Numeri che ballano. Oggi sappiamo che esistono almeno un centinaio di pianeti (la maggior parte non di tipo terrestre) attorno a stelle varie, e altri se ne scoprono. Si sospetta la vita, almeno microrganica, nelle acque sotterranee di Marte e negli oceani di Europa, i cui moti convettivi interni dovrebbero "riscaldare" in qualche modo le acque. D'altro canto sarebbe problematico definire "alieno" perfino un microrganismo che si scoprisse su Marte o su Europa: nei miliardi d'anni trascorsi c'è stato un continuo scambio di materiali tra i pianeti del Sistema Solare. A causa di meteoriti che li bersagliavano, dai corpi celesti si staccavano e venivano scagliati nel vuoto blocchi che finivano poi per essere attratti dai pianeti adiacenti. E dunque in caso di vita, come sapere "chi" ha seminato o contaminato "chi"?

La guerra dei mondi wellsiana, notiamo inoltre, ha al suo interno elementi di filosofia evoluzionistica: Darwin era ancora materia scottante a fine Ottocento, e Wells aveva voluto immaginare altre specie viventi sviluppatesi in misura superiore all'uomo. I suoi Marziani erano stati trasformati evolutivamente in cervelli privi di corpi, ma in compenso la loro tecnologia li aveva dotati di efficientissimi corpi-veicoli. Renato Giovannoli in La scienza della fantascienza (1982) notava che la natura meccanica di questi corpi-veicoli restava celata, sia da una specie di muscolatura fittizia, sia (citando Wells):

(...) da un rivestimento elastico; così veniva raggiunta quella somiglianza con i movimenti animali, tanto impressionante e inquietante per noi che li osservavamo.

In definitiva queste creature sono veri e propri cyborg, tra i primi della storia della sf; ed è interessante notare che già da queste primitive descrizioni si deduce una sorta di ambiguità, un sintomo dell'incapacità di discernere tra naturale e artificiale, che (scriveva ancora Giovannoli) "è il cruccio della moderna narrativa di robot"; ma che - aggiungiamo noi - sarà addirittura uno dei temi-chiave del filone cyberpunk.

Al riguardo, ancora da Wells:

Il contrasto tra i rapidi movimenti di questi congegni e l'inerte goffaggine ansimante dei loro padroni era profondo, e per giorni e giorni dovetti ripetermi che gli esseri viventi erano questi ultimi, non gli altri [di natura meccanica].

Ma in realtà una vita aliena intelligente andrebbe ad assestare un duro colpo proprio a Darwin, o meglio alla tesi neo-darwiniana della contingenza. Secondo essa, nulla vi è di intrinsecamente progressivo nella evoluzione delle specie: questa procede alla cieca, se e dovunque la portino la casualità e l'ambiente. Lo stesso avvento dell'intelligenza è frutto di circostanze casuali: se l'umanità venisse distrutta da una catastrofe non esiste quasi alcuna probabilità che si ripetano condizioni tali da portare nuovamente a un fenomeno analogo. Insomma, la scoperta di alieni intelligenti minerebbe il darwinismo ortodosso in quanto lascerebbe pensare che nella natura esista una tendenza evolutiva spontanea, progressiva, che esula dal meccanismo della selezione naturale. (Alcuni studi sulla "complessità", oggi, rischiano però di ridefinire molte antiche certezze).

Sull'esistenza e l'origine della vita nel cosmo sappiamo di teorie numerose e divergenti: secondo la versione forte del "principio antropico", noi saremmo l'unica forma vitale autoconsapevole dell'universo, il quale si sarebbe evoluto sino a consentire la nostra esistenza proprio perché noi potessimo osservarlo: in altre parole, per "dare un senso a se stesso" (teoria che riprende una forma mistica di antropocentrismo). Altri autori ritengono invece probabile che la vita sia merce corrente negli spazi, se non addirittura inevitabile: analisi eseguite su meteoriti piovute sulla Terra, indagini spettroscopiche delle nubi di polvere interstellare, evidenziano la presenza di aminoacidi; inoltre, vaganti nello spazio, sono state individuate dozzine di molecole contenenti carbonio. Per altri versi, è nota - ma da tempo rimane in sordina - la teoria della panspermia, sostenuta dall'astronomo-scrittore Fred Hoyle e dal fisico N. Chandra Wickramasinghe. Essi ritengono che il darwinismo non sia in grado di spiegare l'attuale complessità delle forme vitali in rapporto al periodo relativamente troppo breve del loro sviluppo: per cui la vita, o molta parte d'essa, ci giungerebbe dalle comete e da una pioggia di geni che continua a investirci dallo spazio, non solo, quanto a determinare e potenziare la nostra evoluzione.