Il solarpunk è un modo per immaginare un futuro migliore, basato su tecnologie sostenibili e stili di vita cooperativi (piuttosto che competitivi). È punk perché la narrativa tradizionale ci vede diretti verso il disastro, la distopia; i solarpunk si rifiutano di accettare che sia l’unico futuro possibile.

Sarena Ulibarri1

Negli ultimi anni abbiamo assistito all’esplosione della narrativa distopica, che nata da una costola nobile dellascience fiction – Orwell, Zamjatin, Huxley – si è nel tempo trasformata in un genere a sé, con la propria estetica e il proprio pubblico. Da speculazione e monito contro le distorsioni della nostra civiltà, con il passaggio di testimone generazionale e la sua “istituzionalizzazione”, la distopia (o anti-utopia) è divenuta un genere autoreferenziale e consolatorio, che spesso si esaurisce nella semplice forma editoriale dell’avventura young adult.

Se esistesse una mappa cartesiana della science-fiction, il movimento solarpunk si troverebbe probabilmente all’estremo opposto del distopico. Leggiamo in A Solarpunk Manifesto, il cui testo è reperibile nel web, che la letteratura solarpunk è un tentativo di rispondere alla domanda “che aspetto ha una civiltà sostenibile e come possiamo arrivarci?”:

Il solarpunk può essere utopico, ottimista o interessato alla lotta per un mondo migliore, mai distopico. Il nostro mondo arrostisce a fuoco lento, abbiamo bisogno di soluzioni, non solo di avvertimenti. Il solarpunk è allo stesso tempo una visione del futuro, una provocazione ponderata, un modo di vivere e una serie di proposte realizzabili per arrivarci; è una visione di futuro che incarna il meglio di ciò che l’umanità può raggiungere: un mondo post-scarsità, post-gerarchia, post-capitalismo in cui l’umanità vede se stessa come parte della natura e l’energia pulita sostituisce i combustibili fossili.

Il solarpunk riconosce che la fantascienza non è solo letteratura d’intrattenimento, ma anche una forma di attivismo. Immagina un ambiente costruito adattato in modo creativo all’energia solare, tra le altre cose, utilizzando tecnologie diverse. L’obiettivo è promuovere l’autosufficienza e vivere entro limiti naturali.

Più di ogni altro movimento che si è sviluppato per partenogenesi dalla science fiction, tuttavia, questo nuovo –punk manca di una definizione univoca, universalmente accettata; secondo me è perché a differenza di cyber- e steam-,per limitarci a movimenti comparabili, al solar- manca ancora un autore di riferimento, un’opera di successo che faccia da apripista presso il grande pubblico. Ci sono, certo, New York 21402 e Pacific Edge3 di Kim Stanley Robinson, e magari anche Walkaway4 di Cory Doctorow (gli ultimi due non tradotti in Italia), ma manca quel coup de théatre che fu per il cyberpunk il film Blade Runner.

Un’opinabile lista di sedici migliori libri solarpunk compilata dal sito “The Best Sci Fi Books” (già l’abbreviazione sci-fi mi provoca una fastidiosa dermatite) comprende titoli di autori cooptati in retrospettiva, come Poul Anderson, Clifford Simak e persino Aldous Huxley. Cito questo elenco solo come comodo elemento di partenza, e perché evidenzia un fatto sul quale sarà bene riflettere: la lista comprende infatti sette autori e sei autrici, e inoltre tre curatori di antologie su quattro sono donne.5 Già da questo particolare si comprende come il solarpunk possieda diverse caratteristiche della nuova fantascienza, finalmente affrancata dal peccato originale della pesante ipoteca Wasp,6 che dopo aver resistito con tenacia fino all’ultimo quarto del secolo scorso, oggi si avvia a una demolizione totale.7

Un aspetto del movimento solarpunk ancora poco studiato è la sua componente femminista. Indipendentemente dal rapporto tra autori e autrici nella lista Best Sci-Fi, voglio sottolineare quella particolare vena, che si trova di diritto all’interno del sottogenere, che è la feminist bike science fiction. La giovane scrittrice americana Elly Blue ha compilato alcune antologie di “racconti femministi di biciclette e fantascienza”. I titoli sono significativi: Dragon Bike: fantastical stories of bicycling, feminism & dragons; Bikes not Rockets: intersectional feminist bicycle science fiction stories;Bikes in Space: feminist bicycle science fiction e infine (per ora) Biketopia: feminist bicycle science fiction stories in extreme futures. Nella quarta di copertina di quest’ultimo si può leggere:

In un mondo dal futuro incerto, preferite immaginare lo scenario migliore o il peggiore? Dodici scrittori affrontano utopie estreme solarpunk e distopie apocalittiche o politiche – e le sfumature grigie nel mezzo – in Biketopia, il quarto volume della serie di storie di fantascienza femminista sul ciclismo Bikes in Space. C’è chi trova l’amore e incontra una feroce resistenza alla fine del tempo; altri immaginano un futuro ecologico di tecnologia del risparmio, con visioni solarpunk eco-utopistiche, talvolta accoppiate con un opprimente controllo sociale.

Pat Riley, che nel suo profilo si definisce “designer per un futuro decentralizzato”, individua differenze tra l’estetica cyberpunk, madre di tutti i movimenti –punk degli ultimi quarant’anni, e quella solarpunk.8

Diverte il dettaglio dell’ultima, pittoresca differenza, giocata su uno degli aspetti più caratteristici del cyberpunk, almeno a partire dal film di Ridley Scott in poi: sembra un dettaglio secondario, eppure il clima atmosferico ha notevole influenza sull’ambientazione, e l’etichetta solar già sottolinea questa difformità estetica.

Non abbiamo nulla da rimproverarci per il nostro passato cyberpunk, ma dobbiamo ammettere che è un genere generalmente incline al pessimismo. Pur superando l’intero dibattito sugli effetti della rivoluzione hi-tech per una tecnologia futuribile senza giudizi morali, o moraleggianti, è innegabile che l’impronta più duratura del movimento si sia stampata su un apparato iconografico decadente e potenzialmente distopico.

Chiedo scusa se a questo punto cito me stesso:

Prima degli anni Ottanta era pressoché impossibile evitare un giudizio morale, implicito o esplicito, entusiasta o critico, verso le scienze applicate, verso la tecnologia. Per oltre mezzo secolo la fantascienza ha inseguito la scienza, cercando di anticiparla, finché ha preso la rincorsa e l’ha superata. William Gibson e i suoi hanno insegnato ai lettori che mettere in guardia dai pericoli dell’evoluzione scientifica (lo “shock del futuro” di Alvin Toffler) ha senso soltanto se la letteratura acquisisce come un dato di fatto la definitiva onnipresenza della tecnologia, la sua pervasività nella società.

Con il cyberpunk, la letteratura ha quindi raggiunto il futuro.9

La stessa natura solarpunk è invece improntata all’ottimismo: già nel nostro presente esistono le tecnologie potenziali, la volontà teorica e la necessità storica di costruire un futuro differente. È evidente che l’ago della bussola si sposta dalla distopia verso il polo dell’utopia.

Occorre anche dire che nella traduzione dall’inglese all’italiano, solar acquista una sfumatura di significato diversa. “Solare” nella nostra lingua è anche sinonimo di positivo, ottimista, mentre in inglese si usa sunny. Ecco che la parola solarpunk acquisisce un sottinteso ottimista; ciò che per gli autori anglosassoni deriva dal contenuto, per noi è implicito nell’etichetta – ma non per i lettori di altre lingue neolatine, che utilizzano vocaboli diversi (brillante, enjoué, con la possibile parziale eccezione dello spagnolo soleada). Così è più naturale per l’autore italiano accostarsi al genere con un punto di vista ottimista.

Condivido questa riflessione di Sarena Ulibarri, scrittrice statunitense tra le più lucide osservatrici del movimento:

Molti tópoi e elementi solarpunk sono ancora in fase di negoziazione, sia tra gli scrittori che tra gli artisti che producono opere solarpunk e i blogger e i critici che ne discutono. Deve occuparsi esplicitamente della tecnologia energetica? Deve essere anticapitalista o post-capitalista? Deve essere utopico? Deve anche essere fantascienza?10

Acquisito il punto fermo di uno sguardo ottimista sul futuro, di un progresso sostenibile, rimangono due temi che evidentemente per gli autori italiani non sono così scontati.

Primo: l’atteggiamento verso questa utopia di sostenibilità non è univoco. Gli autori presenti in questa raccolta non adottano in modo acritico la visione di un futuro caratterizzato da energia a buon mercato e antropizzazione sostenibile; questo mi ha in parte stupito, ma ritengo legittimo un approccio scettico alla certezza che una civiltà a impatto ambientale prossimo allo zero sia automaticamente un luogo di democrazia, il fine verso il quale tende una concezione teleologica della storia umana.

Secondo: il carattere politico post-capitalista di solito esplicitato in tutti i manifesti e le visioni critiche del solarpunk non è così caratterizzato nelle storie degli autori italiani. Di questo ero consapevole, perché già al momento dell’invito alcuni tra i presenti mi hanno precisato di non ritenere attuali i riferimenti a un anti-capitalismo di maniera. Non è soltanto questo il motivo per cui i racconti che seguono contengono varie sfumature di contenuto ideologico nell’approccio del solarpunk; anzi, in riferimento alla questione della sostenibilità, per esempio, potrete verificare un approccio “bi-partisan” che rivela forse una punta di scetticismo in autori per me al di sopra di ogni sospetto.

Malgrado un ritardo dovuto al dominio del distopico, per ora incontrastato, anche il nostro paese sembra oggi ricettivo verso il solarpunk. Mi auguro quindi che questa antologia sia solo il punto di partenza per un’evoluzione della fantascienza in direzione dell’ottimismo, come è stato per lungo tempo quando la fiducia nel progresso ancora non era contaminata dalla catastrofe della scienza messa al servizio del genocidio.

Riassumendo, le caratteristiche di un’ipotetica via italiana al solarpunk dovrebbero essere: visione prevalentemente ottimistica del futuro, ambientazione in un mondo basata su tecnologie rinnovabili, antropizzazione sostenibile, riscoperta della cooperazione tra individui e della collaborazione tra entità sociali, informazione al servizio dell’emancipazione e della libertà, infine last but not least… il tempo atmosferico, degno di un’eterna Vermilion Sands, o di un lungo meriggio mediterraneo per il nostro pianeta, se preferite.

Note

1. Intervista a Sarena Ulibarri, in Mamut. Genealogía de la ciencia-ficción y lo fantástico en las artes, n. 6: Eco-Logos, 2018

2. Kim Stanley Robinson, New York 2140 (New York 2140, 2017), traduzione di Annarita Guarnieri, Fanucci 2017

3. Kim Stanley Robinson, Pacific Edge, Orb 1995

4. Cory Doctorow, Walkaway, Tor Books 2017

5. Il link per la lista di “The Best Sci Fi Book” si trova in appendice a questa presentazione.

6. Dovrebbe ormai essere comprensibile a tutti i lettori; a ogni modo: l’acronimo sta per White, Anglo-Saxon, Protestant; cito da Wikipedia: «indica un cittadino statunitense discendente dei colonizzatori originari inglesi, non appartenente quindi a nessuna delle tradizionali minoranze».

7. Ricordo la contestazione della scrittrice anglo-cinese Jeannette Ng contro John W. Campbell, uno dei grandi vecchi della science fiction, «responsabile di aver dato alla fantascienza un accento che la perseguita ancora oggi. Sterile. Maschile. Bianco. Che esalta le ambizioni degli imperialisti e dei colonizzatori, dei latifondisti e degli industriali.» Dopo il sostegno di altri autori, come John Scalzi e Cory Doctorow, la casa editrice ha cambiato il nome del premio a lui intitolato da Campbell Award a Astounding Award.

8. https://medium.com/\@riley/why-solarpunk-not-cyberpunk-is-the-future-we-need-right-now-10497a3d915c

9. Giulia Abbate, Franco Ricciardiello, Manuale di scrittura di fantascienza, Odoya, Bologna 2019

10. AA.VV, Glass and Gardens: solarpunk summers, a cura di Sarena Ulibarri, World Weaver Press 2018

Bibliografia di riferimento

AA.VV., Solarpunk, Histórias ecológicas e fantásticas un um mundo sustentável, a cura di Gerson Lodi–Ribeiro (2012): la prima antologia mondiale del Solarpunk, autori brasiliani; esiste anche la versione in inglese

AA.VV., Wings of renewal. A solarpunk dragon anthology, a cura di Claudie Arseneault e Brenda J. Pierson, CreateSpace Independent publ, 2017

AA.VV., Sunvault, a cura di Phoebe Wagner e Brontë Christopher Wieland, Upper Rubber Boot Books, 2017

AA.VV., Glass and Gardens. Solarpunk Summers, a cura di Sarena Ulibarri, World Weaver Press, 2018

AA.VV., Solarpunk. Come ho imparato a amare il futuro, Future Fiction 2019

AA.VV., Glass and Gardens. Solarpunk Winters, a cura di Sarena Ulibarri, World Weaver Press, 2020

Sitografia di riferimento

A Solarpunk Manifesto: http://www.re-des.org/a-solarpunk-manifesto/

Solarpunks: https://solarpunks.net/

Optopia, a solarpunk fanzine https://optopia-zine.tumblr.com/

Una lista in lingua inglese di sedici migliori opere solarpunk su The best Sci-Fi books https://best-sci-fi-books.com/16-best-solarpunk-books/

Il sito e il blog di Sarena Ulibarri http://www.sarenaulibarri.com/