Il finale apocalittico ci ricorda che non tutte le alternative del futuro contemplano la sopravvivenza del genere umano. Almeno non come noi lo conosciamo. Una morale molto vicina alla saga di James Cameron dedicata allo scontro di civiltà tra l’uomo e Skynet: a partire dal prototipo del 1984, passando per l’efficace Terminator 2 – Il giorno del giudizio (1991) e il meno felice Terminator 3 – Le macchine ribelli (2003) diretto da Jonathan Mostow, per arrivare fino all’annunciato Terminator Salvation di McG (2009) e alla serie televisiva Terminator: The Sarah Connor Cronichles di Josh Friedman, Terminator dimostra come il confronto tra intelligenze artificiali e vecchia umanità organica potrebbe essere anche estremamente conflittuale, al punto da sfociare in una guerra catastrofica estesa su un fronte temporale senza limiti. La Singolarità ante-litteram di James Cameron si manifesta come presa di coscienza da parte di un supercomputer della Cyberdyne System, che subito scatena un olocausto nucleare per spazzare via dalla Terra la specie umana e dominare il pianeta con le sue armate robotiche. Skynet non ha però fatto i conti con la Resistenza e con John Connor, la sua nemesi. Per sbarazzarsi del problema dalle radici, prova in tutti i modi di eliminarlo nel passato, prima della sua nascita, ancora adolescente o quasi adulto, inviando androidi da guerra sempre più sofisticati che tuttavia ad ogni tentativo. E ogni fallimento è una riscrittura della storia, con conseguente procrastinazione della Singolarità.

 

Da uno spunto molto simile parte anche l’acclamata trilogia di Andy e Larry Wachowski, dedicata all’ultimo sforzo di riscattare l’umanità dalla gabbia elettronica della prigionia sotto le macchine.

Matrix (1999) si è ormai imposto come fenomeno di culto del nuovo millennio, forse l’ultimo merchandising di successo prodotto in seno alla fantascienza. Attingendo a piene mani alle suggestioni cyberpunk e postcyberpunk, i Wachowski Bros hanno confezionato un prodotto ambizioso che strizza l’occhio ai più giovani con concessioni – non sempre necessarie – alla moda, che puntano sul look più spesso che sull’estetica. Un’opera dilaniata tra gli alti di Matrix Reloaded (2003) e i bassi di Matrix Revolutions (2003), con buchi logici che sarebbe stato lecito vedere risolti in fase di sviluppo e che invece persistono fino alla fine, che rinuncia a qualsiasi discorso filosofico o cinematografico fosse stato in precedenza anticipato per dedicarsi esclusivamente a un accumulo parossistico di scene d’azione.Difficile tuttavia resistere alla carica simbolica della storia di Neo, interpretato dall’icona cyberpunk Keanu Reeves, l’uomo che si risveglia dalla Matrice per scoprire che il suo mondo è solo una simulazione, tenuta in vita da macchine che hanno ridotto l’umanità in schiavitù. Gli unici ad essere scampati alla connessione forzata sono i cittadini dell’utopica comunità di Zion, in lotta contro le armate robotiche di Matrix per difendere la propria libertà e, nella realtà virtuale, contro i suoi spietati agenti immunitari per affrancare i prigionieri dalle loro vite simulate. Nell’affastellamento generale di suggestioni, duelli e battaglie, viene lanciata anche l’ipotesi di una sorta di singolarità annidata, una Singolarità (l’Agente Smith) nella Singolarità (Matrix), capace di soppiantare quest’ultima e condurre a un collasso della realtà dai toni molto dickiani.  

Oltre l’orizzonte

Il Giappone è forse la cultura al mondo che con maggiore pervicacia ha recepito le folgorazioni del cyberpunk. Non sorprende quindi che proprio dal Sol Levante sia arrivata forse l’opera di maggiore impatto degli ultimi tempi, oggetto di un vero e proprio culto, al punto da richiamare l’attenzione dei selezionatori del prestigioso e raffinato Festival del Cinema di Cannes.

Ghost in the Shell è un prodotto che mescola poliziesco e fantascienza con un forte background filosofico. Nato nel 1991 come manga, creato, scritto e disegnato da Masamune Shirow, negli anni Ghost in the Shell si è imposto come un fenomeno di costume, portato sul grande schermo dal veterano Mamoru Oshii con due titoli prodotti dalla I.G. (Ghost in the Shell e Ghost in the Shell: Innocence) il secondo dei quali in associazione con lo Studio Ghibli di Miyazaki, a cui hanno fatto seguito le due serie animate Ghost in the Shell: Stand Alone Complex e il lungometraggio Ghost in the Shell: Stand Alone Complex Solid State Society, diretti da Kenji Kamiyama, e addirittura quattro romanzi (senza contare le novelization…).