Ghost in the Shell riscrive le regole: parallelamente alla meccanizzazione (non sempre corrispondente alla disumanizzazione) dell’uomo, scorre l’umanizzazione della macchina attraverso il risveglio (o l’ispirazione) del Ghost. Anche Batou arriva a farsene una ragione, prendendo infine coscienza dell’eterna geometria di Dio e del mondo.“Il dubbio ci attanaglia: se una creatura sembra viva, è viva davvero?” lo provoca un hacker deciso a ripercorrere le orme di Kusanagi. “O, al contrario, un oggetto senza vita può vivere? È per questo che i robot ci fanno paura. Sono modellati sugli umani, ma in realtà essi sono umani. Ci mettono di fronte all’orrore di essere un mero meccanismo, semplice materia. In altre parole: ci danno la consapevolezza che noi umani siamo anche noi parte del mondo. […] E la scienza, cercando di svelare il segreto della vita, ha innescato un altro timore: se tutto in natura è calcolabile, allora anche gli esseri umani sono riducibili a parti elementari, meccaniche, della natura stessa.”
Come ripetono le parole che si accompagnano alla musica portante di GiTS: Innocence, in una litania straziante:
Anche se la luna non si accende ogni giorno, ogni notte la gru canta con dolore.Gli eventi fanno il loro corso. Guardarsi indietro serve a conservare le coordinate spaziali e temporali della propria identità mentre si corre verso il futuro: senza timori, ma disposti ad abbracciarne l’essenza, lo spirito. E a risolvere nello Zeitgeist il proprio Ghost, come frammenti di codice alla deriva.Anche se guardo indietro, il fiore perde i petali. Come la mente che svanisce, scompare.
Antichi Dèi si riuniscono nella Nuova Era. Il giorno nasce e la gru canta.



















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