- Non so un cazzo, e questo è tutto. Lei scosse la testa. - Va bene, comincio a parlare io, allora... Dietro a questa migrazione di massa sembra esserci un culto di qualche tipo, religioso solo in parte. Secondo la tradizione, i pellegrini devono attraversare quattro Porte per ottenere il Perdono...

- Conosco la leggenda. - biascicò Milton - Il Giubileo, la Processione, il bianco Woytilhike...

Lei lo zittì con un'occhiataccia. Poi si guardò in giro con ansia, accertandosi che nessuno li stesse ascoltando.

- Ti sarei grato se abbassassi la voce - ringhiò tra i denti - e soprattutto se non pronunciassi certi nomi in codice.

- Perché no? - berciò lui - Il Comando è così semanticamente creativo...

- Mi domando perché diavolo ti hanno scelto per la missione. - sibilò Siri.

- 'fanculo, non chiederlo a me. - ribatté contrariato Milton - Io so soltanto che ventiquattr'ore fa ero tranquillo a bermi una Bud ghiacciata nella mia baita nel Montana, a decine di miglia da ogni altro essere umano, tra nobili alberi fronzuti e diritti come meridiane della terra, laghi di cristallo e picchi svettanti come dita di un gigante. L'aria era tersa e pura, e in cielo volavano aquile calve nella libertà che è propria dei rapaci e degli Stati Uniti. Ora invece sono compresso da una folla sudata, il mio spazio vitale è ridotto al minimo, sono costretto a respirare quest'aria stantia e fumosa, e devo sopportare la vista di questi indigeni scuri, storpi, con gli occhi lacrimosi per l'acredine della loro atmosfera marcia, i sorrisi cariati, i capelli bisunti pieni di pidocchi, la pelle ruvida e piena di vesciche prodotte dai morsi degli acaridi.

Lei batté le palpebre. - Storpi? Pidocchi? Acaridi? Io non vedo niente del genere.

- Non ha importanza: siamo tra razze inferiori, devono esserci per forza.

Siri scosse la testa. - Ho capito, lasciamo perdere.

Non scambiarono più una parola per ore. Milton tentò di dormire, ma gli incubi si facevano vivi non appena egli chiudeva gli occhi. Mentre il pullman divorava metodico la strada, si dedicò a osservare meglio i pellegrini che affollavano le file dei sedili. Qualcuno era indigeno, i più erano stranieri. Riconobbe il loro sguardo: vivevano nella lenta frangia di tempo di chi viaggia lontano dalla propria terra.

Un paio erano evidentemente americani, e Milton si chiese, non per la prima volta, in che modo la misteriosa Sindrome del Giubileo riuscisse a colpire anche menti superiori e sofisticate come quelle dei suoi compatrioti. Il Comando, rifletté, aveva ragione a voler investigare.

Il pullman rallentò, poi si fermò del tutto. Milton si sporse dal finestrino. Il manto stradale era completamente scomparso, sommerso da un serpente di lamiera unica e clacson urlanti come bambini scannati e immersi vivi nell'acido muriatico... No, è più corretto dire "nell'acido solforico": il figlio dei vicini urlava in tono molto più acuto di un clacson, quando l'ho immerso nell'acido muriatico... Per fortuna ho le pareti insonorizzate: è dura fare lo scrittore.

- La prima stazione del Cammino Espiatorio del pellegrino. - commentò distrattamente Siri - La Sacra Fila al Casello.

Milton avrebbe voluto annuire, ma decise di non darle questa soddisfazione. Restò imperterrito a fissare il torpido dipanarsi delle vetture in coda. Imprigionati tra le spire del serpente di metallo, vide uomini e donne al volante, chi intento a leggere, chi ad ascoltare la radio, chi a parlare al telefono cellulare, e gli parvero anime perdute che nascondessero la propria disperazione dietro un paravento di vuota rassegnazione mistico/tecnologica. Obliante. Come una lirica di John Donne. Sottilmente iconoclasta. Gustavo Dorè. Goya. Quanto mi piacciono queste divagazioni estetiche...

Milton perse il conto delle ore, ma alla fine anche il loro pullman superò il casello, uscì dall'autostrada e imboccò il raccordo anulare. Parcheggiarono in uno spiazzale polveroso, a fianco di una teoria interminabile di pullman simili al loro. Scesero con difficoltà, sgomitando per farsi largo. Milton represse a fatica l'impulso di estrarre la pistola automatica e decimare la folla: la massa convulsa, pellegrini indigeni e stranieri, esercitava una pressione insopportabile, era un fluido promiscuo e puteolente senza altra volontà che quella di occupare il massimo spazio disponibile.

- E ora? - chiese alla compagna.

Siri consultò le istruzioni di missione. - Dobbiamo raggiungere la basilica.

- Chiamo un taxi?

Lei lo incenerì con lo sguardo. - Siamo due comuni pellegrini, ricordalo. Dobbiamo comportarci come gli altri.

- E allora?

- Mezzi pubblici, o a piedi.

Milton avvistò una fermata d'autobus. Dentro il gabbiotto, un tizio smilzo vestito di azzurro e con in testa un cappello con la scritta ATAC leggeva placidamente un quotidiano sportivo. Una barbetta sottile lungo la mascella accentuava l'asprezza dei suoi lineamenti come sangue sulla lama di un coltello.

- Scusi, quando partirà il prossimo autobus per la basilica? - gli chiese Milton.

Il tizio lo ignorò platealmente. Milton ripeté la domanda a voce più alta. Il tizio sospirò di sofferenza e rispose senza levare gli occhi dal giornale.

- Ahò, là ce sta er tabbellone. - disse sgarbatamente - Vatte a vede' ll'orario sur tabbellone.

Milton se lo figurò scorticato e appeso a testa in giù come una rana in un laboratorio di biologia. Aveva già la mano sull'impugnatura dello sventratore automatico quando Siri lo fermò.

- Calmati. Anche questo fa parte dell'Espiazione del pellegrino.

- Comincia a essere un po' troppo per me. - ringhiò lui.

- Resisti. E' necessario per capire.

Milton rimise a posto lo sventratore. - Cosa facciamo, allora?

Siri indicò gli edifici all'orizzonte. - Raggiungiamo il centro a piedi.

Si misero in cammino. Presto il caldo si fece belluino. Le rade nuvole butteravano il cielo e sembravano pustole piene di pus sul dorso di un vaioloso; le case di periferia erano disgustosamente ammassate l'una all'altra come iene sbavanti sulla carcassa semispolpata di un mastodonte morto. I pellegrini camminavano sotto il sole impietoso. Alcuni si erano tolti la maglietta e l'avevano avvolta intorno alla testa. Altri intonavano cori poco convinti e si leccavano le labbra incartapecorite dalla sete. Era un quadro che sembrava uscito dai pennelli insani di Salvator Dalì e dai colori perversi di Hyeronimus Bosch. Questo per dirvi come sono colto.

- Dobbiamo familiarizzare coi pellegrini. - considerò Siri - Chiedere cosa li ha spinti. E' il succo della missione.