Ci sono casi in cui il nome è tutto un programma, in altri invece non significa esattamente quello che letteralmente è. È questo il caso di Murderbot, la nuova serie TV di fantascienza in onda su Apple Tv+ e tratta dai romanzi brevi della pluripremiata scrittrice americana Martha Wells. La traduzione letterale del titolo è Robot assassino, ma nella realtà dei fatti il protagonista non è esattamente quello che promette il nome. Certo, è un robot, ed è in grado di uccidere, ma diciamo che non è, tanto per fare un paragone con un capolavoro della fantascienza militare, come i Berserker, le macchine assassine, quelle sì, ideate dallo scrittore statunitense Fred Saberhagen e protagonisti di una serie di romanzi e racconti.
Basata sui romanzi bestseller di Martha Wells, vincitori dei premi Hugo e Nebula, Murderbot è una serie a metà tra la fantascienza e la commedia. Il protagonista è un androide di sorveglianza che è riuscito ad hackerare il proprio modulo di controllo e che ha orrore delle emozioni umane, ma è attratto dai suoi “clienti” vulnerabili. Murderbot deve tenere nascosto il proprio libero arbitrio e portare a termine un incarico pericoloso quando tutto ciò che vuole veramente è essere lasciato solo a guardare serie TV futuristiche e a capire qual è il suo posto nell’universo.

L’attore che interpreta questo singolare personaggio è Alexander Skarsgård, anche perché Murderbot è per metà una macchina metallica scintillante e per l’altra metà organico. Creata da Chris e Paul Weitz, che hanno adattato la serie dalla serie di libri della Wells, denominati The Murderbot Diaries e da noi con il titolo Murderbot. I diari della macchina assassina (Mondadori), la serie TV ha un cast formato anche da Noma Dumezweni, David Dastmalchian, Sabrina Wu, Akshay Khanna, Tattiawna Jones e Tamara Podemski.
Nella prima stagione, Murderbot ha hackerato con successo la propria programmazione ed è diventata libera di pensare, ma decide di non rivelare a nessuno questo suo nuovo statu e, di conseguenza, cerca di attenersi a tutti i protocolli e i programmi di cui è stato dotato. Non sa esattamente cosa fare con il suo nuovo modo di pensare e, quindi, prende tempo, guardando tutte le serie TV a cui ora ha accesso. Deve mascherare, tuttavia, anche tutta la propria avversione per gli esseri umani che deve difendere. I suoi nuovi clienti sono degli scienziati, ma sono anche allo stesso tempo una sorta di hippie, vivono in comune e con relazioni fra di loro che definire complicate è eufemistico.
“Sono persone davvero buone, ben intenzionate e piuttosto coraggiose quando si trovano con le spalle al muro. Hanno accesso a molta saggezza”, ha detto Chris Weitz in un’intervista a Vanity Fair. “Ma sono fuori dal loro elemento e si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato”. Nei loro confronti, Murderbot sviluppa gradualmente un senso di responsabilità che fatica a comprendere. “È davvero divertente ammirare le stranezze e i difetti di queste persone", ha continuato Weitz. “E poiché non sono tagliati per questo, Murderbot sente di dover impedire loro di morire. Non è necessariamente perché all'inizio gli importi di loro. Ha questa caratteristica di essere bravo nel suo lavoro nonostante tutto. Non ha molta voglia di farlo, ma è bravissimo”.
A sua volta, Murderbot non è del tutto sicuro di essere in grado di avere interazioni significative ed emotive con le persone e non sa gestire i rapporti con questi suoi nuovi clienti.

“Non capisce proprio niente degli umani” ha affermato Alexander Skarsgård nell’intervista a Vanity Fair. “Non è un odio profondo, è solo una curiosità pari a zero. È confuso dagli umani e vuole allontanarsene”.
Chris Weitz, sempre nell’intervista al famoso settimanale, paragona Murderbot a un adolescente. Il robot pensa di fare grandi cose, ma invece passa il tempo a guardare in streaming le serie TV di fantascienza più banali che si possano immaginare, mentre svolge senza entusiasmo i suoi compiti di sicurezza. “È anche un po' una storia di formazione”, ha detto. “È l'equivalente – ha aggiunto il produttore – di voler solo guardare il telefono e non avere a che fare con la gente”.
L’umorismo è il sentimento centrale delle storie della Wells. “Il mio senso dell'umorismo può essere molto amaro, e in un certo senso mi stavo orientando verso quello per Murderbot. Mi sembrava perfetto per il personaggio e per il modo in cui Murderbot elabora le emozioni", ha dichiarato la scrittrice a New Scientist lo scorso anno. Il personaggio è stato elogiato come metafora per le persone nello spettro autistico, molte delle quali hanno anche difficoltà a percepire e reagire alle emozioni. La stessa Wells afferma che la serie ha portato a delle rivelazioni su se stessa. “Non mi ero resa conto di quanto fossi non neurotipica finché non ho iniziato a scrivere Murderbot”, ha detto l’autrice dei romanzi. “Pensavo che questo spiegasse molto della mia vita, in realtà”.
Ciò che la scrittrice americana afferma è rappresentato anche dalla fissazione che Murderbot ha per una serie TV di fantascienza in stile telenovelas, chiamata The Rise and Fall of Sanctuary Moon, di cui il cyborg si serve per trovare spunti su come comportarsi in situazioni emotive.
Allarme rosso (All Systems Red), il primo romanzo della serie, ha vinto il premio Nebula 2017, l’Hugo 2018 e l’American Library Association’s Alex Award. Gli altri tre romanzi brevi si sono aggiudicati la candidatura al premio Hugo, il più importante della fantascienza americana, tanto da far decidere all’autrice di accettare solo quella per il secondo titolo, Condizione Artificiale (Artificial Condition), che, ovviamente, ha vinto. Gli altri due titoli della saga sono Protocollo ribelle (Rogue Protocol) e Strategia d’uscita (Exit Strategy). Anche l’ultimo romanzo Network Effect ha vinto il premio Nebula in America.

Diciamolo chiaramente, siamo lontano anni luce dalla fantacienza militare classica, quella nata dalla grande proliferazione della space opera e che era essenzialmente di due tipologie, a seconda dell’ideologia che ispirava lo scrittore: militarista e antimilitarista. Fanteria dello spazio (1959) di Robert Heinlein è il più famoso romanzo militarista, in cui l’eroe, l’amore per la patria, il machismo più puro e la forza vengono esaltati a più non posso (e pensare che originariamente in America era uscito come romanzo per ragazzi). E poi c’è stato Guerra eterna (1974) di Joe Haldeman, l’esatto opposto del romanzo di Heinlein, un atto d’accusa contro gli orrori della guerra. Non a caso l’autore era un reduce della guerra del Vietnam.
Qui siamo più dalle parti di American Pie, guarda caso un film diretto da Paul Weitz e Chris Weitz. E forse i conti ora tornano.
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