Caro Vic, non è stato facile scrivere queste poche righe, il dolore per la tua scomparsa è ancora troppo forte. Ma mi sono detto che devo farlo, perché mi hai insegnato che bisogna fare fino in fondo la propria parte, anche quando non se ne ha voglia. Per te, forse, erano solo chiacchierate. Per me erano vere e proprie lezioni di vita e di fantascienza. E questa era una delle tante che mi hai elargito.

Io, come amavi dire sempre, ero uno dei tanti “figli di Robot”. Appartenevo a quella generazione di lettori che ha scoperto la tua rivista non nel periodo in cui è stata pubblicata, ma esattamente una decina di anni più tardi. Ero un ragazzino che spendeva i pochi soldi che aveva girando per bancarelle alla ricerca di uno Sheckley o di un Asimov o di Robot che era sempre in cima alla mia lista.

Quando a vent’anni ho realizzato la mia prima e unica fanzine, insieme con altri amici, avevo un solo modello: la tua rivista. E sognavo, sognavo di essere come te, il direttore di una rivista di fantascienza. Eri per me un idolo e come tale sei rimasto anche dopo averti conosciuto di persona. Non dimenticherò mai quel momento. Eravamo a Fiuggi, a un’Italcon. Io ti avevo ovviamente riconosciuto, ma avevo paura di fermarti e scambiare quattro chiacchiere. Temevo che l’idea che mi ero fatta di te andasse in frantumi in quel contatto diretto. Poi, la voglia di conoscerti mi ha dato coraggio. Tu stavi uscendo sul terrazzino dell’albergo che ospitava la convention per fumare ed io ti fermai, farfugliando qualcosa per presentarmi. Ecco, pensai, adesso mi dice qualche frase di circostanza, io ci rimango male e tutto finisce lì. E invece si avverò quello che avevo solo sperato. Con la tua affabilità hai cominciato a chiedermi cosa facevo, da dove venivo, da quanto leggevo fantascienza. Ecco, pensai, l’uomo che con la sua verve scriveva quei bellissimi editoriali, ricchi d’ironia è così anche nella vita, come dire un “pezzo di pane”. Tu eri così.

Sei stato premuroso e prodigo di consigli quando mi arrivò inaspettata la proposta di Silvio Sosio di assumere la direzione di Delos. Qui cominciarono le tue amabili lezioni. E devo confessarti che mi mancheranno, tu mi mancherai. Avevo ancora tantissimo da imparare e tante erano le cose che avrei voluto chiederti, tanti gli aneddoti che speravo mi raccontassi. Ho solo fatto in tempo, nel numero scorso, a celebrarti nella tua veste di Maestro, parola davanti alla quale ti schernivi sempre. Ma credimi lo eri. Io ho perso il mio idolo e un amico. Ciao Vic, mi mancherai.