Ci siamo già addentrati nei territori del postumanismo, se non ve ne siete accorti. Il momento di ingresso in quest’era è dato da quando alcune protesi, migliorative per l'organismo umano, hanno cominciato a essere impiantate nei punti più improbabili dell’organismo biologico. Da quando si è compreso che l'umanità è troppo limitata per accedere al progresso illimitato, irrefrenabile.

Una punta di Futurismo, in tutto ciò? Sì, probabile; direi che la continua ricerca della velocità di fuga dal mondo contemporaneo è proprio una delle caratteristiche di quel Movimento di un secolo fa, quasi. Movimento in cui possiamo far rispecchiare questa nostra devastante frenesia degenerativa che altro non fa che distruggere l'organismo umano. Per poi ricrearlo nuovo, più complesso se possibile, più potente, anche nei sensi e sentimenti che lo animano. Pensiamo, infatti, a ciò che agita l'anima di un atleta come Pistorius, dilaniato dal dramma di aver perso gli arti inferiori in tenera età e che ora si trova a correre contando sull'uso della propria forza di volontà addizionata dalla propria artificialità, contando sul vettore dato dalle proprie gambe in lega metallica che gli permettono di correre come il vento. E non è, questo, uno dei tanti primi episodi palpabili di postumanismo? Certo, le protesi che si usano ora, la possibilità di potenziare l'organismo è resa reale, di fatto, soltanto da soluzioni approntate da rozzi mezzi. Pensiamo un attimo agli umani che si infilano un auricolare Bluetooth nell'orecchio: non sarebbe meglio integrarlo, quell'auricolare, con dispositivi nanotecnologici fin dentro al nervo uditivo, nelle ossa del cranio? Oltretutto, l'eleganza di una tale soluzione farebbe sconfinare il postumanismo nei canoni modaioli, nel trendy, nel nuovo che avanza a larghe falcate.

Il nuovo non come nemico, quindi, ma come soluzione ai problemi dati dal vecchio.

Il nuovo che si configura come la panacea a un’umanità stanca e debosciata, una rinascita che sa di rivincita, senza pensare che il postumanismo si porterà appresso tutti i mali dell’umanità con aggiunti quelli derivati dal delirio di quasi onnipotenza. I postumani saranno (individualismi a parte, sempre possibili così come sono reali ora e nel passato) delle bestie vogliose di mettere le mani su tutto il possibile, su tutto il teorizzabile. Ma raggiungeranno dei risultati straordinari, nelle scienze, nelle arti, nella tecnica. Saranno seminali perché si espanderanno nel Sistema Solare come tante formiche tecnologiche, sbattendosi di ogni morale – ma in fondo, cos’è la morale, se non un codice di attività ritenute ammissibili in funzione dei tempi? – perseguendo la ricchezza, la potenza, i residui dell’iperconsumismo che ci porteranno ad acuire il cinismo che contraddistingue la nostra razza.

Quello del postumanismo è un passo propedeutico alla condizione successiva, quella dell’abbandono della biologia per abbracciare la condizione eterea; si potrebbe pensare a un’esistenza dettata soltanto da regole appartenenti a una fisica diversa, a organismi simili ai sacchi di gas di sterlinghiana memoria, ma magari si potrà affrontare questo tema in un’altra sede, in un altro contesto in cui - sarà meglio - le cognizioni acquisite sull’argomento saranno meno vaghe, anche teoricamente.

Per cui, cosa rimane della condizione postumana in quest’articolo e nella nostra vita quotidiana? La percezione che l’uomo comune ha del cambiamento in atto, della rapida discesa verso la Singolarità Tecnologica., è praticamente nulla; si ragiona sempre in un contesto di abitudini radicate nella vita quotidiana che si trascina, più o meno, dal Medioevo, se non da tempi più antichi. A far la differenza sarà, probabilmente, la Singolarità stessa, con il suo stravolgere regole, canoni, la stessa vita. Dopo di essa, nulla sarà più uguale; dopo di essa, si guarderà davvero ai nostri giorni come a qualcosa relativo a un’epoca pari a quella che noi consideriamo come Preistoria.