Per la Toei Animation, storica casa di produzione giapponese specializzata in animazione, Space Pirate Captain Harlock è stato un progetto monumentale per ridare vita e vigore a un personaggio leggendario lanciato proprio a opera della stessa nel 1978. Il nome Toei e quello di Leiji Matsumoto da quasi quarant'anni vanno a braccetto e ci hanno regalato opere fondamentali come Galaxy Express 999 e Star Blazers (Corrazzata Spaziale Yamato) o lo stesso Harlock, in tutte le sue iterazioni, definendo alcuni dei canoni fondamentali della fantascienza spaziale nel mondo degli anime. Questo lungometraggio, destinato in primo luogo al grande schermo su scala internazionale, ha sfruttato risorse mai prima messe a disposizione di un film in animazione digitale di matrice nipponica.

Un budget attorno ai 30 milioni di dollari è stato messo a disposizione al valido regista Shinji Aramaki, con alle spalle una splendida prestazione su Appleseed, in grado, almeno in teoria, sia di consolidare in modo ottimale la sceneggiatura del film sia di perfezionarne il mecha design, vista la sua esperienza in questo campo che si estende per decine di opere a cominciare da The Transformers a Full Metal Alchemist fino ad arrivare a Halo Legends. Un famoso scrittore, almeno nel paese del Sol Levante, ai testi come Harutoshi Fukui, autore del romanzo Gundam Unicorn, aiutato dal collega Kiyoto Takeuchi e sotto la stretta supervisione dello stesso Matsumoto avrebbero dovuto completare la mano di carte vincenti dell'opera decretandone un successo senza pari. Purtroppo come speso accade non sempre la teoria viene tradotta perfettamente in pratica.

Lo spettatore viene subito aggredito dal punto di vista visivo e stilistico da dettagliatisime ambientazioni digitali, magari ancora non perfette e ancora reminescenti di alcuni dei difetti inerenti al primo Final Fantasy, ma in grado di strappare anche ai più scettici almeno un sorriso di ammirazione. Abbiamo di fronte una Space Opera con colori e sapori che vanno dalla frontiera americana, alla Firefly, fino allo Steampunk o al Gothic punk più estremo con particolari di luce e texture che si spingono fino ai pori della pelle dei personaggi. Se ancora non sono proprio perfetti i panneggi o i movimenti dei capelli, il film è comunque ineccepibile nel dimostrare i passi da gigante svolti negli ultimi anni dall'animazione digitale. Buona anche la caretterizzazione a livello di espressione e soprattutto linguaggio corporeo del protagonista, in grado di coniugare l'idea allampanata e le movenze del vecchio Harlock con questa incarnazione decisamente più cupa e adulta. Nello stesso momento in cui però lo spettatore comincia a bearsi di tanta magnificenza visiva avvertirà sicuramente i primi sintomi di ribellione da parte di tutto il resto dell'apparato cognitivo.

Non solo regia e sceneggiatura non sono all'altezza ma spingono in modo pesante nella direzione opposta rispetto agli effetti speciali della pellicola. Non può essere nemmeno portata come scusante la cripticità e la complessità di alcuni modi espressivi nipponici perché qui abbiamo molta confusione e pessima legatura di scene tratte da una pessima sceneggiatura. Nessuno avrebbe preteso la fedeltà alla trama della prima serie del pirata spaziale, molti si aspettavano un reboot o una revisione di Harlock, personaggio in passato già rimaneggiato dallo stesso Matsumoto più e più volte, ma il limite al fenomeno viene abbondantemente superato tentando di rendere leggenda una figura che finisce per avere sfumature da farsa.

Siamo nel 2977, unico punto in comune con l'opera originale, e il nostro pirata si aggira per la galassia seguito dalla sua ciurma ignara di gran parte dei suoi piani per minare i Nodi del Tempo e rettificare un errore da lui stesso compiuto un secolo addietro. L'errore è stato devastare il pianeta Terra e il modo di raddrizzare la cosa scelto da Harlock è resettare l'Universo e farlo ripartire da capo con un nuovo Big Bang. Il pirata nato dalla penna di Matsumoto come simbolo di libertà decide di vanificare proprio la libertà di ogni creatura esistente, umana e non, perché deve espiare a un errore di giudizio derivato da una sua decisione irruenta del passato. Sbaglio a lanciare un petardo e faccio male a chi non dovrei ma riesco subito a risolvere la situazione lanciando di nuovo, nello stesso luogo, una testata termonucleare, sicuramente dopo il secondo intervento non rimarrà nessuno a lamentarsi. Siamo solo alle premesse di un film che a ogni svolta continua a stupire per buchi nella sceneggiatura conditi con frasi a effetto sparate nel vuoto e spiegoni praticamente incomprensibili. I personaggi si muovono e agiscono in preda a deliri schizofrenici e anche la stupenda tecnologia funziona con regole che potrebbero sembrare stiracchiate a Gandalf il Grigio. La Dark Matter, un singolare quanto instabile e pericoloso elemento cosmico, regna su ogni cosa e permette ogni cosa come una vera e propria emanazione magica a livello universale risolvendo qualsiasi nodo della trama, troppo ingarbugliato dagli sceneggiatori per essere slegato in modo razionale. Scene d'azione si susseguono a scene d'azione scorrelate l'una dall'altra in cui abbiamo personaggi che si muovono senza logica, cambiando opinione o fazione dalle tre alle quattro volte in media ognuno. I regolari cattivi, devono sempre esserci chiaramente in un film di questo tipo, scompaiono dietro alla disastrosità dei cosidetti buoni molto simili a quello che potrebbero essere dei terroristi pazzi con manie di grandezza, rimanendo in secondo piano e tentando timidamente di far saltare un paio di volte il nostro sistema solare con le armi per la fine del mondo, quasi li stesse consigliando il Dottor Stranamore.

Pessimo film quindi che solo la grafica stupenda salva da un giudizio completamente irrecuperabile. Cinque stelle però alla capacità della pellicola di uccidere negli adulti il sogno d'infanzia del vecchio Capitan Harlock.