Le riprese

Will Smith
Will Smith
Un anno e mezzo prima dell'inizio delle riprese, il regista Alex Proyas ha iniziato a lavorare con un gruppo ristretto di collaboratori - tra cui lo scenografo Patrick Tatopoulos, già al fianco del regista per Dark City - per avviare i progetti di un futuro del quale i robot fossero parte integrante della vita quotidiana.

"Sin dall'inizio, ho detto loro che, a mio modo di vedere, Io, Robot avrebbe dovuto avere uno stile quasi documentaristico: volevo allontanarmi quanto più possibile da tutti i cliché hollywoodiani sul futuro", spiega Proyas. "Volevo dare una forte impronta realistica, in modo che lo spettatore potesse credere di trovarsi davvero in un mondo popolato da robot. E credo che ci siamo riusciti: credo che la nostra sia davvero una visione realistica del futuro. Non volevo macchine volanti, o tutte quelle cose che altri registi hanno messo nelle loro visioni cinematografiche del futuro. Per me doveva essere solo una naturale evoluzione, da qui a 30 anni, di quello che è il mondo di oggi". Continua Proyas: "A me interessano molto di più i personaggi e la storia che i gadgets. I robot sono una forma così intrigante di tecnologia, che non volevo altre forme di tecnologia a distrarre lo spettatore. Ciò detto, anche noi abbiamo dei veicoli molto particolari, ad esempio con ruote sferiche che possono ruotare in ogni direzione. Ma, nel complesso, volevo che solo i robot fossero l'elemento davvero tecnologico di questa visione del mondo nel 2035".

In effetti, il compito principale di Patrick Tatopoulos è stato proprio quello di progettare i robot - e in particolar modo Sonny, uno dei personaggi principali del film. Tatopoulos, già scenografo e ideatore delle creature per Indipendence Day ha avuto per Io, Robot la stessa mansione.

"Avere avuto la possibilità di lavorare alle scenografie e di creare Sonny sin dall'inizio è stato molto importante", dice Tatopoulos. "Ho sempre pensato che qualunque essere viva in un mondo debba sentirsi come quel mondo, che l'uno e l'altro debbano integrarsi tra loro armoniosamente".

Lavorando con Proyas, Tatopoulos ha sviluppato il progetto di Sonny nell'arco di due anni, "cercando di dimenticare tutto ciò che si era visto prima". Il look di Sonny è passato per 50 diversi bozzetti, prima di approdare a quello definitivo - una figura snella ed elegante.

Per Proyas, del resto, il look di Sonny era essenziale per la credibilità della storia. "Abbiamo cercato di metterci nella mente di un progettista di robot. Ci siamo detti che il suo scopo sarebbe stato quello di realizzare una creatura la cui presenza in una casa, con dei bambini, non risultasse fuori luogo, stonata. I robot dovevano sembrare persone di famiglia. Ancora una volta, si ritorna ai racconti di Asimov, là dove si parla della sicurezza, della tranquillità che i robot non si rivolteranno contro noi esseri umani, né ci faranno del male. E' qualcosa di molto chiaro, sia da un punto di vista umano che da quello della grande azienda che li fabbrica. Insomma, abbiamo cercato di essere quanto più possibile fedeli alle idee originarie di Asimov".

Il punto di svolta, nel processo di elaborazione di Sonny, è arrivato quando Proyas ha iniziato a immaginare Sonny come una figura innocente, quasi santa. "In fondo al suo animo, Sonny è un innocente", dice il regista. "E' come un bambino che stia per diventare adulto. E' molto intelligente, ma le sue emozioni - che lo distinguono dal resto dei robot - sono molto attenuate, proprio come quelle di un bambino".

Il design dei robot della serie NS-5, compreso Sonny, si sono ispirati alla fine a tre caratteristiche-guida: la transparenza, una forma umana con una struttura muscolare tutta particolare, e un volto perfettamente simmetrico. Questi tratti, tuttavia, si sono rivelati una incredibile sfida dal punto di vista della progettazione. "Il volto di Sonny e degli altri NS-5 non si trasfoma", spiega Tatopoulos, "perciò ho dovuto trovare un modo per farli apparire, d'improvviso, impauriti, senza per questo dover cambiare il design".