La miscela potrebbe essere esplosiva, in senso positivo o negativo questo lo stabilirà il passaggio nelle sale cinematografiche di tutto il mondo, Italia compresa. Da un lato c’è la scrittrice Stephenie Meyer, autrice della fortunata serie letteraria e cinematografica di Twilight, dall'altro il regista Andrew Niccol, noto soprattutto per aver scritto The Truman Show, con protagonista Jim Carrey, e per aver diretto un film di fantascienza che non è passato inosservato: Gattaca, con Ethan Hawke e Uma Thurman.

Niccol è il regista di The Host, tratto dall’omonimo romanzo della Meyer, pubblicato nel nostro Paese dalla RCS Libri. È una pellicola di fantascienza, ma lo “stile” sembra essere lo stesso della saga Twilight, a partire dai giovani protagonisti: Saoirse Ronan, Max Irons e Jake Abel. Ma vediamo nel dettaglio la trama del film.

La Terra è stata colonizzata dalle “Anime”, una razza aliena che ha “sfrattato” gli umani dai loro corpi tramutandoli in dimore per viandanti interplanetari. Le Anime hanno trasformato il pianeta in un mondo pulito, sicuro e pacifico, ma a un costo incalcolabile: gran parte della razza umana è stata annientata.

Alcuni, come Melanie (Saoirse Ronan), una giovane e forte donna, sono sopravvissuti in clandestinità, costantemente in lotta contro il pericolo di essere catturati e annientati.

Fatta prigioniera da un Cercatore (Diane Kruger) il cui lavoro è quello di procacciare corpi umani per le nuove Anime in arrivo, Melanie cerca di uccidersi. Sopravvive miracolosamente e un’Anima chiamata Wanderer viene chirurgicamente impiantata nel suo corpo.

Quando la Cercatrice spinge Wanderer a estrarre dalla memoria di Melanie informazioni su altri umani ribelli, la sua coscienza si oppone strenuamente.

Rifiutando di farsi sopraffare e scomparire, Melanie convince Wanderer a ritornare dalla sua famiglia, dal suo ragazzo Jared (Max Irons), dal suo fratellino di 11 anni, Jamie (Chandler Canterbury), da suo zio Jeb (William Hurt) e sua zia Maggie (Frances Fisher).

Nel rifugio sotterraneo in mezzo al deserto, Wanderer (ora conosciuta come Wanda) incontra Ian (Jake Abel), l’uomo che è destinata ad amare, dando vita così a un insostenibile conflitto interiore tra lei e Melanie.  Nel momento in cui Wanda tradisce la propria razza per aiutare Melanie a salvare la sua, la Cercatrice inizia a inseguirle incessantemente, per una scioccante ragione che solo lei conosce.

The Host, il romanzo, è stato pubblicato nel 2008 ed è rimasto per ben 26 settimane in testa alla classifica dei libri più venduti secondo il New York Times e il Los Angeles Times.

Ovvio che se ne traesse un film. La Meyer ha ricordato il momento in cui le è venuta l’idea della storia. L’autrice, la cui serie Twilight stava diventando in quel momento un fenomeno mondiale, stava guidando attraverso l’apparentemente infinito deserto che collega Phoenix a Salt Lake City e durante le lunghe ore nel tragitto ha immaginato la storia. “Sono giunta all’idea di racchiudere due personalità in un solo corpo”, ha affermato. “Entrambe sono innamorate di due persone diverse, il che genera un grande conflitto. Adoro le relazioni confuse. È divertente lavorarci su”.

La nota scrittrice si è inoltre divertita a esplorare l’idea dell’amore, ma in questo caso non solo quello romantico. “Qui è presente l’amore materno, che è una grande parte della mia vita”, ha dichiarato la Meyer. “C’è l’amore di una comunità e delle persone che vi appartengono. Ho chiesto a me stessa: cosa può succedere se ci si innamora di qualcuno e questo ci trasforma in un traditore nei confronti della propria gente? L’amore fa fare cose che non si farebbero altrimenti, crea conflitti e disordine”.

Nel momento in cui la storia ha iniziato a prendere forma, ha trovato spazio nello stesso deserto che stava attraversando. “Continuavo a pensare alle cose che diamo per scontate, quelle che possiamo vedere, al modo in cui possiamo girar loro intorno, assaporarle e sentirle”.

Il regista del film, Andrew Niccol ha notato che il genere science fiction riesce ad arrivare efficacemente al pubblico in maniera meno diretta e invasiva. “È spesso semplice dire qualcosa riguardo il presente facendo riferimento al futuro, è una sorta di Cavallo di Troia: il pubblico pensa che siccome è riferito al futuro quello a cui sta assistendo non ha nulla a che vedere con sé e in quel momento è possibile spingerlo verso una profonda riflessione”.