Due parole sul racconto di Bon scelto per questa occasione, Sogno di Niente: dei 10 finalisti (tra i quali lietamente figuravo anch’io, decimo per la precisione) è quello che mi è rimasto più impresso. In fondo è una storia semplice, quasi quotidiana, ma è questo il suo pregio: narrare della vita (dovremmo dire “semi-vita”) d’un simile equipaggio quasi

che una situazione del genere fosse la norma. Personaggi un po’ persi tra sonno e veglia, consapevoli che ad ogni ritorno allo stato vigile chissà quanta gente, sulla lontanissima Terra, non c’è più mentre per loro sembra trascorso solo un attimo; ricordi di sogni confusi, a volte incapacità di discernerli dal mondo reale. Sintomatico, sotto questo aspetto, ciò che narra il protagonista Spike appena risvegliato da un lungo sonno con i quattro colleghi per un’operazione di recupero spaziale. Indossata la tuta, Spike va fuori:
“Uscimmo nello spazio amico e fu come se ci fossimo calati all’interno di una bottiglia vuota, col fondo ambrato che funziona da lente e fa sembrare le cose diverse da come sono, smuovendo le certezze di tutti i giorni. Vedevamo le stelle rilucere e tremolare, accendersi dei nostri desideri e volare via, nel silenzio che formava il Niente.”
Siamo a uno spazio intergalattico tutto onirico, interiore. E poi la breve scena in cui, sotto il cielo alieno di Magellano 7, Spike fa l’amore con Jones-la-tettona:
“Jones sorrise e mi prese la mano e poi le labbra e poi tutto il resto. Sopra di noi nubi volavano veloci come tanti pensieri allo sbando, e la Terra riposava dentro di noi come un Sogno di Niente”.
Dei racconti di Stefano Bon, Sumiraschi scrisse su “un sostanziale rifiuto dell’universo reale (…), dei modelli stereotipati dell’etica borghese, delle verità assolute, dei segni tradizionali del potere e del conformismo intellettuale”. La narrativa di questo autore presenta una prosa scorrevole, sensazioni, immagini leggere e ovattate: sogni di niente, appunto. Quel niente che tuttavia ci parla sempre di noi. Un nome che vorremmo presto riconquistato alla science fiction, perché ha certamente ancora moltissimo da dirci.

Leggi il racconto di Stefano Bon: Sogno di Niente

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