Tutto ciò riempie di squallore la mia l'anima. Cerco di mandarli al diavolo, ma non ci riesco. Se uno ha le orecchie, può fare a meno di udire? Basta tapparsi le orecchie, direte. Ma un elpo come lo si tappa? E un macaulo?

Così il maledetto elpo, spuntatomi sul mignolo ieri sera, continua a sbavare un liquido mucoso, tutto felice di funzionare. Ed è orrendo ascoltare tutte queste storie di fenicotteri che si lamentano d'aver perduto l'intenso profumo dei venti d'alta quota... E anch'io sono un fenicottero e ricordo quando con tutti i fenicotteri miei fratelli volavamo nei grandi corridoi profumati di vento...

Oddio, ma che cosa sto pensando?

Per favore, io sono Taddeo Taldone. Ripeto e ribadisco: Taddeo Taldone, il sublime, unico ed inimitabile Taddeo Taldone! Su di me e sulla mia eccelsa personalità ho già scritto otto libri, tutti rigorosamente autobiografici, ho girato dodici film, ho allestito una pinacoteca di trecento grandiosi quadri che mi ritraggono negli atteggiamenti più significativi. Purtroppo gli editori hanno rispedito indietro le mie autobiografie, le gallerie hanno rifiutato i miei quadri, i distributori hanno fatto finta di non aver mai visionato i miei film...

Costoro hanno osato dubitare di me e del mio genio.

Ma io almeno di una cosa non dubito. Sono sicuro infatti di essere Taddeo Taldone. Anche se, devo confessarlo, ho come l'impressione che la testa mi balli un po' sulla spalla.

Infine, reso esausto da una giornata così piena di eventi, a notte inoltrata crollo addormentato a faccia in giù sul divano del soggiorno, tra i resti mortali ed enciclopedici della cara consorte.

Mi sveglio di soprassalto.

Un rumore nel buio. Forse qualche foglio sopravvissuto di mia moglie? Qualche paragrafo non ancora sminuzzato? Qualche sua frase strisciante nella notte?

Furente mi alzo, individuo la fonte del rumore e di colpo spalanco la porta della sala da pranzo. Sbigottito, resto immobile ad osservare la creatura sospesa a mezz'aria nella stanza.

Si tratta di un oggetto informe e pulsante d'un colore che sfuma in tutte le tonalità del rosso. Dalla massa centrale si dipartono, per raggiungere pavimento pareti e soffitto, lunghissimi arti snodati e pelosi. Con un rumore risucchiante l'enigmatica creatura distacca dal soffitto l'estremità a ventosa di una delle sue innumerevoli zampe e la sposta in avanti di circa un mezzo metro.

Questo semplice gesto si svolge con lentezza maestosa.

Un lampo, un bagliore, una illuminazione sconvolgente...

Costui deve essere mio figlio! Concepito il giorno prima in ascensore in un'orgia di nuovi sensi, cresciuto e partorito dal ventre dell'amabile signora Garofalo nel giro di ventiquattro ore.

E quella maledetta di mia moglie che mi accusava di essere sterile.

Nonostante le analisi mediche le dessero ragione, io ho sempre pensato che fosse impossibile.

Io, infatti, sono perfetto.

Gesù, quanto mi amo! Mi amo in tutti gli aspetti del mio corpo, in tutti i mille abbaglianti particolari del mio spirito. Se già non fossi nato, avrei dovuto partorirmi da solo. Devo confessare che considero un onore essere me stesso, ma anche, sia ben chiaro, una grossa responsabilità. Ma adesso basta parlare di me; un'ondata di affetto paterno urge e preme.

Così apro le braccia ed urlo drammaticamente:

- Figlio mio! Qui tra le mie braccia!

Attendo esultante.

Mio figlio affretta il passo, anzi i passi, e viene brancolando verso di me. Accidenti, quanto tempo ci mette. Finalmente eccolo qui, immenso ed incombente. Un liquido mucillaginoso gli cola da tutti gli arti e dal corpo e mi lorda la faccia e i capelli.