Fuori dal tempo e dallo spazio con l'ausilio delle "Particelle Pym" si può visitare il Regno Quantico (l'equivalente del "Microverso" per chi ha familiarità con il fumetto di riferimento). Un posto da cui non si può fare ritorno, fatta eccezione per pochissimi: Janet van Dyne (Michelle Pfeiffer) è rimasta bloccata in quella dimensione per più di trenta lunghi anni. Tornata sulla terra, decide di concentrarsi sul presente e di recuperare il tempo perduto con i suoi affetti: la figlia Hope (Evangeline Lilly) e il marito il famoso biochimico Hank Pym (Micheal Douglas). Ha fatto però mistero di tutto ciò che è accaduto durante la sua assenza, nascondendo un terribile segreto.

Il nostro protagonista Scott Lang (Paul Rudd), ex-ladro gentiluomo, padre di famiglia ed eroe in grado, tramite una tuta fatta di molecole instabili, di rimpicciolirsi o diventare gigante noto come Ant-Man, dopo aver salvato il mondo con gli Avengers, ha scritto una retorica autobiografia e si sta godendo la monotonia di una vita "normale" la sua compagna Hope (aka Wasp).

Nello scantinato di casa Pym Hank continua i suoi esperimenti, complice la figlia adolescente di Scott, Cassie (Kathryn Newton). La ragazza, seguendo meticolosamente le sue indicazioni, ha costruito un marchingegno in grado di mappare il Regno Quantico per poterlo studiare "senza conseguenze". Tutto procede a meraviglia fino a quando qualcosa va storto e il macchinario si rompe, trascinando dietro di se tutti i presenti protagonisti, nel sub-universo.

Una realtà mai vista nella sua interezza: fatta di tanti mondi e abitata da alieni di ogni forma (uno ha la testa a forma di Broccolo!). Laggiù il temibile Kang il conquistatore (Jonathan Majors)  ha costruito un esercito ed è pronto a schiacciare la popolazione natia. I coinvolti vengono divisi dagli eventi in due gruppi con obbirttivi differenti: Scott è interessato solo a trovare un modo per tornare a casa scontrandosi con lo spirto ribelle della figlia la quale fa suoi i problemi di tutti, mossa dallo spirtito rivoluzinario e dall'esempio di filantropia ricevuto in famiglia. Hank Pym e Hope hanno invece la "fortuna" di poter fare affidamento su Janet che sa come muoversi in quel mondo ostile.

Terzo film dedicato ad Ant-Man (dopo Ant-Man, 2015 e Ant-Man and the Wasp, 2018) segna l'inzio della fase 5 del Marvel Cinematic Universe, dove il personaggio di Kang e le sue varianti terranno in mano i fili del multiverso. Il regista statunitense Peyton Reed ha coniugato la sua recente esperienza con Star Wars (per The Mandalorian ha diretto il più importante degli episodi, il numero 8 della seconda stagione) con il suo storico interesse con il genere comedy. Staccatosi dal mood "straordinario nell'ordinario" dei primi due si è dovuto inventare una space opera che sia esteticamente simile agli adattamenti di Dune ma abbia le atmosfere e la ingenua demenzialità dell'omonimo fumetto di origine dedicato al protagonista, creato nel 1962. Un'avventura di stampo classico: fermare il cattivo, saltare attraverso un caleidoscopio popolato da minacce e alleati, rimanere uniti come una famiglia, sono i temi del film, nel pieno delle aspettative Marvel. Tuttavia ha avuto una fredda accoglienza nonostante gli incassi (a oggi circa 520 milioni di dollari) ci si domanda (anche ai "piani alti" Bob Iger ha manifestato lo stesso interrogativo) se il "mercato" non sia "saturo" o se qualcosa non abbia funzionato del tutto, come per una diavoleria inventata da Pym.