- Continuo a non capire.- Non dovresti trovarti qui.

Almeno su questo siamo d’accordo.

- Ricordi il tuo nome?

- Io...

Lì dov’ero certa di trovare quell’informazione c’è solo un grande vuoto confuso.

- Non ricordi nulla.

No. Nulla.

- Provaci. Ricorda quella notte. Nonostante le manovre evasive, non potesti evitare l’impatto. Tu sola sopravvivesti. Gli Entòmi ti presero, poi...

Il sole. Il vuoto. L’esplosione. Il silenzio.

Vetro che liquefa davanti ai miei occhi.

E dopo non ho più occhi per vedere.

Solo grida che riempiono l’istante fra la presenza e l’assenza.

Poi, la sensazione di essere divorata

(decomposta, scissa, assimilata, disciolta)

lentamente.

L’uomo si avvicina ed io arretro fino al muro. Solo una lama di luce lunare riesce a penetrare nel vicolo fradicio di spazzatura e liquami.

- Perché sono sola..? - sussurro con incoerenza.

- Non lo sei...

Rimane in silenzio, scrutandomi con infinita pena. Gli occhi mi si riempiono di lacrime e mi odio per questo.

-... ma devi tornare per cambiare le cose.

- Che cos’è questo posto?

Si avvicina, mi accarezza il viso

la sua mano calda è una scossa elettrica che viene dal passato

dal futuro

mi confonde

e sorride triste.

- Questo è l’orizzonte, Capitano.

Le fauci dell’Entòme sono gore putride di bava, lo stomodeo trabocca di succhi corrosivi mentre sugge e prepara il corpo gracile della sua preda che si dibatte

(una donna)

(io)

(fra i capelli scarlatti la piastra di metallo è fradicia di sangue)

e singhiozzando grida, trafitta da scosse cloniche. L’Entòme l’aggredisce con pazienza, sciogliendo piano la sua carne, digerendola prima di ingoiarla, cauterizzando le ferite.

Il suono delle ossa che si spezzano sotto le mandibole ricorda rami calpestati nel fango, le sue urla ossessive aumentano e sono frequenze slabbrate grondanti follia.

La donna si muove in spasmi sempre più deboli: vagisce come un neonato, stupita per un istante delle sue interiora sparse ovunque, del suo essere ancora viva e cosciente, poi boccheggia, soffocata dal peso della bestia.

L’Entòme protende e dilata le valve su di lei.

Nella voragine aperta fra costole in pezzi, inizia a deporre gocciolanti grappoli di uova giallastre.

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Mi sveglio ansimando, quando il cielo cola nella stanza attraverso il plexiglas.

Ho freddo.

Sono sola, nuda, stordita.

I muscoli dello stomaco indolenziti.

Sul cuscino, la pistola Tesla che credevo di aver perso.