Io ardo dal desiderio di approfondire la sua conoscenza, ma lui adesso se ne sta immobile nel corridoio, con gli arti allungati e appoggiati un po' in tutte le stanze.

Voglio vederlo ben bene, da vicino. Mi faccio forza ed incurante dello schifoso liquido che gronda mi apro un varco nel groviglio di membra pelose, mi avvicino al suo corpo. Voglio fissarlo negli occhi. Voglio veder brillare l'intelligenza del padre negli occhi del figlio.

Guardo di qua, guardo di là, mi affanno a scrutarlo in tutto il suo immenso corpo, alla fine devo rassegnarmi.

Mio figlio non ha occhi.

Ci resto male. Ma in fin dei conti, mi dico, si può vivere benissimo anche facendo a meno della vista. L'essenziale è che possa comunicare con lui.

Gli rivolgo la parola e lo chiamo teneramente:

- Taddeo Taldone junior, figlio mio!

Taddeo Taldone junior non fa una grinza.

Sospetto, con geniale intuizione, che gli manchino le orecchie.

Breve esame e rapida constatazione.

Gli mancano.

Non vorrei che gli mancasse pure qualcos'altro. Certo è che non riesco a scorgere da nessuna parte la bocca, né un qualche orifizio che possa svolgere funzioni analoghe.

E il naso? Anche senza naso. Gesù, comincio a preoccuparmi. Non sarà mica tutto braccia e ventose, 'sto ragazzo?

In tal caso sarà davvero problematico comunicare, per un tipo del genere. Mio figlio non vede, non ode, non annusa, non gusta. Dunque egli secondo dopo secondo continuamente sprofonda nell'oceano cupo ed angoscioso della solitudine con se stesso?

No, non è possibile. Come ho fatto a non pensarci prima? Da un genitore che è a due passi dal trascendere l'umanità non poteva certo nascere un figlio con una capacità di percezione mutila e ridotta agli inadeguati e squallidi cinque sensi tradizionali.

Egli certamente disporrà di una gamma di percezioni infinita, di modi di comunicazioni superiori. Come me, del resto.

Provo subito ad elpizzarlo.

Nulla.

Provo col maculo, con il dolcio, con l'enfato, poi con un'altra dozzina di sensi a cui non mi sono ancora preso la briga di affibbiare i nomi.

Nulla, ancora una volta.

Provo in tutti i modi possibili e immaginabili, riprovo infinite volte, infine mi arrabbio e gli assesto un calcio in pieno corpo.

Un braccio si snoda lentamente, si aggroviglia a molla e mi assesta un ceffone vigorosissimo.

Sbalordimento e soddisfazione. Mio figlio possiede la percezione tattile! Come potevo dubitare che il ragazzo non fosse diverso, in qualche modo, dal figlio di un uomo qualunque? Ci resto male, però. Che modo di comunicare è mai questo?

Ferito e indignato lo lascio stazionare nel corridoio e me ne vado a letto. Spero di riuscire a dormire.

Sento che sta per succedermi qualcosa di orribile.

Notte orrenda. Non ho chiuso occhio. Mi hanno impedito di riposare l'incalzare e l'accavallarsi di migliaia e migliaia di percezioni che a me non interessavano, ma che i miei sensi ugualmente e meccanicamente continuavano a ricevere. Ormai non riesco più a prendere dal mondo solo le cose che voglio, ma come un'immensa cascata senza fine tutte le cose del mondo si riversano impietosamente dentro di me.

E' mattino e la testa mi fa male, gli occhi mi lacrimano gonfi di dolore. Mi osservo intorno accorgendomi che la casa è deserta. Anche mio figlio se n'è andato. Mi avvicino alla finestra, guardo fuori.

Eccola lì, l'oscura creatura. Camminando in senso rotatorio sulle sue innumerevoli gambe come un enorme e grottesco riccio di mare, scompare tra le strade e i palazzi della città immersa nella bassa nebbia del mattino.