Paul Krugman, Premio Nobel per l'Economia
Paul Krugman, Premio Nobel per l'Economia
Capita a volte che i grandi rivoluzionari del pensiero vengano ricordati dalla società non per i meriti che vennero loro riconosciuti in vita. La distinzione tra il breve e il lungo termine diventa particolarmente delicata quando si ha a che fare con le ricadute delle scoperte e delle ricerche di scienziati prolifici e insolitamente lungimiranti.

Quest’anno l’Accademia Reale delle Scienze di Stoccolma ha deciso di conferire il premio Nobel all’economista americano, per “la sua analisi degli andamenti commerciali e del posizionamento dell’attività economica”. Nato nel 1953 a Long Island, editorialista del New York Times, Krugman è considerato tra i cinquanta economisti più autorevoli al mondo ed è un esperto di economia internazionale. I suoi lavori includono studi sul commercio internazionale, la geografia economica e la finanza internazionale. Gli studi menzionati hanno e – si auspica – continueranno a produrre un forte impatto sull’economia del nostro tempo e la comprensione dei suoi processi: è stato lui a sovvertire la concezione che tutti i mercati fossero in concorrenza perfetta, dimostrando che in realtà molto spesso si tratta di oligopoli dal momento che ognuno si specializza in un prodotto un po’ differente dagli altri e tende poi a conservare questa specializzazione, in risposta ai consumatori che finiscono per affezionarsi ad alcuni beni che quindi acquistano più volentieri. Ma i nostri figli potrebbero ricordarsi di lui per un altro tipo di studi. Studi inerenti, nello specifico, la frontiera del commercio interstellare.

Nel luglio del 1978 il venticinquenne Krugman era un assistente alla cattedra presso l’Università di Yale. La necessità di prendersi una pausa dalla frenesia della vita accademica e dalle mille preoccupazioni che possono assillare un giovane ricercatore lo spinse a mettersi alla prova con un problema all’apparenza di scarsa o nulla utilità pratica, per lo meno nell’immediato. Per quanto divertimento riuscì a procurargli, questo studio non fu comunque del tutto ozioso: andò infatti a inserirsi in un filone esile ma particolarmente radicato in quegli anni, che spaziava dalle proiezioni delle dinamiche del commercio interregionale e internazionale su scenari interplanetari (J. Frankel, Is There Trade With Other Planets?, processed, International Monetary Fund, 1975) all’analisi delle prospettive di utilizzo dello spazio nell’ambito dell’approvvigionamento energetico e della colonizzazione (G. O’Neill, The High Frontier, 1976). Ma è lecito attendersi che, col tempo, si possa assistere a una vera e propria riscoperta di questi lavori così poco canonici.

The Theory of Interstellar Trade, letteralmente “La Teoria del Commercio Interstellare”, si propone di estendere la teoria del commercio interplanetario a uno scenario interstellare e si concentra prevalentemente sulla questione seguente: come dovrebbero essere calcolati gli interessi sulle merci trasportate a velocità prossime a quelle della luce? La sottigliezza del problema è connessa alla flessibilità delle scale temporali: a velocità relativistiche, il transito sembrerà durare meno a un osservatore in viaggio con le merci che a un osservatore stazionario, solidale con il sistema di riferimento inerziale che accomuna la partenza e la destinazione del trasporto. Krugman ricava una soluzione al problema e, parole sue, fornisce “due teoremi inutili ma veri”.