e quindi anche ogni minima sintassi musicale, e più in generale era animato profondamente da un sentimento di rottura contro ogni regola di convivenza che portasse alla negazione dell'individualità.

Questi due aspetti in apparente contraddizione, questo nichilismo cibernetico, vengono incarnati da un gruppo di giovani autori: William Gibson, Rudy Rucker, Bruce Sterling, Lewis Shiner, Jhon Shirley, Pat Cadigan, Tom Maddox, Micheal Swanwick... che rappresentano la prima generazione di autori di SF che vivono in un mondo fantascientifico e che non vedono la fantascienza solo come tradizione letteraria.

Nella fantascienza gli autori cyberpunk sono gli eredi di chi ha animato il movimento New Wave. La fantascienza, da Hamilton a Heinlein o Williamson aveva avuto un certo alone reazionario intorno a sé, e sicuramente aveva guardato con sospetto a movimenti progressisti di buona avanguardia. Faticosamente a partire dagli anni '60 alcuni autori iniziarono a scrollarsi di dosso questi limiti ed andare parecchio più lontano degli usuali percorsi fantascientifici. Di questa nuova cultura fantascientifica sono impregnati questi autori, hanno debiti significativi nei confronti di chi ha indicato nuove colline oltre cui volgere il pensiero.

Harlan Ellison, Simon Delany, Norman Spinrad, James Ballard, Philip Dick... sono solo alcuni di quegli uomini che col loro lavoro hanno reso possibile la nascita di quel movimento decine di anni dopo.

Sono tante le componenti con cui singolarmente hanno contribuito a creare quel database dell'immaginario a cui attingeranno i cyberpunk: hanno portato sfrontatezza e irrequietezza (Ellison); sfrenata sbruffoneria e scrittura flippata (Spinrad); audacia intellettuale, capacità di osare, sguardi acuti e penetranti negli spazi oscuri della nostra mente (Ballard); nuove realtà e nuovi sogni per generare ancora altre realtà (Dick).

La New Wave, nella sua commistione col mainstream, portò un nuovo interesse per l'estetica e gli aspetti della costruzione letteraria assieme ad una notevole apertura a temi progressisti o addirittura utopici e visionari.

Tutto questo viene perfettamente recepito da questo gruppo di scrittori degli anni ottanta che assumono come un dato di fatto la possibilità di pescare a piene mani in orizzonti vasti e non limitati alla tradizione letteraria storica della SF, che partono da posizioni progressiste senza curarsi di quell'alone cupo che c'era stato intorno alla SF fino a qualche decina d'anni prima e soprattutto hanno una notevole coscienza estetica ereditata direttamente dalla New Wave .