Dune in alcuni tratti sembra quasi un testo darwinistico: in esso Herbert dimostra come uomini, animali e piante si possano nel corso dei secoli adattare fisiologicamente alla scarsità d’acqua. Ad esempio, Lady Jessica nota come una ferita sulla pelle della sua serva Mapes riesca a rimarginarsi in brevissimo tempo, probabilmente come meccanismo di preservazione dell’umidità corporea che altrimenti verrebbe dispersa. Nell’opera si parla anche di

Susan Sarandon in <i>Children of Dune</i>
Susan Sarandon in Children of Dune
«“ladri d’acqua”... sono piante che si depredano a vicenda dell’umidità, inghiottendo fin la più piccola traccia di rugiada». Anche nei nostri deserti esistono piante simili, i cactus ne sono l’esempio più noto, ma in generale tutte le piante che esistono in luoghi desertici hanno la capacità di immagazzinare nelle radici o nelle parti carnose l’umidità raccolta nel corso delle brevi e sporadiche precipitazioni. Nei suoi studi sull’ecologia del pianeta, Pardot Kynes scopre con suo stupore un tubero lungo circa due metri che cresce nell’emisfero nord del pianeta sopra i 2500 metri di altitudine: questo tipo di pianta è capace di immagazzinare fino a mezzo litro d’acqua. Poiché su Arrakis le piogge non sono rare, ma del tutto assenti, Kynes evince dallo studio di questa pianta il fatto che l’acqua sia presente in grandi quantità sotto la superficie del pianeta.Il messaggio che Herbert lancia attraverso Dune è principalmente un messaggio d’allarme: il nostro continuo modellare la natura per dominarla a lungo andare porterà a conseguenze catastrofiche: «Fate uno sforzo d’immaginazione – dice Herbert - fino a considerare la Terra come una creatura vivente: non vi occorrerà molto per pensare all’umanità come a una malattia del nostro pianeta. Su una buona parte della Terra, la presenza dell’uomo contrasta con quella di un sano ecosistema, capace di mantenersi indefinitamente». I fenomeni di desertificazione in corso in molte aree del pianeta, dal Sahel alla Spagna, sono prodotti dalla dissennata attività umana. D’altra parte, la sempre maggiore carenza idrica, e soprattutto la sua diseguale distribuzione, sta trasformando in oro blu l’acqua potabile sul nostro pianeta. Si prevede che nel 2025 la disponibilità annuale di acqua scenderà dai 6600 metri cubi attuali a 4800 metri cubi a persona. Già oggi circa un miliardo e cento milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. In Africa la costruzione di un pozzo è un evento sancito da una grande festa nei villaggi, perché significa accesso all’acqua per molte persone. E di contro sempre più società multinazionali stanno acquisendo il controllo delle fonti di acqua dolce, trasformando l’acqua – diritto inviolabile dell’essere umano – in una merce. I venditori d’acqua di Dune, il “fai”, cioè il tributo dell’acqua che è la principale tassa su Arrakis, potranno un giorno divenire realtà anche qui. In un passo del romanzo il duca Leto riflette su come «l’acqua, in questo mondo, era potenza»: il convogliatore d’acqua Lingar Bewt è tra le figure dominanti del pianeta, poiché gestisce l’estrazione d’acqua dai poli, fonte della vita per gli uomini di Arrakis. Anche il nostro pianeta finirà per dipendere dal controllo delle sorgenti idriche da parte dei grandi poteri economici? Non bisogna dimenticare, come si rende conto Lady Jessica, che l’acqua non è una fonte di profitto ma «una sostanza ben più preziosa: [è] la vita stessa».