E dalla poltiglia che vaga nella ragnatela delle arterie, il suono. Dapprima variazioni leggere, lievi gorgoglii anomali, tonalità di scorrimento percepibili soltanto da un organismo allenato. E' il Suo Codice. Mi avverte che il momento è vicino. Perché, ormai ne sono certa, può interferire con il flusso di poltiglia. Di più: può governare il nutrimento, modificarne l'intensità di flusso, separarne i componenti per ridosarli. In barba a Gilles e all'Ordine. Anche nella condizione riaggregata conserva peculiarità che lo rendono speciale.

Il flusso rallenta. Rallenta. Gilles si mette in movimento, avverto il rollio e le braccia pneumatiche che si agitano. Ha già capito che qualcosa non va come dovrebbe. A mano a mano che il flusso di poltiglia rallenta, le mie percezioni si affievoliscono e, come in un sogno nebbioso, rivivo i pomeriggi tormentati a Domrémy, a combattere le voci sotto i faggi di Lorena, e rivedo le battaglie e il sangue e il fuoco. Il flusso rallenta ancora. Rallenta. Fra la caligine che mi offusca le pupille vedo avvicinarsi gli adepti. Mi sembra di riconoscere, fra loro, un Principe e persino la tunica arabescata di un Filosofo-Mago. E il novizio con la pietà sotto gli occhi penduli, naturalmente. E' lui che dà inizio alla nenia: annuit coeptis, mormora, l'uomo capace di trovare in se stesso la Luce Interiore diventa Uomo-Re.

Ma la poltiglia continua a rallentare, e alla cantilena degli Illuminati si sostituisce, con potenza sotterranea, il Suo Codice. Viaggia nelle variazioni di scorrimento e, finalmente, mi consola con il messaggio atteso: nous y sommes, il momento è giunto, tornerai nel Luogo dove tu hai avuto nobile origine. Dove tu hai avuto nobile origine, őθι τoι γένος έστί καί αύτή. E lo scorrere della poltiglia s'arresta. La caligine si fa muro nero e non sento più niente. E non vedo più niente.

XII

Al commissario D'Ippolito la bettola sembra, se possibile, ancora più lercia. L'uomo lo aspetta seduto allo stesso tavolo dell'altra volta, accartocciato dentro il cappotto pesante. Il poliziotto ha come l'impressione che non si sia mai mosso da quella sedia. Con le dita che sbucano dal guanto, intinge pezzetti di pane nel vino d'inchiostro. Stille di sudore gli colano sulle tempie e gli occhi color pece appaiono vitrei, con le pupille dilatate. Sembra reduce da uno sforzo immane.

- Allora? Ha fatto le sue verifiche? - Anche nella voce palesa spossatezza.

D'Ippolito si mette pesantemente a sedere. - In un certo senso.

- E cos'ha deciso? Di abbracciare la mia causa?

- Vorrei capirla meglio la sua causa.

L'uomo distorce la bocca in una smorfia triste. Però sembra aver recuperato un po' di vigore. - Quale pensa sia il loro obiettivo?

- Ricostruire con precisione pezzi di storia. E adesso riesco ad intuirne anche le implicazioni.

- Vale a dire?

- Ho seguito il suo suggerimento e mi sono affidato ad una... ad una fonte di qualità.

- Ad una fonte antica?

- Già. E la consultazione mi ha chiarito le idee, mi ha fatto capire come impossessarsi della verità della storia, conoscerne nel dettaglio i passaggi cruciali, equivalga a divenire depositari di un enorme potere. Meglio, del Potere.

- Ha colto il nocciolo della questione. Mi congratulo. Ma c'è dell'altro. Sa cosa ci fanno, dopo aver ottenuto le informazioni? - Aggrotta la fronte e riaffiorano le tracce delle cicatrici. Lo sguardo del commissario si sposta d'istinto sulle mani semi guantate.