L’altopiano spuntava appena sulla pianura fangosa, simile a un fungo dal gambo largo. Una isolata macchia verde dai bordi bianchi, persa in un marrone infinito e punteggiata in sommità da tetti e campanili.

Byron emise un grugnito di soddisfazione, valutò l’ora con il sole e diede al compagno una pacca sulla spalla.

— Siamo a casa — esclamò felice.

 Il risucchio degli stivali nella melma e il respiro affannoso dei due uomini erano gli unici suoni che rompevano il silenzio. Le pozze d’acqua sporca brillavano come miraggi nell’aria umida e immobile.

— Abbiamo tempo per mangiare qualcosa, prima dell’ultimo tratto — rispose Cartero, sedendosi a terra. Tirò fuori dal sacco un verme del fango, essiccato a dovere e ne tagliò due fette spesse. Gli occhi furbi brillavano per la fame. Byron scosse la testa divertito. Il suo maggiordomo non rinunciava mai a un pasto, nemmeno in condizioni estreme. Dove mettesse tutto il cibo, visto il fisico asciutto e agile e le guancie scavate, rimaneva un mistero.

Rassegnato, gli porse dei tuberi e si sedette a sua volta. Il gelo del terreno molle gli penetrò su per la schiena. Si aggiustò i lunghi capelli biondi, legandoli con una corda. Non vedeva l’ora di fare un bagno caldo. L’abito di velluto rosso pieno di macchie e il volto abbronzato gli davano un’aria da furfante. Suo padre si sarebbe rivoltato nella tomba nel vederlo conciato così. Il rampollo di una ricca famiglia di mercanti a spasso nel Fondo con un mucchio di libri in spalla!

— Ormai siamo nel mese di Preonda — disse Byron pensieroso. — Niente passeggiate sul Fondo per un bel pezzo. Questa è l’ultima uscita prima della Marea — alzò lo sguardo al cielo. — Luna Media sorgerà stasera e Lisbet tra una settimana.

 — Tutto questo fango non mi mancherà — ribatté l’altro. — Non vedo l’ora di tornarmene a casa, all’asciutto. Cibo fresco, lenzuola pulite. Una birra al pub e ragazze da molestare. La vita nei fondali non fa per me, davvero! Quanto a voi, signore, avrete un bel po’ di lavoro da sistemare — concluse, indicando lo zaino sulle sue spalle.

Byron annuì. I quattro mesi di viaggio e ricerche erano stati fruttuosi. — La biblioteca di Chelsoa è un luogo straordinario — commentò. — I quaderni di appunti e i volumi ricopiati in queste settimane sono preziosissimi. Con un po’ di impegno pubblicherò un resoconto prima dell’Inverno. E allora voglio vedere chi potrà smentire le mie teorie.

— La Chiesa — borbottò Cartero con la bocca piena. — Quelli vi staranno addosso di sicuro.

— Saranno ragionevoli — Byron bevve un sorso d’acqua, calda e stantia. — C’è posto per tutti, al tavolo della verità.

Ripresero il cammino. Byron immaginò il mare. Ormai era tempo. Iniziava a gonfiarsi, lento e implacabile, allagando la pianura con onde sempre più lunghe. Nessuno abitava lungo la costa, ma nel giro di un mese l’acqua sarebbe arrivata anche lì, salendo di giorno in giorno sino a trasformare l’altopiano in una delle tante isole dell’arcipelago. I viaggiatori tornavano a casa, in quel periodo e le attività marinare riprendevano vita.

Non appena avvistò i lunghi pali di legno piantati nel terreno, dipinti a bande rosse e bianche, sospirò di piacere. I Misuratori erano il confine di ogni abitato.

Un’ora dopo si fermarono alle pendici della Scarpata. Il bianco del calcare scintillava al sole del primo pomeriggio, creando un caldo riverbero. Byron salutò la città venti metri più in alto.

Salirono di buon passo su per una delle scalinate di legno che dal fondo del mare portavano alla città. Lungo l’orlo della scarpata l’attività era frenetica. I cantieri navali iniziavano a tirar fuori le imbarcazioni, sospese con funi e carrucole nel vuoto in attesa della marea, i locandieri pulivano le vetrine e ripristinavano le insegne, pronti alla riapertura, carrettieri e mercanti scaricavano barili e viveri per gli equipaggi.

 L’aria sapeva di terra bagnata e segatura. In un sottofondo di colpi di martello e raschiare di seghe i carpentieri assemblavano le banchine di legno dei moli, pronti a gettarle non appena avvistate le prime onde all’orizzonte.

Byron respirò a pieni polmoni. — Sembra già di sentire l’aria salmastra.

L’altro fece un cenno di assenso. — Adoro Preonda. La natura si risveglia, il cielo muta colore. E tra poco il marrone svanirà, sostituito dall’azzurro dell’acqua.

Lasciato l’Orlo, con la sua frizzante confusione, si incamminarono verso il centro, attraversando vicoli stretti, pieni di odori pungenti. Pian piano tutto divenne familiare e alla fine Byron, con un inaspettato tuffo al cuore, arrivò in vista del portone della sua casa.

Aperto e con le ante scardinate.