Alice in Wonderland, diretto da Tim Burton, ha ricevuto critiche contrastanti malgrado le grandi cifre guadagnate al botteghino. Anche se il pubblico sembra apprezzare, molti accusano Tim Burton di non aver realizzato un'opera all'altezza delle sue creazioni precedenti, di non essere stato abbastanza surreale e di non aver scavato sufficientemente nel lato oscuro della vita. Non sono d'accordo. Secondo me questo film è uno dei suoi migliori e chi è rimasto deluso si è lasciato abbagliare dalla bellezza e dai colori sgargianti delle immagini senza riuscire ad andare oltre l'impatto visivo del film. A dir la verità, volendo essere maligna, potrei dire che il film ha deluso alcuni perché la protagonista è una ragazza invece di un aitante guerriero blu, antico romano, antico greco, vampiro, marine americano, ecc., mettete voi il genere che preferite. Secondo me invece è proprio questa la forza del film: una ragazza è la protagonista di un film nel quale deve affrontare eroicamente degli eventi che la trasformano in una persona adulta. Quanti film con queste premesse e dedicati al genere femminile ci sono stati negli ultimi anni? E quanti invece dedicati al genere maschile? Capirete da voi che la sproporzione è evidente e questo rende il film di Burton unico, originale e fortemente innovativo. Qualità che però non derivano tutte dal regista ma anche dallo sceneggiatore che guarda caso è una donna (ma allora è vero che per avere storie belle sulle donne dobbiamo avere più sceneggiatrici e registe!).
La sceneggiatura è di Linda Woolverton, famosa per aver scritto Beauty and the Beast, The Lion King e svariati altri programmi per bambini. Questa cosa è molto importante perché la Alice di questo film è molto diversa da quella dei libri di Lewis Carroll e del film Disney che è stato tratto nel 1951 dalla Disney. La piccola Alice in questi ultimi è una bambina coinvolta in una storia di cui è solo la spettatrice. Ci sono una serie di personaggi che lei incontra e che la coinvolgono nelle loro cose, ma lei non agisce direttamente e passa da una scena all'altra suo malgrado, subendo passivamente gli eventi.
In questo film invece, che può essere considerato un seguito di quelle storie, la sceneggiatura è riuscita a trasformare il personaggio e a darle spessore. Prima di tutto Alice non è più una bambina ma una giovane donna. Le prime immagini del film mostrano subito di che pasta è fatta. C'è una scena dove lei si trova su una carrozza con la madre mentre vanno a una festa. La madre le chiede se ha messo il busto, lei risponde di no e la madre si arrabbia tantissimo, poi lei mostra di non avere messo neanche le calze. Considerato che la scena si svolge in pieno Ottocento, possiamo capire che la giovane Alice è una ribelle che contesta la situazione in cui si trovano le donne costrette alla tortura quotidiana di una moda costrittiva. La scena in cui scappa subito dopo la proposta di matrimonio la vede rifiutare un destino imposto da altri proprio nel momento in cui ormai quasi adulta, vedeva aprirsi davanti a lei le infinite possibilità di una vita entusiasmante. Nell'Ottocento d'altronde le donne avevano ben poche alternative, erano relegate dalle convenzioni sociali in una posizione di secondo piano che le obbligava all'obbedienza e alla passività nella sfera della famiglia. Potevi sposarti, possibilmente con uno più ricco di te, oppure facevi la governante, se invece
12 commenti
Aggiungi un commentoSono daccordo con Sam, inoltre a mio viso tutto il discorso sul femminismo intrinseco di questo film è un' enorme forzatura.
Il lavoro di Linda Woolverton è raccapricciante.
Il "film d'azione" è di per sé un sotto-prodotto e, l'eroina, in questo contesto, è un ibrido surrogato. E' l'eroina ad incarnare il passato, al di là di cosa indossa, che arma impugna e di come risolve la quest o affronta la fabula. Perché l'eroina è la traduzione polarizzata, la "conversione" dell'eroe maschile. Perché incarna una versione pubblicitariamente più conveniente dei topoi dell'epos primitivo, che di per sé stesso ha dettato ruoli e distanze tra sessi che non corrispondono più al contesto globalizzato (nel fantasy come nella SF e negli action-movie). C'è da domandarsi, piuttosto, perché esiste quell'eroina lì. O meglio, se è concepibile un'eroina rosa che scavalchi lo steccato blù. E ancora: perché non viene rigettato il modello stesso (e i suoi canoni estetici, narrativi, culturali)?
In soldoni: il telefilm Buffy che citavi (bello o brutto che sia) non è affatto innovativo. E' fan-service ben sublimato. L'eroe maschile ha acquisito le tette ed è una biondina, ma continua a elargire botte da orbi (e questo, semmai, dovrebbe far saltare dalla sedia, altro che il presunto femminismo della sceneggiatrice di Alice, che semmai è buonismo disneyano). Altro che "incapacità di accettare l'eroina", purtroppo il punto è l'incapacità di proporre e portare al successo un'eroina che non sia un "eroe in gonnella".
Citare Giovanna d'Arco è, a mio avviso, veramente naif (e perché non Eva?). E questi sillogismi banalizzanti (Giovanna d'Arco=Donna Moderna=siamo ancora al medioevo), appartengono al femminismo della contestazione: oggi, francamente, è passatismo. E non perché siano mutati i problemi (perché molti sono, di fatto, inalterati), ma perché l'atto stesso di decontestualizzare e rileggere la storia in chiave femminista, tra analogie e condanne, porta allo scollamento degli spazi di dialogo (anche nei confronti delle aree più openminded). E' auto-distruttivo e senza sbocchi: io non mi sento e non mi sentirò mai responsabile dell'attuale condizione della donna (perché non perpetro discriminazioni) e men che meno del rogo di Giovanna d'Arco, più di quanto una donna, per continuare a cavalcare le banalità, debba legittimamente sentirsi responsabile della guerra di Troia, della morte di Giovanni Battista, del peccato originale, delle false dichiarazioni mistificate di Maria Antonietta su "pane e briochet" o delle nefandezze della politica estera di Condoleeza Rice.
Ciò detto, concordo con Sam: analisi precisa e fuori dai denti. Aggiungo che Burton risulta sempre più disinteressato ad uscire dai suoi stessi schemi. O incapace di farlo: delle due l'una.
a patto che quel chiunque non abbia mai visto "il pianeta delle scimmie", suppongo.
Già, l'avevo dimenticato, ma ho anche scordato di citare tra i capolavori di Burton il n°1, "Edward mani di forbice".
Premetto neanche a me il film non è andato particolarmente giù perché mi ha ricordato troppo le cronache di Narnia, che è quanto più distante dalla narrativa Carroliana ci possa essere, ma mi trovo grossomodo d'accordo con il resto dell'articolo riguardo a come è trattato il personaggio di Alice.
Non credo che Buffy sia una "mascolinizzazione" anche perché se lo fosse vorrebbe dire che il ruolo da protagonista in una narrazione d'azione probabilmente non è "femministicamente corretto", insomma mi sembra un po' una versione moderna di "gli uomini al fronte, le donne al focolare (o a far le maestrine)".
Non dimentichiamoci che, proprio per non volerla "mascolinizzare", Stan Lee diede a Susan Storm dei Fantastici 4 solo il potere dell'invisibilità rendendola di fatto l'ennesima fanciulla-in-pericolo-da-salvare, situazione che solo in seguito è stata gradualmente modificata con la faccenda dei campi di forza prima a uso solo difensivo e poi anche offensivo.
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