Sul fondo della fossa delle Marianne tre ricercatori rimangono intrappolati in un battello di profondità dopo essere stati attaccati da una creatura gigantesca. Per cercare di portarli in salvo viene ingaggiato Jonas Taylor (Jason Statham), un esperto in questo tipo di operazioni che si era ritirato a seguito di un incidente accaduto qualche anno prima. Inaspettatamente l’operazione libera dalle profondità un megalodonte, uno squalo di grandi proporzioni che si riteneva estinto. Dal centro di ricerche Mana One, finanziato dal miliardario americano Jack Morris (Rainn Wilson), decidono di tentare di fermarlo, anche perché il sovradimensionato nonché affamato pescione si dirige verso un’affollatissima spiaggia nel sud-est della Cina…
Accolto con un successo al botteghino di dimensioni inattese Shark – Il primo squalo è un modesto ma efficace monster-movie che riutilizza collaudati situazioni e schemi narrativi già abbondantemente usati, in pratica combinando due noti titoli della filmografia spielberghiana come Lo squalo e Jurassic Park, reimpacchettandoli ad uso e consumo dell’odierno pubblico cinematografico. Il romanzo di Steve Alten dal quale è tratto (Meg, ripubblicato di recente con lo stesso titolo ‘italiano’ del film) risale al 1997 e da tanti anni a Hollywood vari registi, tra cui Jan DeBont e Eli Roth, sono stati considerati per dirigere la versione per il grande schermo. A spuntarla alla fine è stato il regista e produttore newyorkese Jon Turteltaub, che ha alle spalle diversi titoli di basso-medio successo tra cui Phenomenon (1996), Instinct – Istinto primordiale (1999) e Il mistero dei templari (2004). La produzione, una partnership tra Stati Uniti e Cina, ha messo a disposizione un sostanzioso budget di circa 140 milioni di dollari il che ha permesso una buona cura dei set e varietà di location.

Da quando, nel 1975, l’enorme successo di Lo squalo di Spielberg divenne il modello del blockbuster dell’estate nordamericana molti altri hanno cercato di infilarsi nel filone, con risultati alquanto disomogenei. Il cinema italiano di genere, che in quegli anni scopiazzava maldestramente di tutto, si buttò a capofitto nel filone dei pericoli tra le onde. De Laurentiis produsse L’orca assassina, girato a Cinecittà, Ovidio Assonitis fece affiorare i Tentacoli di una piovra gigante e Enzo Castellari provò a far cassa con L’ultimo squalo, per il quale si mossero per plagio i legali della Universal. Di film a base di squali affamati se ne contano ormai decine, e da quando le CGI hanno permesso di abbattere i costi (senza necessariamente rendere gli squali più realistici, nella maggior parte dei casi) l’inevitabile tendenza è quella di moltiplicarne il numero oppure, come in questo caso, ingigantirne le dimensioni.
Come protagonista è stato scelto l’inglese Jason Statham, ex sportivo e modello lanciato da Guy Ritchie sul finire degli anni ’90 e da allora apparso in tanti film d’azione, come le serie Transporter, The Expendables e Fast & Furious. Assai difficilmente vincerà premi per le sue doti interpretative, ma ha la faccia e l’atteggiamento giusti per questo genere, anche perché è solito effettuare personalmente gran parte delle sequenze solitamente affidate a stuntmen professionisti.
Girato in gran parte in Nuova Zelanda con alcuni esterni in Cina è un film che chiaramente affida gran parte della sua efficacia agli effetti visivi, curati da varie compagnie tra cui Sony Pictures Imageworks, Scanline VFX e Double Negative, tutto sommato soddisfacenti ma certo non memorabili. Di fatto è un film che di memorabile non ha niente. Offre un paio d’ore di svago spensierato e se amate il sottogenere delle creature gigantesche, dai Kong ai Godzilla, probabilmente vi divertirete, ma si tratta comunque di un prodotto dallo sviluppo scontatissimo e che non offre nessuna sorpresa, sotto nessun punto di vista. Tuttavia mantiene quel che promette: scene d’azione girate con competenza, qualche battutina e situazione qua e là per sdrammatizzare e effetti speciali decenti al servizio di una vicenda prevedibile quanto funzionale. Certo, paragonato ai filmetti di Sharknado fa la sua figura, ma Turteltaub è comunque un regista senza particolare genialità o visione e finiti i popcorn rimane assai poco, ma alla sufficienza ci arriva.
1 commenti
Aggiungi un commentoAllora, di buono c’è che è ben fatto. Di cattivo, una botta di robe, se a un certo punto (da un certo punto) ti trovi a prendere per i fondelli le innumerevoli stronzate della sceneggiatura (un vero disastro) e fai battute ad alta voce per sdrammatizzare le scemenze che vedi. Si narra di come durante una ricerca scientifica si svegli il can che dorme, cioè il megalodonte, quello che fu nella preistoria un grosso squalo (ma tanto grosso, enorme, uno squalo che mangia squali a colazione).
I nostri eroi filocinesi (è chiaro il mercato di riferimento per questo film) troveranno il modo sia di schiattare in maniera cretina (una certa parte), sia di salvare la pellaccia e sistemare il furbo predatore fuori scala, malgrado i piani che escogitano siano uno più deficiente dell’altro.
La star è Jason Statham, in uno dei suoi peggiori momenti, dato che pare fuori posto come poche altre volte. Fine, qualche volto noto qua e là. Il film ha deluso critica e pubblico, ha avuto costi enormi, roba da non credere (ripeto, è fatto decisamente molto bene) e a grande sorpresa, con tutte le possibilità di fare un disastro, è invece andato piuttosto benino al botteghino, per motivi incomprensibili. Per me un benevolo 4. Anche qua, il titolista italiano ha dato fuori di testa. L’originale The Meg (che si capisce per cosa sta) diventa senza motivi validi Shark, come se si chiamasse così in inglese (ma non è vero). Poi, secondo titolo, Il primo squalo, che non si capisce che voglia dire, perché anche scientificamente è errato (caso mai, forse, il primo cugino dello squalo, ma forse). Oltre a trasmettere il messaggio che il titolista ha bisogno di ferie e psichiatri, trasmette anche false informazioni scientifiche.
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