gli aneddoti di Vittorio Curtoni

Da piccolo sognava di vivere di fantascienza. Purtroppo il suo sogno si è avverato.

Memories of green

Ovvero: Appunti disordinati per la Fancon 2000

Non sappiamo se Delos sia entrato nella storia della fantascienza italiana, ma sicuramente la storia della fantascienza italiana è entrata in Delos. Vittorio Curtoni, già direttore delle mitiche riviste Robot e Aliens - e comunque un bel po' mitico già di suo - ha accettato di portare sulle nostre pagine una collezione di gustosi aneddoti del fandom e dell'editoria italiana. Ah, per sua volontà, il sottotitolo di questa rubrica è "i farneticanti ricordi del vecchio vic". Almeno sapete cosa aspettarvi...

Monica Tessarin col marito e Maurizio M. Munafò detto emmekiub La domenica 30 aprile, non appena il sole si affaccia su un paesaggio miracolosamente non più battuto dalla pioggia, Morgan Llywelyn dà una nuova, possente prova della sua rude tempra irlandese: si presenta alla guida alpina che deve accompagnarla in un'escursione sul Monte Bianco vestita di abitino scollato e golf leggerissimo! La guida resta di sasso. Lo stesso accade a Gianfranco Viviani, che però è gentiluomo dalle mille e una risorse e provvede immediatamente a dotare Morgan di giubbotto imbottito. "Ma sei matta?" le dice. "Lo sai che dove andrai ci saranno quindici gradi sotto zero?" A mia modesta opinione, si tratta di una tragica conseguenza dei discorsi di Quaglia del venerdi' sera, ma tengo l'idea per me.

Ovviamente, io non sono testimone dell'episodio, perché mi alzo molto più tardi & scendo a fare colazione con l'occhio appannato. Tre caffè in fila iniziano il lento processo di snebbiamento del cervello. L'incoscienza di Morgan mi viene riferita da Viviani, che proprio non se l'aspettava.

Nuovi ospiti si presentano per quella che è l'ultima giornata a tempo pieno della convention. Da Torino arrivano il Maurizio Munafò, che non è svanito in un buco nero come tanti temevano dopo la sua sparizione dalla mailing list, e il Traduttore Mascherato, detto anche Riccardo Valla, con i capelli diritti sulla testa per via della guida smoderatamente sportiva del Riccardo Masera, uno al quale la patente sarà stata ritirata una cinquantina di volte ma ormai se la produce da sé in casa col suo potente computer. Riccardo comincia a estrarre dalla sua borsa di Eta Beta pubblicazioni arcane che solo lui sa e a distribuirle ai fedeli della sua personale chiesa (della quale io sono catholicos, carica un filino superiore a quella del papa). Da Bergamo si scaraventa Paolo Aresi, il quale porge una notizia di non lieve momento: in luglio, la sua città ospiterà niente popò di meno che Ray Bradbury, col quale abbiamo chiacchierato in videoconferenza l'anno scorso e che ha accettato l'invito dei suoi fan italiani. Visto che nello stesso mese Quaglia riporterà in tournée l'altrettanto mitico Bob Sheckley, i nostri cervelli si mettono a macinare ipotesi per organizzare un incontro a livelli semplicemente incredibili...

Un momento della conferenza di Fanucci, intervistato da Morgan Llllywelyn Sergio Fanucci e Sandro Pergameno sono ancora annunciati in cartellone per la mattinata, ma di loro non c'è traccia. Il tentativo di organizzare una seduta spiritico/telepatica per evocare le loro arcane presenze fallisce. Il tavolo a tre gambe non si muove, non batte colpi. Anche la metapsichica si arrende.

Riprende il convegno sul libro elettronico, e finalmente Viviani, giulivo come una pasqua, può presentare il suo terribile documentario sul programma di traduzione automatica. La sceneggiatura è un po' statica: c'è un tizio che parla prima con l'America, poi con la Germania, per prenotare voli e alberghi dall'Italia. Il suo idioma viene tradotto all'istante (o quasi; c'è un breve intervallo) nella lingua del caso, con discreta proprietà, a parte qualche svarione e alcuni fraintendimenti. Il film non mi appassiona più di tanto perché dopo pochi minuti ho già capito che l'assassino è il giardiniere dell'americano, ma al di là di questo... Okay, un programma del genere potrà servire per trattative di quel tipo, ma lo voglio vedere a tradurre un romanzo, un racconto, una sceneggiatura, insomma un qualunque contesto all'interno del quale regnino l'ambiguità, le allusioni, le miriadi di riferimenti, i vezzi stilistici dell'autore, eccetera. A essere sincero, non mi preoccupa più di tanto, e con buona pace di Gianfranco penso che io farò in tempo ad andare in pensione prima di essere sostituito nel mio lavoro da un computer. La mia onesta opinione è che per tradurre (bene, o almeno decentemente) un libro occorra tutta quella serie di esperienze e conoscenze delle quali un cervello umano si dota, con non scarsa fatica, nel corso di tanti anni. Se davvero si riuscirà a produrre l'intelligenza artificiale della quale si sente sempre parlare, be', sì, in quel caso forse si potrà fare; ma per adesso non temo concorrenza. Nella speranza che questa mia convinzione non rientri nel novero delle ultime parole famose...

Uno dei dieci punti per diventare editori elettronici consiste in un balletto stile Staying alive Dopo il documentario, altra lezione con supporti video: il nostro prode direttore Silvio Sosio, di lato rispetto allo schermo sul quale scorrono le immagini da lui stesso preparate, spiega in dieci punti come si fa a diventare editori di libri elettronici. Tutto quanto l'ambaradan, dall'A alla Z. Anche perché ogni punto è suddiviso in venti sottopunti, a loro volta suddivisi in quaranta sottosottopunti. E' tutto terribilmente interessante, ma anche mostruosamente complicato per un ignorante di informatica quale io sono, e dopo un tre quarti d'ora mi sorge l'atroce dubbio: ma io voglio diventare editore di libri elettronici? NO! mi urlano le sinapsi in coro. Sicché, quatto quatto, scivolo fuori dal salone e passo il resto del tempo della lunghissima relazione di Silvio a fumare e chiacchierare con altri profughi che non hanno la minima intenzione di farsi i libracci elettronici loro. Il nostro buon direttore mi vorrà perdonare, ma per me era davvero troppo!

Quando Silvio ha concluso, toccherebbe a Ernesto Vegetti, ma ormai è tardissimo, il popolo affamato mugugna, ed Ernesto, con la classe che gli è tipica, concentra la sua smisurata sapienza bibliofila in cinque succosissimi minuti. Il cui senso generale è questo: in un futuro fittamente popolato di libri elettronici sparsi per la Rete e dall'esistenza potenzialmente effimera, come farà il povero catalogatore a tenere conto di tutto? Mah. Se non lo sa lui, catalogo vivente per eccellenza, figuriamoci se lo so io col casino che impera nelle mie librerie cartacee. Tristi tempi s'apparecchiano per i cultori dell'ISBN.

Dopo le mangiate decisamente eccessive dei giorni precedenti, sono un tantino inappetente, per cui organizzo un manipolo di audaci che sdegnano anche il migliore dei ristoranti e scendono invece al bar sotto il centro congressi a farsi di panini, hamburger, e affini. Io parto con un solo sandwich al prosciutto e formaggio, ma è talmente buono che di colpo mi torna l'appetito, e poi devo pur mandare giù la birra, sicché ordino il bis. Un eccellente mangiarino, schivato come la peste dai diabolici Mongini, che chissà perché avevano in schifo i panini di quel bar e sono andati a mangiare quelli di un altro locale. E chi ha mai capito qualcosa del cervello di Vanni? Lui no di certo.

La truppa fantascientifica, ottima e abbondante, si impossessa senza remore della sala. Grandissimo casino caciarone, con intrecci multiformi di racconti, aneddoti, sfottò. Una rilassante goduria. Happiness is a good sandwich with good sf people. O così la vedo io. Ma sì, diciamocelo, viva le convention! Viva i panini in compagnia! E rutto libero, s'intende.

Un approfondito dibattito sulle doti della pizza altoatesina. Partecipano Silvio Sosio, Alessandro Vietti, Franco Clun, Angelo Colombo (detto anche Arturo) con la fidanzata, Roberto Quaglia Nel pomeriggio si scioglie infine il tragico nodo: Fanucci e Pergameno non arriveranno mai. Me lo annuncia Silvio Canavese, tra l'infelice e l'incazzato. Si apprenderà in seguito, tramite messaggio elettronico, che Pergameno è stato trattenuto a Roma da improvvisi impegni di famiglia, mentre Fanucci si è trasferito a Londra (se ben rammento) a incontrare Bruce Sterling e fargli firmare il contratto per la cessione dei diritti del suo ultimo romanzo. Bel colpo! Forse sarebbe stato meglio se Sterling fosse venuto a Courmayeur...

L'angoscia dell'assenza resta, ma per lo meno ora i termini della questione sono chiari, e gli spirti guerrieri si placano. Sarà per la prossima volta, cari Sergio e Sandro.

Quel che non si placa è l'infuriare delle relazioni nel salone principale: un martellante diluvio che inchioda alle comode poltrone imbottite, di quel rosso rivoluzionario tanto amato da Vegetti.

Attacca Paolo Aresi con una dottissima conferenza sul tema "Tracce di vita nel sistema solare". Si spengono le luci, tacciono le voci, e nel buio vedi proiettar una miriade di diapositive high tech con i paesaggi alieni dei pianeti nostri vicini di casa. Sarà la fitta penombra, sarà la sognante musica in sottofondo di Jean-Michel Jarre, sarà la voce tanto suadente, da cantante confidenziale, di Paolo (enfin abbiamo trovato il Fred Bongusto della sf italiota!), ma si notano allarmanti ciondolii di capocce. In parole povere, tracce di sonnolenza indotta nel sistema solare. Viviani e io, tabagisti incalliti in crisi d'astinenza, usciamo cinque minuti per una spipazzata. Per rientrare, ci facciamo firmare la giustificazione da Masali.

Dopo Aresi, tatà!, luci a tutto volume in sala, e nuova apparizione a sorpresa: Franco Forte, sceso in paracadute per una rapidissima incursione all'insegna del martirologio. Infatti, parlandoci del mestiere di editor, Franco traccia l'agghiacciante ritratto del curatore di antologie di sf e/o fantastico perseguitato da autori che vogliono addirittura fargli la pelle se un loro racconto viene rifiutato! Mamma mia. Ai miei tempi non succedeva, ed è ben vero che qualche minaccia di morte l'ho raccolta anch'io in passato, ma per altri motivi. In realtà, quel birichino ha adottato una strategia preventiva delle più astute: dandosi che di antologie originali in Italia non se ne compilano poi molte, dandosi che esistono già quintali di aspiranti antologisti, Franco ha terrorizzato psicologicamente la potenziale concorrenza presente a Courmayeur, invitandola a dedicarsi ad attività molto più salutari e molto meno pericolose come quelle di vigile del fuoco, gangster, pilota acrobatico d'aerei, eccetera. Bravo Forte! Così si fa! L'unica concorrenza buona è quella morta.

Nel tardo pomeriggio, cerimonia ufficiale per la consegna dei premi dei concorsi letterari. Devo dire che quest'anno ho trovato il rito piuttosto soddisfacente per un paio di motivi: uno, nella sezione fantasy si è piazzata seconda la mia cara amica Milena Debenedetti, che per ciò che scrive e ciò che è si merita questo e altro; due, la classifica finale della sezione fantascienza rispetta quasi al millimetro la mia classifica personale di giurato del premio, e se non vado errato questo significa che del tutto non sono ancora rincoglionito. Il racconto vincitore, Lux Aeterna, spiccava nettamente sugli altri, ed è stato un piacere conoscerne l'autore qualche ora dopo, nel corso della cena finale: Gianfranco Sherwood, un mio coetaneo (1949, classe di tungsteno) assai simpatico, ottimo conoscitore della fantascienza e anche, immodestamente, dei trascorsi del sottoscritto. Urrà.

Ma la soddisfazione maggiore che mi abbia riservato la Fancon 2000 mi attende subito dopo la fine della premiazione. Esco dal salone nell'immane marasma umano, accendo la miliardesima sigaretta della giornata, e mi si avvicina timido timido un ragazzo di Modena (del quale ho dimenticato il nome, e mi spiace tanto, ma io per i nomi sono proprio negato), il quale ha venticinque anni e potrebbe tranquillamente essere mio figlio. Che dico? Mio nipote. Che dico? Potrebbe essere il pronipote di Vittorio Catani. Comunque, mi fa: "Lei è Curtoni?" Annuisco. "Volevo dirle che se sono qui è perché a furia di leggere i ricordi della sua vita su 'Delos' mi sono sentito spinto a venire a vedere se queste convention sono davvero così belle." Ah! Mai parole più soavi per il mio apparato auditivo uscirono dalle labbra di un giovin fan. Mi mettono addosso una gioia che non saprei come esprimere. E per di più, quando gli chiedo se per caso si sia sentito bidonato, lui si affretta ad assicurarmi che no, tutt'altro, si è divertito moltissimo... Grazie da tutto il mio essere. Mi hai fatto, caro amico anonimo per mia asineria, uno di quei regali che mi porterò dentro fino all'ultimo dei miei giorni. E tocchiamo ferro, per carità.

Tonani padre e Tonani il figlio:

una dinastia di premiati e premiatori La cena finale della convention è, per tradizione, il momento della verità di questa classica tre giorni e mezzo: si mangia in maniera più o meno disgustosa, e poi c'è sempre chi sta male, tanto che si registrano forti attività di scommesse clandestine sui nomi dei papabili per la vomitata notturna. Ci si avvia alla cena mestamente, a capo chino, a consumare l'inevitabile rito di una via crucis fantascientificamente laica. Vomitaturi te salutant e affini.

Quando l'auto del Munafò mi deposita sul luogo del futuro delitto, il mio stomaco accelera i fremiti d'angoscia. Il déjà vu è di quelli che ti spezzano le reni: in questo ristorante siamo già stati a mangiare un paio di edizioni fa, la volta che Renato Pestriniero (quest'anno purtroppo assente per motivi di famiglia. Che tristessa) e io fummo invitati come ospiti al delizioso tavolo dei baresi, la volta che Catani quasi mi vomitò in faccia ed Eugenio Ragone rigettò anche l'anima per l'intera nottata, riapparendo al mattino col look del defunto padre di Amleto. Potenze degli inferi, soccorreteci.

Curtoni molto timidamente riceve e archivia un sacco di premi ma cerca di far finta di niente Ma qualcosa di nuovo è nell'aria: anziché salire come quattro anni addietro al primo piano, veniamo introdotti a pianterreno, e a quel punto non si sa più cosa aspettarsi. E poi accade l'incredibile: la cena è ottima, gustosa, e tutti quanti divorano tutto (a parte il temibile sughino di pseudofragole che orna il semifreddo conclusivo, ma è dettaglio minimo); il vino è di buona qualità e scorre a fiumi, soprattutto nel mio gargarozzo; il servizio è preciso, veloce, cordiale. Ma non si può! Non son cose da farsi! Sputtanamento apocalittico per il sottoscritto, che da tre giorni va terrorizzando i novellini con lo spettro della cena! Penso che farò causa all'organizzazione per i gravi danni inferti alla mia immagine di menagramo. Al nostro tavolo, dove con me siedono i tre Mongini, Cristina Pietri, Annamaria Bonavoglia, Alberto Cremonini, e l'Ernestissimo Vegetti, si fanno strada due ipotesi. a) Siamo scivolati in un universo parallelo nel quale alle cene finali delle convention si mangia bene; oppure, b) I gestori del ristorante hanno tirato il bidone agli organizzatori della Fancon, e al posto della sbobba orripilante prevista per contratto hanno servito cibo altamente commestibile. Tertium non datur. Vedete un po' voi quale delle due tesi vi convinca maggiormente.

Apocalittico come sempre, il coronamento della cena è la consegna dei premi Italia, gestita per tradizione da Vegetti, munito di microfono e quest'anno dotato di due armi improprie: il Giuseppe Valloggia, che pescava tra le targhe passandogliele più o meno a casaccio, e il figlio di Dario Tonani (il quale ha trionfato come autore del miglior racconto su pubblicazione amatoriale. Compliments!), Niccolò, un vispo bimbetto che porgeva le targhe ai vincitori e stringeva loro la mano, restandoci malissimo se qualcuno si scordava di offrirgli la destra. Il Viviani, che di targhe ne ha portate via parecchie, tutte le volte che ritirava sfrucugliava la testa del Tonani junior, e secondo me il bimbo era incazzato come un demonio con Gianfranco, però è un forte, uno stoico, e non lo ha dato a vedere. Degno figlio di tanto padre.

Be', ormai parecchi di voi dovrebbero sapere che io di primi premi ne ho portati a casa quattro, il che immagino sia una specie di piccolo record. Al tavolo, ho condiviso la gioia con Claudia e Vanni Mongini, premiati per la loro Storia del cinema di fantascienza. Non voglio infierire con l'autoincensamento. Non è il caso. Dirò solo che sono stato pesantemente sconfitto (oddio, secondo posto) nella categoria miglior racconto su pubblicazione professionale da Adalberto Cersosimo, il quale si è affrettato a precisare nel suo discorsetto di ringraziamento: "Il compagno Curtoni non si preoccupi, perché tanto tutti gli altri premi li ha vinti lui". A quel punto, io avevo in cassa solo la targa di miglior traduttore, e le profetiche parole di Adalberto mi hanno illuminato le radiose vie del futuro... Come, a essere onesti, me le aveva illuminate la borsona di plastica che Vegetti, prima di alzarsi a principiar, aveva depositato ai piedi di Cristina Pietri, mia vicina di sedia, sussurrandole: "Tienila lì per Vittorio." Eh, che amici ho!

Poi tutti in albergo a fare nottata. Birra e chiacchiere fino alle tre e mezzo del mattino. Per quel che mi concerne. Grande serata, lo debbo ammettere. Tra premi e alcol ero non poco su di giri. Ma mica mi dispiace. Anzi.

Il lunedì è il classico "giorno dopo": non tanto vaga emicrania, stomaco disfatto (non per colpa della cena, però), obnubilamento totale. Alzarmi è l'ultimo dei miei desideri, e rimettere la roba in valigia una raffinatissima tortura, ma come diceva il Poeta, a chi la tocca la tocca. E' toccata a me. Così imparo.

Faccio colazione con Adalberto, che mi induce a bere un succo di frutta "tanto rinfrescante" a suo giudizio, in realtà ferale per le mie viscere. Che delinquente.

Al centro congressi non mi sento molto meglio. Assisto stoicamente alla presentazione del nuovo romanzo, appena uscito negli States, di Morgan (scritto a quattro mani con un altro autore), una storia molto fantastica, da quel che è dato capire, sugli etruschi. Poi inizia l'assemblea degli iscritti alla convention, in un clima di tensione che si può tagliare col coltello. Ci sarebbe da discutere e votare il nuovo regolamento delle convention approntato da un comitato di saggi del quale non facevo parte (son mica tanto saggio), però si scopre che pochissimi lo hanno letto. Io personalmente non l'ho mai visto, e al mio arrivo nessuno mi ha informato dell'esistenza del documento: un modo bizzarro di gestire un argomento importante, oserei dire. A priori, comunque, si pone la questione di una mozione presentata da Sosio, ed è quella ad accendere sul serio gli animi. Quest'anno erano possibili due forme di iscrizione alla Fancon: una gratuita (badge bianco), una a pagamento (40.000 lire che davano diritto al badge blu e alla qualifica di "Professional"). Chiaramente, chi ha deciso di pagare lo ha fatto per dare una mano concreta all'organizzazione; però risulta che, in assemblea, solo i paganti sono autorizzati a votare (altra cosa che io non sapevo, e come me, da quanto ho appurato, parecchi altri), ed è questo il punto della contestazione di Silvio. Opinione che condivido: se si offre l'opzione dell'iscrizione gratuita, non vedo perché chi la sceglie debba poi essere penalizzato a livello di diritto di voto. Se si può, si può; se non si può, cicce, tutti pagano e tutti votano. Sarà banale e magari massimalista, però io la penso così.

Comunque... Alla fine, dopo un'aspra discussione, la mozione viene ritirata. I torinesi, capeggiati da Marco Perello, ritirano la candidatura della loro città per il 2003, definendo scarsamente democratica la situazione attuale del voto. E intanto è passato mezzogiorno. Prima che inizi la discussione sul nuovo regolamento (della quale nulla so dirvi, visto che non c'ero), torno in albergo a raccattare le mie cose e mi scaravento sull'auto dei Mongini che mi hanno gentilmente offerto un passaggio a casa. Ci fermeremo in autostrada a manducare un panino, e lì incontreremo un altro profugo di Courmayeur, quel caro ragazzo di Alessandro Vietti; e io, verso le sedici, sarò depositato davanti al portone di casa mia, dopo un'altra paccata di chiacchiere coi tre Monginos Ferial, ma queste sono faccende strettamente private sulle quali stendo il velo del silenzio.

Ah! E' stata dura, ma ce l'abbiamo fatta. Mai in vita mia ho scritto tanto a lungo di un unico evento. La logorrea infuria... Un grazie particolare a Ernesto Vegetti, che tutto sa e tutto ricorda, ed è riuscito a colmare gli innumerevoli vuoti della mia memoria.

Se non vi ho persi lungo strada in queste tre puntate, grazie dell'attenzione. E' stato un piacere. Almeno per me. Per voi, non saprei.

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