Carletto si voltò verso l'edificio di cemento armato. Attorno i prati rasati, le aiuole, le strade di ghiaia bianca. Proprio un gran giardino del cazzo. Oltre le mura la foresta di faggi e abeti. Gli abeti in basso e i faggi in alto. Ma non doveva essere il contrario? Gli abeti non crescono a un'altitudine maggiore dei faggi? Mah. Studiare storia del cinema era servito a molte cose, però non ti dice niente sulla foresta del Cansiglio.

Loro erano arrivati dalla foresta all'alba, come un branco di lupi, da non crederci.

Da fuori la Bios faceva paura sul serio, e poi un freddo... Entrare era stato facile, le guardie non se l'aspettavano. All'inizio l'emozione d'essere dentro e poi la foga e la cattiveria. Due caduti sul campo e nove feriti, di cui uno mal messo. Poi giù ai cunicoli e li hanno visti...

- Carletto come stai? - chiese la ragazza.

- Abbastanza bene, non mancano i medici e gli infermieri qui - disse Carletto. Carletto era il suo nome di battaglia.

- Fa vedere la zucca - disse la ragazza sedendosi accanto. Carletto si vergognava un po', il taglio sulla testa era talmente lieve che lui non figurava nemmeno nella lista dei feriti.

- Carletto non fare lo scemo, fammi vedere quel taglio - disse lei.

- Silvia è il tuo vero nome?

- No.

- Come ti chiami?

- Silvia va bene - disse lei seria.

Era sudata, si sentiva leggermente e aveva i capelli appiccicati alla fronte. Carletto pensò che non sembrava una ragazza, sembrava un soldato.

- Non è niente - le disse con gli occhi fissi sulla ghiaia.

- Insomma... prendi questa.

- Non voglio prendere quella roba

- Prendila che ti aiuta. Non mi farai la guerra alle pillole adesso?

Carletto prese la pillola azzurra.

- Come sono Carletto? - chiese lei. Carletto la trovava bella. Ma sapeva a chi si riferiva Silvia, parlava degli uomini rovesciati, quelli nei cunicoli.

- Non voglio parlarne

- Tu sei entrato tra i primi, eri con il comandante Cautèrio vero?

- Uhm uhm

- Parlami di loro

- Non voglio parlarne - disse Carletto ma mentre lo diceva sentiva sciogliersi qualcosa. Erano gli occhi e lo stomaco. Silvia lo abbracciò e Carletto sentì l'odore forte del suo corpo e rise pensando a come cambia presto il gusto estetico stando una settimana nel bosco senza lavarsi.

- Che hai da ridere?

- Mi hai drogato - rispose Carletto.

- E lui, dimmi di lui, lo stanno interrogando?

- Sì

- L'hai visto?

- Una mezza sega di uno. Gli daresti sessant'anni portati bene - rispose Carletto.

- Maledetto - disse Silvia. - Ma dimmi di loro, davvero li hai visti?

Carletto guardò a terra l'erba sottile e verde, poi la foresta intorno, con gli abeti e i faggi al posto sbagliato. Era pronto per raccontarle degli uomini rovesciati, dei cunicoli e delle vasche rosa.

- Lei è il dottor Piero Hellingen?

- Sì.

- Dottor Hellingen, lei ha ideato, progettato e realizzato Bios? - chiese il comandante Cautèrio.

- Sono un medico!

- Non è questa la domanda!

- Sono un medico che ha sempre lottato contro la malattia e la morte!

- Non è questa la domanda! Dottor Hellingen lei ha ideato, progettato e realizzato Bios?

Il vecchio si passò una mano sulla fronte sudata. Aveva da poco compiuto 117 anni. Da ogni punto di vista era un peccato.

Stupidi piccoli bastardi, questi stupidi e piccoli bastardi mi vogliono far fuori.

Doveva stare calmo e allora pensò all'albero di mele rosse, ai frutti maturi da cogliere e a come era tutto così facile.

- Risponda!

C'era un albero con delle mele rosse, ma tante e non era dentro uno di quei frutteti moderni con file basse e in riga. L'albero era in mezzo a un prato.