All'inizio Roberto cercava di tenere in qualche modo la rubrica nell'ambito dell'argomento fantascienza, ma ben presto lasciò perdere liberando del tutto la propria immaginazione.

La rubrica ebbe davvero un notevole successo. Non sono mancate le testimonianze di entusiasmo da parte di alcuni lettori, che scrivevano alla rivista eccitati soprattutto degli articoli di Roberto Quaglia.

Alcuni pensieri arrivarono ben presto ai primissimi posti nella classifica degli articoli più letti della storia di Delos, anche perché, non di rado, Roberto affrontava argomenti di strettissima attualità, ma proponendo punti di vista così originali da suscitare un grande interesse che si diffondeva a macchia d'olio col tam tam della rete ben oltre la relativamente ristretta cerchia degli appassionati di sf, lettori tradizionali della rivista.

In seguito tra l'altro Roberto divenne un vero maestro anche nell'arte di indicizzazione nei motori di ricerca, per cui in un certo periodo praticamente qualunque cosa si cercasse con Altavista o Virgilio saltava fuori un articolo di Roberto Quaglia. Questo contribuì non solo ad aumentare gli accessi di Pensiero stocastico, ma anche i lettori di Delos.

Qualcuno potrebbe avere qualche dubbio sulla congruenza tra Pensiero stocastico e l'argomento della rivista, la fantascienza. A torto, secondo me: gli articoli di Quaglia, pur non parlando di letteratura o di cinema, rappresentano il più puro spirito della fantascienza, almeno come la intendo io. Quello spirito che ci permette di capire meglio il mondo in cui viviamo cercando di farcelo vedere dal di fuori, o portando all'eccesso alcuni aspetti per farcene meglio comprendere le implicazioni.

Gli articoli di Pensiero stocastico erano vera e propria ricerca: ricerca dell'uscita, per usare una metafora che potrebbe essere mutuata dal film The Truman Show. L'uscita dal luogo comune, dal modo normale di vedere le cose, l'uscita dai preconcetti, dagli schemi di ragionamento imposti dalla cultura o dai media. Un flusso di pensieri del tutto libero: non di rado poteva anche accadere che un articolo partisse occupandosi di un dato argomento e poi finisse per trovarsi da tutt'altra parte.

E' il caso per esempio dell'articolo Il futuro della fantascienza, che fu scritto in origine per il souvenir book della Worldcon del 1995 (unico scritto italiano mai pubblicato sul souvenir book di una Worldcon, en passant), che finiva per parlare della teoria della mente bicamerale (l'ho citata due volte e sembra che si parli sempre di questa teoria, ma in realtà non è così; male, perché è una teoria troppo bella per non parlarne in continuazione).

E spesso, attraverso divagazioni e ragionamenti strani e a volte apparentemente inconcludenti, saltava fuori la gemma, l'idea illuminante, quella trovata che ti fa rileggere la frase per capirla meglio, sollevare gli occhi dal libro e dire: "wow!".

Altri passi possono far rabbrividire o scandalizzare. Nulla di strano; il gioco è quello di uscire dagli schemi, di cercare di porsi da punti di vista diversi, da prospettive nuove, quasi aliene. E guardare cosa ne viene fuori. Non è necessario pensare che quello che si legge sia vero, e neppure che l'autore ne sia convinto - spesso non lo è affatto. Quello che conta è il modo di guardare, non cosa si vede.

E ora, dopo aver mostrato il valore del libro che state per leggere, è il momento di prendermi ciò che mi spetta. Perché se dopo sette anni e oltre cinquanta puntate di Pensiero stocastico ora state leggendo questo libro, una parte del merito - o della colpa - è anche mia. Per tutto questo tempo ho rotto le scatole, ogni santo mese, al povero Roberto, stressandolo per fargli scrivere il suo articolo. E ogni santo mese arrivava il suo articolo, buon ultimo, appena prima di chiudere il numero.