Daniel Craig in Cowboys vs aliens
Daniel Craig in Cowboys vs aliens
Se il fumetto già in partenza ha avuto una discreta serie di vicissitudini nemmeno il film è filato completamente liscio verso la meta delle sale. Nel 1997 Dreamworks e Universal avevano acquistato i diritti da Rosenberg e scritturato Steve Oedekerk (Ace Ventura, Il professore Matto II e Una settimana da Dio) per la sceneggiatura e la direzione, da quel momento all'effettiva messa in produzione sarebbero passati, però, diversi anni ed anche un qualche cambio di direzione e di timone. Oedekerk infatti abbandona quasi subito l'idea, lasciando una parte della sceneggiatura a metà, per continuare nei suoi progetti con Jim Carrey, per lui in quel momento una miniera d'oro da spremere fino in fondo. I diritti, con la fine del millennio, vengono ceduti alla  Columbia Pictures che però sceglie di posticipare il progetto affossandolo nei fatti per più di cinque anni.

Intanto il fumetto, come abbiamo visto, procedeva secondo sue logiche tentando di sganciarsi dalla sceneggiatura monca del film, e sarà proprio la sua uscita a sbloccare la situazione nel 2006 riportando alla ribalta, pur con prodotto non proprio all'altezza, le potenzialità effettive dell'idea. Universal e Dreamworks riprendono in mano la situazione e scritturano Robert Downey Jr come protagonista, nei panni del pistolero Zeke, diventato per l'occasione un soldato rinnegato dell'esercito unionista. Downey Jr però è impegnato nell'interpretazione di Tony Stark in Iron Man 2 e sta comunque tenendo d'occhio la sceneggiatura di Sherlock Holmes che gli interessa ben di più rispetto a Cowboys & Aliens. Rimarrà quindi a bordo per poco tempo ma almeno riuscirà ad interessare il regista John Favreau, con cui stava lavorando al momento in Iron Man, alla sceneggiatura dell'opera prima di abbandonare.

Favreau diventa quindi il regista e non molla, deciso una volta per tutte a portare sul grande schermo quella che definisce un'idea piena di spettacolarità e soprattutto con la potenzialità di divertire sia chi la guarda sia chi ci lavora. Si mette d'impegno attingendo pesantemente al mondo della fantascienza coinvolgendo come scrittori e produttori, a parte Steven Spielberg, Alex Kurtzman e Roberto Orci ben conosciuti agli appassionati di Star Trek, per il recente reboot della saga.

La trama viene rivista completamente, Rosenberg coinvolto di nuovo con l'esperienza di cosa non ha funzionato nel fumetto ed un discreta quantità di buoni attori, attirati dalla fama di Favreau, si presentano all'audizione per impersonare il protagonista ormai completamente diverso dal duro Zeke Jackson del fumetto. Sarà scelto Daniel Craig, con già alle spalle due James Bond, per quella capacità, secondo il regista, di coniugare lo sguardo letale e la freddezza di Jason Bourne con momenti ed espressioni vulnerabili e più umane, tipiche di un uomo col passato tormentato.

Senza spingersi a commentare le capacità di Craig dietro alla telecamera, l'attore inglese, sorretto da un fuoriclasse del cinema d'avventura come Harrison Ford e dalla bella Olivia Wilde (Quorra di Tron), diventa la base su cui ricostruire la struttura del film quasi da zero, mantenendo però le buone potenzialità messe in luce da Rosenberg quasi tre lustri prima. Gli indiani verranno relegati ad un ruolo marginale, al protagonista verrà data la chiave per sconfiggere gli alieni invasori, lo sviluppo narrativo mantenuto più oscuro allo spettatore per favorire rivelazioni e colpi di scena, i personaggi principali  ristretti di numero e maggiormente approfonditi, il tutto condito con le migliori scenografie e atmosfere tratte dai western di John Ford e Sergio Leone di cui Spielberg ha obbligato la visione continua sia al cast che agli sceneggiatori.

Nessuno dei due elementi, quello fantascientifico e quello tratto dal Vecchio West, dovrebbe prevalere sulla sua controparte nella volontà del regista, impegnato a creare una miscela esplosiva dalla perfetta fusione dei due generi, in un'avventura dai toni non eccessivamente impegnati me nemmeno così leggeri da lasciar solo spazio agli effetti speciali. Un po' come se ci si trovasse, aggiunge Favreau per spiegare i suoi criteri narrativi, ad assistere agli Spietati di Clint Eastwood ambientati su di un altro pianeta o almeno sulla nostra cara e vecchia Terra contaminata da qualcosa di completamente alieno ed inspiegabile per gli uomini del tempo, costretti a reagire nella sola maniera di cui sono capaci, imbracciando il Winchester e caricando la sei colpi.