Dicembre 1958: un articolo comparso sull’autorevole periodico Aviation Week gettava nel panico l’America, che andava faticosamente riprendendosi dopo il trauma inflitto dal lancio dello Sputnik I, avvenuto l’anno precedente ad opera dell’Unione Sovietica. In un servizio da Mosca, corredato da foto e illustrazioni, si rivelava l’esistenza di un bombardiere strategico a propulsione nucleare in fase di avanzato collaudo e sul punto di divenire pienamente operativo.
Ancora una volta, gli Stati Uniti venivano superati e per di più nel settore dei grandi velivoli strategici, da sempre oggetto di enormi investimenti in ricerca e sviluppo e considerato uno dei capisaldi della supremazia tecnologica americana. Per comprendere appieno questa sorprendente vicenda bisogna tornare indietro alla Seconda Guerra Mondiale.
Il conflitto si era da poco concluso con gli spettacolari quanto apocalittici fuochi d’artificio su Hiroshima e Nagasaki, quando un servizio sul New York Times riportava bruscamente alla realtà gli Americani, che ancora festeggiavano la vittoria e l’invincibilità assicurata dalla superbomba. Il quotidiano descriveva con dovizia di particolari come una formazione di dieci aerei - ciascuno dotato di una bomba atomica del tipo lanciato sulle città giapponesi, giungendo di sorpresa dall’oceano - avrebbe potuto cancellare New York dalla faccia della Terra senza che fosse possibile alcuna misura di difensiva. Venivano, inoltre, chiaramente messe in luce le caratteristiche di un futuro conflitto: la scala planetaria del teatro di guerra, l’impossibilità di un adeguato contrasto alla minaccia nucleare e i cieli come campo principe delle operazioni belliche. I venti gelidi che spiravano dalla neonata Cortina di Ferro imponevano contromisure rapide ed efficaci per garantire la sicurezza degli Stati Uniti d’America: in piena euforia da Era Atomica, la soluzione ideale non poteva che essere l’Aereo Atomico.
Un velivolo a propulsione atomica è in sostanza un aereo con motori a getto le cui turbine sono azionate da un flusso di aria surriscaldata da un reattore nucleare anziché dai gas prodotti da combustibili chimici. Un velivolo così concepito non solo è in grado di compiere più volte tratte intercontinentali senza scalo, ma può rimanere in volo per settimane, se non mesi, diventando a tutti gli effetti una piattaforma volante per il lancio di missili a medio e lungo raggio o per sferrare attacchi diretti sugli obbiettivi senza poter venire distrutto al suolo.
Alle più prestigiose Università e centri di ricerca della nazione venne commissionato un rapporto circa la fattibilità di un aereo a propulsione nucleare, al fine di evidenziare criticità e stimarne i tempi di realizzazione. La risposta superò ogni più ottimistica aspettativa: non solo non venivano riscontrati problemi di dubbia soluzione, ma la costruzione del gruppo propulsore e il velivolo stesso erano considerati a portata di mano, in linea con i tempi di costituzione del Comando Aereo Strategico (SAC).
Prendeva così avvio, nel Maggio 1946, il progetto NEPA (Nuclear Energy for the Propulsion of Aircraft) che avrebbe portato, almeno nelle intenzioni, al primo volo di un prototipo entro la fine del decennio.
La progettazione del reattore nucleare sarebbe stata compito dei laboratori della Marina, già impegnati in avanzate ricerche sulla propulsione atomica navale, mentre a definire caratteristiche e struttura del velivolo avrebbe provveduto direttamente l’US Air Force.
Sia il rapporto preliminare sia la struttura organizzativa del progetto si rivelarono completamente errate.
L’aereo, candidato ad ospitare l’avveniristico sistema di propulsione, non poteva che essere a sua volta quanto di più innovativo la tecnologia aeronautica del tempo fosse in grado di offrire: l’Ala Volante.
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