Delos 28: I mondi di Gerrold di Francesco Grasso

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i mondi

di gerrold

Ovvero, vizi e virtù del padre degli Chtorr. David Gerrold è, tra gli autori americani della nuova generazione, una delle figure più interessanti. La qualità che lo eleva dal gruppo non è però una singolare abilità stilistica, né tantomeno una fantasia particolarmente fervida. Al contrario, ciò che fa di Gerrold uno scrittore di successo è la straordinaria efficacia con cui egli ha saputo orientare la propria produzione verso il tipo di letteratura SF al giorno d'oggi maggiormente remunerativa: le Saghe Militari a puntate.

Non è scopo di questo articolo discutere se una tale abilità sia encomiabile o meno. Si sottolinea semplicemente un dato di fatto: David Gerrold ha saputo interpretare con notevole mestiere la richiesta del pubblico, e reinventare sé stesso e le proprie trame per adattarle a una narrativa che, seppur commerciale, riesce a raggiungere (almeno in alcune opere) elevate vette di qualità.

I romanzi di maggior successo di Gerrold si inseriscono in due filoni ben delineati, due mondi di finzione letteraria che, nelle intenzioni dell'autore, sono probabilmente destinati a fondersi in un unico grande affresco di storia futura: il mondo dei Chtorr e quello dello Star Wolf.

gli chtorr

Dal dizionario Random House della lingua inglese (XXI secolo).

Chtorr (pronuncia ktor). Sostantivo maschile indicante: il pianeta Chtorr, che si ritiene disti 30 anni-luce dalla Terra; il sistema di cui tale pianeta fa parte, probabilmente costituito da una gigante rossa tuttora non identificata; la razza dominante del pianeta Chtorr, detta più propriamente Chtorran; nell'uso formale, uno o più membri della specie dominante di Chtorr; l'urlo gutturale e agghiacciante di uno Chtorr.

La saga degli Chtorr, creata da Gerrold tra il 1983 e il 1991, si compone di quattro romanzi, tutti pubblicati in Italia da Mondadori. Essi sono: La guerra contro gli Chtorr (A matter for Men); Il ritorno degli Chtorr (A day for damnation); Il giorno della vendetta (A rage for revenge); L'anno del massacro (A season for slaughter).

Si tratta, a prima vista, d'una storia d'invasione dallo svolgimento classico, ove i bellicosi alieni, i famigerati Chtorr (o meglio Chtorran), hanno questa volta le sembianze di colossali vermoni con la seccante abitudine di divorare allegramente gli esseri umani, donne e bambini compresi.

Ma l'ovvietà scompare già nelle prime pagine. L'invasione Chtorran è insolita, subdola, incomprensibile, misteriosa. Si tratta, più che di un attacco militare, di un attacco biologico. Gli invasori non dispongono né di astronavi né di tecnologia avanzata: non sembrano neppure esseri senzienti. In compenso, sbarcano sulla Terra accompagnati da un'intera piramide ecologica, miliardi di specie animali e vegetali, tutte fameliche, mostruose, aggressive, che minacciano seriamente di sopraffare la catena biologica terrestre e di trasformare la superficie del nostro pianeta in qualcosa di profondamente alieno.

Gerrold ci narra le fasi della guerra da un punto di vista periferico, attraverso gli occhi di Jim McCarthy, un giovane soldato entrato rocambolescamente a far parte delle Forze Speciali, l'elite "anti-vermoni" dell'esercito americano. Questa visione "minimalista" consente all'autore di andare avanti nella storia senza preoccuparsi di rispondere alle domande chiave (Da dove vengono gli invasori? Come hanno fatto a giungere sulla Terra, visto che non hanno astronavi? Sono esseri intelligenti o semplici predatori carnivori?). Il concetto, espresso con efficacia, è che chi combatte le guerre quasi sempre ignora totalmente ciò che avviene oltre le trincee che gli chiudono l'orizzonte.

Ma nei romanzi della saga sono tratteggiati con altrettanta efficacia altri concetti, tipici della più pura scuola Heinleiniana, di cui Gerrold è indiscutibilmente degno successore.

Il primo concetto è il buon vecchio Credo di Robert Anson Heinlein: nelle crisi, il Potere dev'essere completamente nelle mani dei militari, perché costoro sono gli unici degni di fiducia. Ogni altra categoria di esseri umani è composta di buoni a nulla, infingardi e voltagabbana; solo col fucile in mano e la divisa indosso si è Veri Uomini. Questo punto di vista simpaticamente reazionario viene suffragato da Gerrold per mezzo di infinite citazioni e aneddoti. Da ricordare, la stolidità e l'incoscienza con cui la popolazione civile continua, in modo follemente dissociato, la vita di sempre nonostante l'invasione (la madre di Jim McCarthy, addirittura, ridicolmente indaffarata nei preparativi del suo secondo matrimonio, si ostina persino a non credere all'esistenza degli Chtorran, nonostante questi abbiano già divorato metà dello Stato).

Il secondo concetto, ancora mutuato da Heinlein, è il seguente: il mondo di Gerrold, in definitiva, coincide con l'America. Il fatto che gli Chtorran invadano anche le altre nazioni terrestri è del tutto trascurabile: la guerra si svolge tra l'esercito USA e i vermoni, il resto è secondario. A ben guardare, gli Chtorran sono il paradigma di un altro nemico, forse un po' fuori moda, ma affatto dimenticato dagli Americani Veri, i Patrioti Puri con la bandiera stelle e strisce nell'angolo del salotto buono e il rifugio atomico in giardino. Enumeriamo gli indizi: gli alieni sono di colore rosso, vivono in colonie simili a grandi "comuni", ove la singola individualità scompare, e naturalmente mangiano i bambini. Chi ci ricorda? Il simbolismo non potrebbe essere più evidente...

Gerrold descrive la guerra contro gli Chtorran con la più classica delle "sindromi da accerchiamento" maccartiste (curioso il suggerito accostamento tra il protagonista e l'omonimo senatore): nel mondo di Gerrold le altre nazioni della Terra sembrano molto più ostili agli Stati Uniti che all'invasore giunto dallo Spazio. L'America, dice Gerrold con una punta di orgoglio risentito, deve contare solo su sé stessa. Come sempre.

Il terzo concetto, forse il più importante, presente nel romanzo, è che l'addestramento militare, prima di tutto, dev'essere psicologico, forse persino filosofico. Gerrold, a questo proposito, inventa il cosiddetto Mode Training, una serie di norme di vita sospese tra lo Zen e il Manuale del Perfetto Marines. Fanno parte di tale insegnamento tecniche grottesche come l'esser capaci di attraversare una stanza di venti metri impiegandoci una giornata intera, e tecniche cognitive che richiamano alla mente filosofie da Baci Perugina: "Se non riesci a trovare la risposta, allora la domanda che ti stai ponendo è sbagliata".

Peraltro, Gerrold riesce a non cadere mai nel ridicolo, proprio perché dotato di un'irresistibile autoironia. Questa gli consente, ad esempio, di sottotitolare ogni capitolo dei suoi romanzi con freddure "nere" cinicamente divertenti. Qualche esempio:

Come si dice "autobus affollato" in lingua Chtorran? - Cibo in scatola.

Come si dice "Chicago" in lingua Chtorran? - Colazione.

E come si dice "New York"? - Pranzo.

Paradossalmente, il peggior problema per la saga degli Chtorr è stato proprio il suo successo. Dietro la spinta di anticipi presumibilmente generosi da parte delle Case Editrici, Gerrold è riuscito a sfornare, dopo il primo, tre romanzi dalla lunghezza crescente in maniera esponenziale e dall'originalità e freschezza decrescente in modo fattoriale. Dal centinaio di pagine di "A matter for Men", dense di trovate e d'azione, di colpi di scena e di personaggi tridimensionali, si passa al mattone di "A season for slaughter", un libro leggero come calcestruzzo, ricco soltanto di divagazioni sul Mode Training (presentato quasi come un'alternativa a Scientology) e sulle prestazioni sessuali del protagonista, un libro che non aggiunge nulla, ma proprio nulla, a quanto già detto sugli Chtorran. E' molto frustrante, dopo aver sfogliato centinaia e centinaia di pagine, restare ancora a bocca asciutta di spiegazioni, mentre la dilatazione temporale della vicenda, effetto collaterale dello sbrodolamento editoriale, assume proporzioni grottesche. L'unica rivelazione presente nei seguiti alla "Guerra contro gli Chtorr", in fondo (una rivelazione neppure originale, del resto), è che la maniera più semplice di far soldi nel campo della fantascienza sia quella di scrivere saghe.

Il commento finale, quasi doveroso, è riassumibile in una battuta.

Come si dice "Gerrold" in lingua Chtorran? - Cibo.

Come si dice "Chtorr" nella lingua di Gerrold? - Dollari a palate.

lo star wolf

David Gerrold nasce artisticamente sceneggiando alcuni episodi di Star Trek (ricordiamo il più famoso, The troubles with Tribbles). L'universo Trek inevitabilmente affascina il giovane Gerrold; il giovane scrittore, come per destino, decide di rielaborare i concetti alla base delle avventure di Kirk & soci, digerendoli e assimilandoli attraverso il filtro della sua personale sensibilità letteraria...

I primi risultati di tale "digestione" si hanno nel 1972, nel romanzo L'ombra dell'astronave (Yesterday's children), pubblicato in Italia da Urania.

Tale romanzo contiene le idee fondamentali del successivo Il viaggio dello Star Wolf (The voyage of the Star Wolf) e del recente Le ultime ore di Shaleen (The middle of nowhere), e condivide con questi i principali personaggi: il comandante Jonathan T. Korie (notare le iniziali, una gustosa citazione di James T. Kirk), il capo macchine Leen, il navigatore Jonesy.

Benché le atmosfere di questi tre romanzi siano fortemente "trekkiane", essi introducono novità appariscenti, e per alcuni versi geniali, negli schemi della Space Opera tradizionale. Gerrold, soprattutto, si interroga sull'aspetto tattico/strategico di una guerra combattuta tra astronavi capaci di viaggiare FTL (Faster Than Light). I vascelli dei suoi romanzi (la USS Burlingame, la LS-1187 ribattezzata Star Wolf) sono navi dalla propulsione "a singolarità", il che significa che se ne vanno in giro per la Galassia portandosi a bordo un microscopico buco nero, e se ne servono per passare in "iperstato", una condizione fisica che consente velocità superiori a C.

Quando una nave si trova in iperstato, ipotizza Gerrold, essa è isolata dal resto dell'universo: la luce non può raggiungerla, il che la rende virtualmente cieca. L'unica cosa che una nave in iperstato può "vedere" è il campo iperstatico generato da un'altra singolarità. Ne consegue che, spegnendo la sua propulsione, un'astronave diventa invisibile al nemico. Poiché niente può raggiungere una nave in iperstato, sembrerebbe che sia impossibile colpirla. In realtà ciò non è vero: basta sfiorarla con una seconda bolla iperstatica (magari generata da un siluro) per distruggerla. Ma, per lo stesso motivo, una nave non può sganciare siluri FTL mentre si trova in iperstato, pena l'immediata autoesplosione: essa deve spegnere i motori, lanciare gli ordigni e riportarsi quindi in iperstato il più velocemente possibile.

Ingabbiando le astronavi dei suoi romanzi in questo mirabolante ordito di leggi fisiche, Gerrold impone loro una tattica bellica totalmente inedita per la Space Opera. Nel mondo dello Star Wolf le battaglie sono a partite di scacchi mentali, giocate alla cieca, in cui la vittoria arride non alla nave meglio armata o più potente, ma al capitano più astuto, al giocatore che riesce a prevedere mosse e contromosse, finte e sotterfugi del nemico, che meglio riesce a mascherarsi ed a bleffare, che alla fine porta l'avversario a commettere per primo l'errore fatale.

In questo senso, il più abile è Jonathan T. Korie, ufficiale della flotta dell'Alleanza Umana. Korie è un personaggio kafkiano, un antieroe tormentato, difficile, sfortunato, un uomo che ha elevato la paranoia e il sospetto sino al livello di un'arte sopraffina.

I suoi nemici giurati, i nemici dell'intero genere umano, sono i guerrieri della Solidarietà Morthan, una razza di esseri geneticamente modificati per essere più che (MORe THAN) umani, crudeli, cinici, votati alla guerra quasi per religione, cannibali e costituzionalmente sanguinari (Qual'è la definizione morthan di "fiducia"? - Condizione necessaria per un tradimento efficace.)

Korie è stato addestrato secondo il Mode Training, più precisamente secondo il suo successore filosofico, lo zyne. Egli riesce a dare il meglio di sé in circostanze critiche o addirittura disperate (il che gli capita puntualmente). C'è una punta di compiaciuto sadismo in Gerrold, che nei romanzi di questo ciclo si esercita spesso nell'esercizio che Stephen King definiva "il gioco del Puoi?". Esso consiste nel tratteggiare situazioni apparentemente senza uscita in cui intrappolare l'eroe del romanzo, e poi sfidare il lettore a ipotizzare una soluzione. Riesci a trovarla? Puoi?

Il fatto che Gerrold ci riesca puntualmente senza mai cadere nel pretestuoso è, senza dubbio, la qualità migliore del ciclo dello Star Wolf.

Si rintraccia, purtroppo, anche in questa saga spaziale il difetto del ciclo degli Chtorr. Dopo i primi due libri, originali e intriganti, nel terzo volume Gerrold tracima disastrosamente: trecento pagine nell'edizione Mondadori, penalizzato per giunta da una traduzione criminale e dal classico riassunto di copertina scritto in stato di ebbrezza alcolica (nulla di nuovo sotto il sole di Segrate).

Il suddetto romanzo, titolato in italiano Le ultime ore di Shaleen per motivi francamente incomprensibili (il titolo inglese, ricordiamolo, recitava The middle of nowhere), non aggiunge nulla di nuovo alla vicenda, frustra il lettore nell'attesa di una battaglia risolutiva che incombe per tutto il romanzo e che alla fine non avviene affatto, spezza qualsiasi accenno di suspance con noiosissime vicende parallele che sembrano invocare disperate l'intervento d'un paio di forbici, e giunge a vertici encomiabili di nefandezza narrativa con le battutacce da caserma sulle dimensioni dell'apparato riproduttivo dei guerrieri Morthan.

Cosa dire, dunque? David Gerrold, in definitiva, è uno di quegli autori (troppi, a dire il vero) la cui evoluzione letteraria avviene "a entropia negativa", ovvero all'indietro nel tempo. Sebbene sia consigliabile leggerlo, le sue opere più soddisfacenti, che raccomandiamo caldamente, sono proprio le prime, i capitoli iniziali delle saghe citate, e le altre opere giovanili, tra cui nominiamo "Superbestia" (Deathbeast, 1978).

E' triste, ma non resta che augurare al nostro Gerrold un po' di salutare insuccesso, qualche sano e costruttivo ceffone editoriale, in modo che riprenda a scrivere qualcosa di decente e non termini la sua carriera (seguendo le censurabili orme di Asimov), stilando ignobili e superpagate porcherie. Sorry, David, lo diciamo per il tuo bene. E per il nostro.