Le premesse ci sono tutte, a partire dai riferimenti a cui il regista Joseph Kosinski dichiara di aver tratto ispirazione, da The Omega Man (1975: Occhi bianchi sul pianeta Terra) a Silent Running (2002: la seconda odissea). Una storia pensata per essere “alla maniera di quei film di fantascienza degli anni Settanta in cui c’è un sopravvissuto sperduto tra le rovine della civiltà”. Il sopravvissuto in questione è Tom Cruise, attore ormai a suo agio con la fantascienza, che ha voluto fortemente la parte del protagonista, il comandante Jack Harper, nonostante nella storia originale si trattasse di un ragazzo (nel film trasformato in un 37enne, a onta del fatto che Cruise abbia ormai superato la cinquantina). Il suo compito è quello di riparare i droni impiegati sulla Terra per spazzare via le ultime forme di resistenza di una spaventosa civiltà aliena, gli Scavengers, che sessant’anni prima, all'improvviso, attaccò il nostro pianeta riuscendo quasi ad annientare la razza umana. Oggi, gli uomini sopravvissuti vivono in grandi città fluttuanti tra le nuvole, mentre tra i labirinti delle rovine in superficie i droni sono impiegati per recuperare le poche risorse e reliquie scampate alla distruzione, minacciate dalle sacche di resistenza dei temibili Scavengers rimasti sulla Terra. Il comandante Harper fa parte di un’unità operativa a cui spetta il difficile compito di riparare i droni quando qualcosa va male, ma la storia inizia a prendere una piega ben diversa dalle sue aspettative quando improvvisamente dal cielo precipita un’astronave. A bordo ci sono degli esseri umani, tra cui una bellissima donna, sopravvissuta. Chi è, e da dove viene?

Il punto di forza di Oblivion, secondo i produttori del film, che hanno voluto mantenere la massima segretezza sulla storia, sta proprio nel gioco di scatoline cinesi attraverso il quale lo spettatore viene condotto, insieme al protagonista, a scoprire la verità sul mondo del 2073, una sorta di stato di polizia ben diverso da quello che sembra. La storia, scritta dallo steso Kosinski, nasce come graphic novel, sceneggiata da Arvid Nelson e acquistata negli USA dalla Radical Publishing per un pubblicazione mai avvenuta. “Volevo costruire la storia intorno a pochi personaggi, ma allo stesso tempo in grado di porre le grandi domande universali che sono parte integrante della fantascienza, domande sulla nostra esistenza, il nostro scopo nel grande schema delle cose”, spiega Kosinski in un’intevista. Qualcosa, sottolinea, del tipo Ai confini della realtà. Modelli impegnativi con cui confrontarsi, anche se Kosinski non ha mai avuto timore di confrontarsi con grandi classici, come nel caso di Tron: Legacy. Il progetto di Oblivion nasce nello stesso periodo in cui Kosinski sta lavorando al sequel di Tron, anche se il soggetto è precedente. La graphic novel che costituisce la base del trattamento cinematografico nasce infatti nel 2005. “Nel momento in cui ero pronto a trasformarla in una sceneggiatura, la WGA (la Writers Guild of America, n.d.r.) entrò in sciopero e non potemmo assoldare uno sceneggiatore per lavorarci su”, spiega il regista. Il progetto entrò così in stand-by, mentre Kosinski iniziava, grazie alla sua solida esperienza

nell’ambito della CGI, a lavorare al suo primo film da regista. Il progetto di Oblivion fu ripreso subito dopo che Tron: Legacy entrò in post-produzione, quando ormai la graphic novel era pressoché pronta per la pubblicazione. Ma alla fine Kosinski cambia idea: “In effetti non abbiamo mai completato la graphic novel perché, una volta pronta, realizzai che il modo in cui volevo che il pubblico avesse esperienza di questa storia fosse sul grande schermo e non in un libro”.  All’annuale Comic-Con di San Diego, in cui Kosinski presenta Tron: Legacy, per la prima volta si accenna al nuovo progetto esclusivo del regista. Si tratta di un semplice capitolo introduttivo che viene lanciato insieme a otto immagini della graphic novel. Sufficiente a convincere la Disney, che ha prodotto il sequel di Tron, a comprarne i diritti e a mettere in moto la macchina della produzione. Tuttavia, quando la casa cinematografica si rende conto che la sceneggiatura ormai completata pone dei problemi in termini di restrizioni del pubblico, inizia una discussione con Kosinski, che non vuole rivedere la storia per renderla adatta a un PG, un mero avviso di parental guide, che suggerisce l’accompagnamento di un adulto per gli spettatori al di sotto dei dieci anni. Alla fine non se ne fa nulla, ed è la Universal Pictures, che aveva espresso interesse nel trattamento, a comprare i diritti rimessi in vendita e ad accettare che il film venga etichettato PG-13, che obbliga la presenza di un adulto per gli spettatori al di sotto dei 13 anni.