– Noi e solo noi. Ti è chiaro il concetto? Tu sei un coglione come un altro. I tempi stringono. Lassù potrebbero anticipare tutto. Francesco Maierato è una variabile pericolosa. S’infila ovunque. Potrebbe subodorare il tuo arrivo.– Lo so. – Me ne sbatto di quello che sai, Gunman. Hai disobbedito.– Ancora niente è compromesso.– Questo è ancora tutto da vedere. È la tua grande occasione. Non ti abbiamo concesso tutto questo viaggio per niente. Pensi di combinare qualche altra stronzata, visto che sei a ridosso dell’obiettivo?

– No, Maestro, nessuna stronzata. Dopo, avrà il rapporto dettagliato.

– Non fallire, animale.

– Non fallirò.

Su Castiglione è sceso il crepuscolo. Armando nasconde il cabinato in un magazzino e percorre sicuro le strade del paese, come se ci fosse nato. Ha studiato le mappe con zelo, ripassandosi i backup.

Francesco e Bice, gli obiettivi.

Il primo è una merda del CLN, come tanti. Ma lei, lei è una femmina che gli manda il cervello in pappa. Gli dispiace che la missione che gli è stata affidata volga così presto al termine. Vista la sua condotta, lo rimanderanno a occuparsi di stronzate, al porto di Gioia Tauro, nella migliore delle ipotesi, a sorvegliare lo sbarco di merci destinate al mercato nero. Ma non è detto che non venga fuori qualche altro piacevole fuoriprogramma. Una deviazione che punta dritta a Bice.

Armando è sicuro di non fallire, confida nella buona sorte dai due caricatori della 9x21 che ha in tasca.

Esclude le note di profilo sugli obiettivi. È arrivato.

Bar Aurora.

Ora ci vuole un po’ di rock’n’roll coi controcazzi.

Per restare in tema con il campo di battaglia, si spara i Tunas, una garage rock band che ha operato a Bologna negli anni Zero. I want you (dead) – con e senza parentesi – spiega la sua presenza davanti a quel bar, e gli satura i nervi acustici quel tanto che ci vuole per ricongiungersi col suo karma di figlio di puttana.

Caporalmaggiore Maierato: buon viaggio, bastardo.

 

                                ***

 

– Cosa cazzo credevi di fare?

L’abbraccio di Bice non basta a riportare Francesco al mondo dei vivi. Mai lasciare il Cast anzitempo, l’uovo capace di proiettare l’irreale nel reale, di rendere carne la sostanza dei sogni: abbandonarlo prima che vengano somministrati gli anti-psicotropi necessari a riprendere contatto con realtà è, per chi lo ha sperimentato, uno dei peggiori trip che si possano avere.

– Perché eri là dentro, Fra? C’è un terminale, per le operazioni ordinarie.

– Volevo anticipare i tempi.

– Bella stronzata. Senza copertura e senza autorizzazione. Non è da te.

– C’è qualcosa che non va, Bice…

– Che è?

– È un’anomalia del mio profilo di navigazione.

– Nella Rete dovresti essere un fantasma. Invisibile, impenetrabile a flussi di dati che non controlli tu stesso.

– Più semplicemente: nessuno mi vede se non mi tocca, e non mi tocca nessuno se io non voglio, giusto?

– Esatto.

– E invece no. Potrei essere visto, scoperto, bruciato.

– Oh, cazzo. È una cosa da comunicare subito a Bologna. Sono sicura che, assieme, troveremo una soluzione al problema...

– Non servirebbe a niente. Se sono già stato tracciato, tanto vale portare fino in fondo la missione. Un’occasione simile potrebbe non capitare più.

– Ma no! Possiamo smontare e nascondere il Cast. Rimandare a tempi migliori.

– Bice, ci sono voluti tre anni di sacrifici per rubare e renderlo operativo. Se mi hanno tracciato come penso, troveranno me, te e l’uovo, prima o poi. Forse siamo già bruciati. Ma fin quando sono in vita, posso provare a fottere il Server.

– Vista la storia da un altro punto di vista, rischi di mandare a puttane tutti gli investimenti e gli sforzi del Comitato fatti negli ultimi tre anni.

– Sono già andati a puttane, Bice.

– Rischi di rimanerci in mezzo.

– Lo so.

– E non t’importa?

– No, Bice, non è importante.

– E di noi, di noi non te ne importa un cazzo?

– Noi no, noi è un’altra cosa... Non c’è più tempo, ecco quel che penso di ‘sta storia. Devo fottere l’ISS.

Information System Server: il cuore pulsante della Stazione di Propaganda, quello che una volta era stata la televisione di stato e che ora è una capillare rete di comunicazione, che governa e decide su tutto, dalla semplice stampa di un’etichetta su una lattina ai programmi, alla musica e all’intrattenimento delle masse.

Francesco scuote la testa, si prepara alla connessione. Ragiona ad alta voce.

Bice stringe con tutte e due le mani la sua pistola.

– Cazzo fai?

– Ti salvo la vita.

– Puntandomi il ferro contro?

– Non vuoi sentire ragione, Fra. Te l’avevo detto: lascia stare, rimanda... Magari ti avrei spiegato tutto, in maniera diversa. Ma tu sei una testa dura senza speranza.