Sino-speculazioni

Mentre nel 1882 gli Stati Uniti promulgavano il Chinese Exclusion Act, la prima legge a vietare l'immigrazione di un gruppo etnico specifico, in un universo parallelo la Cina aveva già conquistato il Nord America (Last Days of the Republic di Pierton W. Dooner, 1880) e a breve avrebbe sfruttato le rivalità tra potenze occidentali per andare alla conquista del globo (The Yellow Danger, di Matthew Phipps Shiel, 1898). Le narrazioni fantascientifiche sul tema del “pericolo giallo” sono uno dei volti più eloquenti assunti dalla percezione occidentale di una Cina lontana e aliena che, in epoca moderna ma fino alle soglie della contemporaneità, ha funto da specchio e pietra di paragone della propria identità. Un'alterità spesso apparente, costruita, su cui si sono proiettati elementi tutt'altro che estranei alla cultura europea, come nel caso dei topoi della crudeltà asiatica e della tortura cinese che proliferano nelle narrazioni popolari nella Francia di Mirbeau (per avere idea dell'estensione narrativa del tema si può leggere la rassegna fatta da David Langford, “Yellow Peril”, nella Encyclopedia of Science Fiction curata da John Clute, Langford e Peter Nicholls, http://www.sf-encyclopedia.com/entry/yellow_peril).

Di queste e altre immagini dell'Asia in fantascienza ha parlato quest'anno un'antologia di scritti critici uscita in lingua inglese: Dis-Orienting Planets: Racial Representations of Asia in Science Fiction, curata da Isiah Lavender III (Jackson: University Press of Mississippi, 2017), che si occupa, oltre che di Cina, di Giappone, India e Corea in fantascienza, spaziando dal tema del “pericolo giallo” alla presenza di immagini dell'Asia nelle rappresentazioni di un futuro distopico iper-tecnologico. Significativo è che la raccolta si apra con un saggio di Veronica Hollinger dedicato a come la fantascienza cinese stia contribuendo a mutare l'idea occidentale di fantascienza globale, sinora largamente costruita su un canone anglo-americano.

Ideogrammi a fronte

Mentre queste ed altre attenzioni critiche sono emblematiche di un'onda lunga post-coloniale nel mondo degli science fiction studies anglofoni, il miglior contributo alla costruzione di un dialogo e di un megatesto veramente mondiali resta forse quello delle traduzioni, almeno finché le lingue ideogrammatiche non saranno conoscenza comune degli parlanti di neolatine (come immaginava Joss Whedon nella compianta Firefly). Su questo fronte, in Italia il 2017 si avvia a conclusione come un'annata che ha arricchito gli scaffali di una antologia importante: Nebula. Fantascienza contemporanea cinese / 星云。中国当代科幻小说 curata da Francesco Verso ed edita da Future Fiction (Roma).

<i>Nebula. Fantascienza contemporanea cinese</i> / 星云。中国当代科幻小说, a cura di Francesco Verso, Roma, Future Fiction, 2017.
<i>Nebula. Fantascienza contemporanea cinese</i> / 星云。中国当代科幻小说, a cura di Francesco Verso, Roma, Future Fiction, 2017.

Si tratta di un volume bilingue, che propone in cinese e in italiano quattro racconti di tre autori e un autrice contemporanei, nati negli anni tra Sessanta e Ottanta del Novecento e tuttora attivi. Seppure le due sezioni, cinese e italiana, siano successive una all'altra, la scelta del bilinguismo ricorda la pratica del testo a fronte, che gli editori riservano per lo più al testo poetico. Il che pare senz'altro appropriato nel caso di un genere come la fantascienza, che per essere tradotto richiede competenze particolari (pensiamo alla difficoltà di rendere in traduzione nuove forme di comunicazione, parole e linguaggi inventati e reinventati, e alla necessità di conoscere repertori, modelli, citazioni e riferimenti).

Le voci di Chen Qiufan, Xia Jia, Wu Yan e Liu Cixin aggiornano il panorama della fantascienza cinese in traduzione italiana, che sino ad adesso ha incluso due precedenti. Il primo, L’onda misteriosa (Urania, 2006) era una versione italiana realizzata da Roberto Marini dell'inglese Science fiction from China, curata da Wu Dingbo e Patrick D. Murphy e uscita in lingua inglese nel 1989. Quest'ultima includeva storie pubblicate tra 1978 e 1987 da autori cinesi di Cina e della diaspora, da Tong Enzheng a Ye Yonglie, da Wang Xiaoda a Zheng Wenguang, molti dei quali mai apparsi né italiano né in inglese prima di allora. Nel 2010 gli aveva fatto seguito Shi Kong: 时空 China Futures (Urania), curata e tradotta da Lorenzo Andolfatto dal cinese direttamente in italiano, che aveva offerto un'ampia panoramica di storie brevi uscite tra 1980 e 2006 sulla rivista Kehuan Shijie. Anche in questo caso diversi degli autori inclusi comparivano in italiano per la prima volta, come Jin Tao, Liu Wenyang, Wang Jinkang, Liu Cixin e He Xi, in tempi in cui il successo internazionale della trilogia di The Three-Body Problem di Liu (scritta a partire dal 2006 ma tradotta in inglese a partire dal 2014) non poteva ancora fungere da traino.

Nebula

Nebula è ora frutto di una collaborazione della sigla Future Fiction (già collana dell'editore Mincione, ora sigla autonoma) guidata dal curatore Francesco Verso, con l’azienda cinese Storycom, l'Istituto Confucio di Milano, e la Scuola Internazionale di Comics di Roma (e quest'ultima frutta al volume quattro lussuose illustrazioni interne dedicate ciascuna ad uno dei racconti).

La prefazione di Wu Yan, anche autore incluso con un racconto oltre che professore alla Normale di Pechino, offre una fotografia di quanto della narrativa fantastica e fantascientifica italiana è stato tradotto ed è conosciuto in Cina, da Ermanno Libenzi a Italo Calvino, passando per Tommaso Landolfi e Anna Rinonapoli, e tratteggia un'affascinante immagine riflessa della cultura italiana, a partire dalle tre corone della letteratura, e da un Marco Polo immaginato e favoleggiato.

Illustrazione per il racconto “Buddhagram” realizzata da Eleonora Mamerti (dettaglio), in <i>Nebula.</i>
Illustrazione per il racconto “Buddhagram” realizzata da Eleonora Mamerti (dettaglio), in <i>Nebula.</i>

I quattro racconti che seguono costituiscono nel complesso una delle letture più piacevoli di questa annata fantascientifica. All'ordine del giorno diverse declinazioni di una tecno-scienza pienamente calata nel presente in grado di dirci moltissimo delle sfide e dei percorsi culturali dell'odierna Cina, e al contempo in grado di toccare temi caldi a livello globale.

Il management e la protezione della proprietà intellettuale per mezzo di trademarks elettronici sempre più sofisticati acquisisce un inusitato fascino in “Buddhagram” di Chen Qiufan (prima edizione cinese 2015), coniugandosi ad elementi di un buddhismo zen visto sia nelle declinazioni esornative e popolareggianti di una religiosità consumata dalla gente, sia in quelle filosofiche di un'escatologia già influente sulla produzione europea – si pensi a The Nine Billion Names of God di Arthur Clarke (1953), o al concetto di realtà come illusione che ha fatto la fortuna del franchise The Matrix (1999-).

Il pubblicitario Zhou Chongbo escogita un'idea vincente per promuovere il software di un cliente. Il software permette di ricostruire l'originale di un'immagine, quand'anche questa sia stata pesantemente manipolata. La chiave per acquisire grossi clienti nell'industria potrebbe essere avere successo prima di tutto sul mercato del consumo quotidiano, sotto forma di app. Far consacrare questa app da un monaco sembra poi un ottimo modo per sfruttare l'inclinazione religiosa e la credulità dei consumatori cinesi. Né il softwerista né i pubblicitari si aspettano però gli effetti miracolosi che l'app sembra avere su tutto ciò che viene con essa fotografato, e tanto meno che questo possa mettere in moto una catena di eventi che finisce per compromettere la struttura stessa della realtà. Il maestro buddhista-tecnologista Deta paragona il ruolo di Chongbo a quello di un PNG (personaggio non giocante) in un videogioco: Chongbo ha il compito e la possibilità di porre rimedio all'accaduto. Ma che si tratti di una metafora o che l'universo sia realmente un programma (due letture che solo in fantascienza possono coesistere senza escludersi mutuamente) non ha importanza: forse a causa della moglie che lo tiranneggia (un bug, un difetto nel programma), o semplicemente seguendo il libero arbitrio, che lo porta a spendere gli ultimi momenti di vita col figlio appena nato, Chongbo rifiuta il proprio ruolo e lascia l'universo al suo destino. Convincente in questo senso la narrazione in prima persona, con l'ammiccante numerazione dei capitoli in codice binario, che solo nella chiusa giunge a far coincidere tempo della storia e del discorso nel presente (anche in senso verbale) di una piena realizzazione di ciò che sta per accadere.

Il titolo italiano, con scelta felice, privilegia un fronte ironico e lieve (rispetto alla più compresa attitudine dell'originale, 《开光》, Kaiguang, tenuto letteralmente nell'inglese “Coming of the Light”). E il circolo delle influenze filosofico-letterarie si chiude, con una citazione di Clarke pronunciata dal maestro Deta, quasi ad epitomizzare la natura transnazionale dell'intertesto fantascientifico oggi.

Si passa quindi al tema dell'invecchiamento della popolazione, ai droidi comandati a distanza, e alla logistica delle metropoli ormai congestionate nel commovente L'estate di Tongtong di Xia Jia (《童童的夏天》 – Tongtong's Summer, 2014), per poi giungere al divertente “Stampare un mondo nuovo” di Wu Yan (《打印一个新地球》, 2013), in cui un'istituzione universitaria di scarsa fama deve tentare il tutto per tutto per diventare un polo di ricerca di primo piano e salvarsi così dalla chiusura, decretata da imminente riforma del sistema universitario cinese. Il racconto propone un'esilarante parodia delle logiche del mondo universitario, dove la parte scientifica del binomio fantascientifico è data dalle scienze economiche e gestionali, dal management educativo, dalle tecniche di leadership.

Le bolle di Yuanyuan di Liu Cixin (2004) affronta infine il tema dei cambiamenti climatici e della desertificazione, offrendo, grazie alla fissazione della giovane protagonista per le bolle di sapone, una sequenza di immagini poetiche; il racconto sembra così voler tornare alle origini della fantascienza come immaginazione applicata a una tecno-scienza svincolata dall'uso utilitaristico, per poi invece riportare la nostra attenzione all'impellenza molto pratica dei problemi che affliggono l'ecosistema in cui viviamo in misura sempre più drammatica.

宁静 – Níngjìng (Serenity)
宁静 – Níngjìng (Serenity)

Questi temi non rappresentano certo nuove acquisizioni per la fantascienza corrente, ma non è tanto l'originalità assoluta delle questioni poste, quanto l'intelligenza nel ri-uso del repertorio a fare l'interesse dei racconti. I lettori fuori dalla Cina godranno inoltre con curiosità i riferimenti al presente della Repubblica, alla cultura tradizionale, al recente passato e all'eredità della rivoluzione culturale.

Meritori processi traduttivi 

Un'osservazione meritano infine i processi editoriali e traduttivi che hanno reso possibile l'antologia: come ci ha spiegato il curatore (che ringraziamo per aver risposto con sollecitudine alle nostre domande) la prefazione e “Stampare un mondo nuovo” di Wu Yan sono stati tradotti dal cinese da Chiara Cigarini, la postfazione di Tachihara Tōya è stata tradotta dal giapponese da Massimo Soumaré, tre racconti infine sono stati tradotti dalla versione inglese di Ken Liu (Buddhagram da Alessandra Cristallini, L'estate di Tongtong da Gabriella Goria, e Le bolle di Yuanyuan da Francesco Verso). Un saggio a parte meriterebbe l'opera traduttiva e curatoriale dell'autore sino-statunitense Ken Liu, traghettatore della fantascienza cinese nel mondo anglo-americano, vero guardiano della soglia a cui piace, fortunatamente, tenerla aperta per diversi ottimi autori contemporanei (sue varie recenti traduzioni di autori come i quattro antologizzati qui e altri, tra cui Ma Boyong, Hao Jingfang, Cheng Jingbo e Tang Fei).

Il caso di Nebula conferma alcuni elementi degni di nota del campo editoriale italiano: l'iniziativa di cui sono capaci attori di piccole dimensioni, in grado di conservare una forte vocazione progettuale e alla proposta letteraria e culturale; lo sforzo notevole ancora richiesto per assemblare le professionalità necessarie a tradurre fantascienza asiatica in italiano, da cui il ruolo di apripista che in qualche caso ancora conserva il mondo anglo-americano; infine, ci sembra di poter concludere, l'estremo interesse delle letterature speculative prodotte in altre lingue, e della fantascienza come osservatorio privilegiato sul costituirsi e mutare di intertesto pienamente globale.