Bender: Ammettetelo, voi credete che i robot siano macchine costruite da umani per facilitare la loro vita!

Fry: Perché, non è così?

Bender: Io non ho mai facilitato la vita a nessuno e tu lo sai bene!

(Futurama)

La vita del robot nei fumetti non è certamente mai stata facile, se non in debite eccezioni, né i personaggi robotici troppo diffusi, come se ci fosse un’avversione ben radicata negli sceneggiatori che li porta ad evitare freddamente personaggi completamente artificiali. Possiamo trovare in ogni dove terribili cyborg, impianti cibernetici, tecnologie fantascientifiche, astronavi ed esoscheletri potenziati, abbiamo magia a profusione, mutazioni genetiche, spade che parlano, animali senzienti ma gli automi, pur potendo avere le potenzialità per riscuotere un buon successo di pubblico, rimangono una merce rarissima. In effetti, se ci si ferma a riflettere, ci viene alla mente che occorre un impegno degno di nota solo per renderli simpatici ed almeno altrettanto sforzo per riuscire a far immedesimare il lettore in figure non solo ostiche ad espressioni umane ma che, proprio per la loro natura artificiale, vengono spesso ritratte dall’autore approssimativo secondo canoni probabilmente più attinenti ad una lavatrice che ad un’intelligenza artificiale. I robot non sanguinano, se li ferisci non soffrono con espressioni ricche di pathos, non hanno genitori che si possono massacrare per aumentare il suddetto pathos e soprattutto, con rarissime eccezioni, non sono o non hanno intorno bellissime creature femminili con cui intrecciare impossibili quanto improbabili intrecci sentimentali. Possono succedere però strane cose quando un autore decide che un argomento interessante come questo può offrire buone possibilità a chi sa sfruttarle ed inoltre, per aggiungere difficile al difficile, decide di applicare il suo ingegno per travalicare gli ostici luoghi comuni connessi all’argomento.

La Marvel può contare, fra le case editrici mainstream, un buon numero di comprimari artificiali che arricchiscono da sempre le pagine di ogni sua testata e che si guardano bene dal qualificarsi oltre il minimo necessario anche per strappare un timido sorriso al lettore. Ottimo esempio lo possono dare gli osservatori rigelliani, esseri artificiali costruiti appositamente da una razza aliena, i rigelliani appunto, al solo scopo di seguire nelle loro peripezie i personaggi cosmici come Silver Surfer, Adam Warlock, Nova o anche Thor ed Ercole, quando decidono che i reami fantasy da cui provengono son troppo noiosi per loro. Il loro compito si potrebbe tradurre nel tramandare ai posteri le imprese degli eroi di cui son posti al seguito, non possono di solito intervenire nello svolgersi dei fatti e sono ottimi quasi solo come voce fuoricampo destinata a spiegare quanto sta accadendo al lettore, in alcune rare occasioni il nostro evolutissimo osservatore estrae però dal cappello un altrettanto evolutissimo apparecchio fantascientifico, mostra una minima traccia di emozioni, svolge la sua funzione di deus ex machina e poi viene distrutto.