"Per aspera ad astra" è una frase latina che vuol dire “Attraverso le avversità, verso le stelle” e può essere la sintesi del film Ad Astra di James Gray, con Brad Pitt, Tommy Lee Jones, Ruth Negga, Liv Tyler e Donald Sutherland.

La pellicola, in concorso all’ultima Mostra del Cinema di Venezia, si può definire un thriller fantascientifico, ma anche una storia di padre e figlio, di un destino comune, di un viaggio ai confini del nostro sistema solare e di un mistero che minaccia la sopravvivenza del nostro pianeta.

Il regista James Gray
Il regista James Gray

Siamo nel futuro: il Maggiore Roy McBride (Brad Pitt), un astronauta, guida una squadra impegnata a localizzare forme di vita aliena, quando un improvviso sbalzo di corrente gli costa quasi la vita. Questo incidente è l'ultimo di una lunga serie di recenti catastrofi che si sono verificate sulla Terra, fra cui incendi e disastri aerei, provocati proprio da impennate elettriche causate da esplosioni radioattive. L'intelligence statunitense capisce che queste esplosioni sono il risultato di raggi cosmici emanati da esplosioni che si verificano nei pressi di Nettuno, dove aveva luogo il Progetto Lima, una vecchia missione la cui navicella spaziale è scomparsa nel nulla, sedici anni dopo il lancio. Il comandante del Progetto era il padre di Roy, H. Clifford McBride (Tommy Lee Jones), un astronauta leggendario disperso ormai da 16 anni. Anche Roy aveva solo 16 anni l'ultima volta che lo ha visto, ma continua a idolatrarlo, avendo lui stesso ereditato dal padre un'incredibile tolleranza al rischio e la convinzione che tutte le risposte agli enigmi fisici e metafisici della vita risiedano nello spazio più profondo. Clifford è stato un genitore e un marito distante e la sua assenza ha contribuito a rendere il figlio Roy un uomo solitario, incapace di stabilire rapporti interpersonali e di esprimere a pieno le proprie emozioni positive e negative,

Per riuscire a raggiungere il Progetto Lima, Roy deve prima di tutto viaggiare dalla Terra alla Luna con uno shuttle commerciale e quindi approdare in una base remota per salire a bordo di Cepheus, l'astronave che lo porterà su Marte. Da lì, cercherà di contattare suo padre tramite il laser link, un'avanzata tecnologia laser, e se tutto questo andrà a buon fine, successivamente si spingerà verso il Lima. Nel viaggio Roy è affiancato dal Colonnello Pruitt (Donald Sutherland), un ex astronauta di SpaceCom ormai in pensione, nonché uno degli amici più cari di suo padre. Pruitt, che aveva incontrato Roy quando questi era un bambino, gli rivela che la sua ultima conversazione con Clifford, molti anni addietro, non era stata piacevole: Clifford infatti era andato su tutte le furie quando Pruitt gli aveva comunicato la sua intenzione di lasciare la SpaceCom.

Il regista James Gray racconta di aver tratto ispirazione per il film dalle sue letture sul fisico premio Nobel Enrico Fermi, “l'architetto dell'era nucleare”, che riteneva che ci fosse il 90 percento di probabilità che gli Stati Uniti sudoccidentali venissero distrutti dopo la prima divisione dell'atomo.

All'epoca non si sapeva se la reazione a catena sarebbe continuata. Erano molto allarmati e ho immaginato una situazione in cui c'è una persona da sola nello spazio che non ha nulla da perdere: non c'è fine agli esperimenti che potrebbe compiere o a cui sottoporsi. Sono stato ispirato anche dal romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad e dal film Apocalypse Now. L'idea del film è a metà strada fra Cuore di tenebra e le missioni spaziali Apollo e Mercury.

La sceneggiattura di Ad Astra è frutto della collaborazione di Gray con Ethan Gross, il suo storico co-autore nonché suo ex compagno di studi presso la Scuola di Cinema della University of Southern California e per quanto concerne la fantascienza, il regista ha voluto sottolineare l’originalità della sua pellicola.

Il genere fantascientifico ha creato tanti bei film, ma quanti di questi sono in grado di toccare la nostra anima? Volevo realizzare qualcosa di diverso rispetto alla maggior parte dei film che narrano di viaggi spaziali, che offrono una visione spesso positiva dell'incontro con gli alieni, rappresentati come forme di vita intelligente, benevola o quanto meno interessante. Ho cercato di fare l'opposto, partendo dalla domanda: “E se non ci fosse nulla? Se ci fosse solo un vuoto di cui non riusciamo neanche a capacitarci?”. Volevo esplorare l'idea che gli esseri umani non sono nati per ritrovarsi nello spazio e fluttuare a 400 chilometri dall'atmosfera terrestre. Non lo saranno mai. E se vogliono farlo, devono essere pronti a pagarne il prezzo. C'è una frase – continua Gray – di Arthur C. Clarke (autore di 2001: Odissea nello spazio) che dice: “Potremmo essere soli nell'universo o potremmo non esserlo: ma entrambe le prospettive sono ugualmente terrificanti”. Riflettendoci, non avevo mai visto un film che racconta la solitudine degli esseri umani in questo senso. Ho pensato di unire questa idea alla storia di una persona che compie esperimenti ad alto rischio nello spazio, e la mia storia ha iniziato a prendere forma. Il governo invia una delegazione che cerca di negoziare con quest'uomo, e a quel punto ho pensato di inserire l'elemento mitico del rapporto fra padre e figlio… Questa è stata la concatenazione dei pensieri che mi ha portato a concepire la trama del film.

C'è qualcuno qui?
C'è qualcuno qui?

Il regista ci teneva anche a dare una visione, la sua visione, del futuro dell’uomo, soprattutto nel campo dell’astronautica.

Questo film non è il futuro bensì un futuro ipotetico. Questa storia non illustra necessariamente un futuro possibile, non è una storia profetica; è semplicemente un film che racconta cosa potrebbe accadere se l'esplorazione dello spazio continuasse e se colonizzassimo la Luna, Marte e altri pianeti. Questo film porta avanti la tecnologia spaziale degli anni '60 e ‘70, immaginandone un'evoluzione priva degli elementi che popolano la maggior parte degli attuali film di fantascienza.

Nel film, il pubblico non vedrà gadget e armi futuristiche, ma gente che ancora utilizza la carta e i vecchi mezzi di comunicazione. Il regista e i produttori non volevano distrarre gli spettatori mostrando una tecnologia troppo futuristica. L'oggetto più futuristico che c’è un piccolo scanner insieme a schermi trasparenti su cui vengono proiettate le informazioni. Vengono mostrati anche tablet e schermi piatti. Il look è abbastanza minimalistico per non risultare futuristico.

Gray, inoltre, ha affermato che la sua visione del progresso è piuttosto ottimista e che non cede volentieri alla tentazione di realizzare film caratterizzati da un futuro distopico e terrorizzante o troppo idilliaco.

Credo davvero che la situazione sarà simile a quella odierna. Il mondo sarà solo molto più ricco di gadget. Ci siamo ampiamente documentati per rendere il contesto credibile e accurato dal punto di vista scientifico. Ma al di là di tutto, è la storia a guidare il film.

Non si può fare un vero film di fantascienza basato sui fatti, senza mostrare alcuni dati reali, forniti dagli esperti. Per questo motivo, il regista della pellicola e i produttori si sono rivolti alla NASA, e ad altre agenzie spaziali. L'astronauta in pensione Garrett Reisman, che ha preso parte alle due missioni dello shuttle nella Stazione Spaziale Internazionale, nel 2008 e nel 2010, è stato uno dei primi a fornire a Gray informazioni sui viaggi spaziali. Malgrado sia stato presente solo nelle scene in cui erano specificamente richieste la sua conoscenza ed esperienza, ha affiancato Gray anche durante la scrittura del copione. Un'altra risorsa è stato l'ingegnere aerospaziale Robert Yowell, che ha lavorato per 30 anni nel programma spaziale, dopo aver iniziato come ingegnere della NASA nel 1989.

Grazie anche a queste collaborazioni, Gray considera Ad Astra un film di fantascienza basato sulla realtà:

L'idea di un viaggio nella spazio è avvincente e spaventosa al tempo stesso. Sono estremamente favorevole all'esplorazione dello spazio e alle missioni su Marte. Ma qualche volta l'esplorazione può rappresentare anche una via di fuga. Spero che la gente capisca l'importanza dell'esplorazione dello spazio, ma anche della preservazione del nostro pianeta. La Terra e i legami umani devono essere protetti a qualsiasi costo.

Per quanto concerne il personaggio principale, l’astronauta Roy McBride, interpretato da Brad Pitt, James Gray è stato molto felice di lavorare con Pitt.

Diverse volte nel corso degli anni, io e Brad avevamo tentato di lavorare insieme in un film ma fra una cosa e l'altra non ci eravamo mai riusciti. Sono stato davvero felice quando ho saputo che avrebbe potuto far parte della lavorazione del film. Bradè un grande osservatore. È molto percettivo e ha stabilito un forte legame con il regista, non solo perché è il produttore del film ma anche perché è un attore incredibilmente generoso. Non è semplicemente interessato al ruolo, ma all'intera storia. È una persona – ha continuato il regista – affascinante, ma non è solo una carismatica star del cinema. È un attore eccellente, di enorme talento. Sa ascoltare le indicazioni del regista in modo sottile per poi ampliarle e trasformarle in altro. Sembra che faccia tutto senza sforzo, come Jimmy Stewart o Spencer Tracy, due attori che sembrava non stessero neanche recitando. Ma la recitazione c'è ed è incredibile, solo che non si vede.

In merito al personaggio, il regista spiega che:

Roy non è soltanto solo, ma è un solitario, una persona che preferisce la solitudine, perlomeno nella prima metà del film. Deve risolvere i propri problemi perché quando non si riesce a esprimere i propri sentimenti e ad aprirsi con gli altri, si diventa ansiosi. “Controllano le sue condizioni psicologiche, perché sanno benissimo di averlo messo in una condizione potenzialmente catastrofica: Roy infatti affronta un viaggio nello spazio, che è molto diverso dalla terraferma, per cercare di conoscere il proprio padre. Sarebbe una circostanza difficile da gestire per chiunque, infatti Roy subisce un lieve crollo psicologico. La verità è che le sue condizioni psicologiche sono più delicate di quelle fisiche. Gradualmente – aggiunge Gray – Roy si rende conto che sta diventando come suo padre e vuole fermare questo processo. Non vuole essere come Clifford, che ha perso la propria umanità. Alla fine lo vedremo determinato a tornare sulla Terra per diventare a sua volta padre, nonché un essere umano connesso con gli altri, che non ha paura a stabilire legami di intimità con chi gli sta vicino.

Ad Astra sembra vere tutte quelle caratteristiche della buona fantascienza “spaziale”, dal tema del viaggio, all’uomo che è sempre al centro della storia, fino ai misteri dello spazio e all’avventura pura. Riuscirà ad entrare anche nel cuore degli appassionato e di un pubblico ancora più vasto?