Simmons è Simmons: le etichette non vanno bene per lui. Non ama il purismo nella narrativa, e

Dan Simmons
Dan Simmons
prova sempre a sperimentare nuove formule. Già il suo primo romanzo, Il Canto di Kalì, è difficilmente etichettabile. L'ambientazione, la caotica e degradata Calcutta, e i toni forti, sembrano indicare un romanzo che a quell’epoca poteva essere definito cyberpunk. Ma poi si mescolano altri temi: taosimo, sfumature mistiche, tratti horror, in una storia che vede protagonisti una giornalista, i membri di una setta criminale adoratrice di Kalì e soprattutto un poeta dato per morto e forse ancora in vita. Appare qui per la prima volta il personaggio del poeta: uno dei protagonisti dei "Canti di Hyperion", Martin Sileno, è un poeta, e tutta la saga sembra ruotare intorno alle creazioni e alla complessa personalità di un altro poeta, in questo caso realmente esistito, il romantico John Keats. Ed è ancora un altro poeta, Omero, l'ispirazione per Ilium, dove spesso fanno la loro apparizione le Muse, le dee della poesia. Un tema ricorrente, ma quale sia la sua spiegazione non è dato saperlo, né è detto che ve ne sia per forza una. Con l'horror, Simmons si fa forse prendere un po' la mano col successivo Danza macabra, ponderoso romanzo adattato da un racconto sullo stesso tema, quello dei vampiri. Danza macabra è considerato uno dei capolavori dell'horror, ma non scade in nessuno dei cliché del genere: anche qui, riallacciandosi alla fantascienza, Simmons innova e i vampiri  che devastano l'America sono vampiri mentali, dotati di straordinari poteri telepatici, tramite i quali si divertono a far soffrire indicibilmente le proprie vittime.La sofferenza è un tema caro a Simmons. In qualche modo è il tema di fondo di Hyperion e dei suoi tre seguiti che insieme compongono il ciclo dei "Canti di Hyperion", indiscutibilmente il suo capolavoro letterario. La sofferenza qui è incarnata nello Shrike, il mostro d'acciaio la cui natura costituisce un irrisolto mistero: lo Shrike viaggia nel tempo, uccide gli uomini a milioni, forse per compiere un rito escatologico, ed è oggetto di un pericoloso pellegrinaggio di sette persone che, giunte sul pianeta Hyperion, si recano al suo cospetto per esprimere un desiderio, uno solo dei quali verrà esaudito, mentre gli altri sventurati saranno impalati al suo albero di spine per l'eternità.

È noto che Simmons adottò per il suo Hyperion la struttura di un classico della letteratura inglese medievale, i Racconti di Canterbury di Goeffry Chaucer: c’è una cornice, e una serie di racconti - sette - che i protagonisti narrano a turno. Sono i racconti della loro vita precedente, e del perché sono giunti fino ad Hyperion per sfidare lo Shrike. Anche questi sono racconti di sofferenze. Il gesuita Lenar Hoyt racconta la storia di Paul Duré, specie di missionario su un pianeta primitivo, che scopre un culto cristiano indigeno e finisce suo malgrado crocifisso e continuamente risorto. L'archeologo Sol Weintarub narra della terribile malattia contratta dalla sua giovane figlia, che la porta a dimenticare ogni giorno i suoi ricordi e a regredire fisicamente fino allo stato di neonata. Alcune di queste storie saranno sviluppate nei seguiti del romanzo, che infatti si interrompe a metà e lascia al seguito La Caduta di Hyperion il compito di sciogliere i nodi. I tre romanzi successivi (La Caduta di Hyperion, Endymion e Il Risveglio di Endyimion) abbandonano la fortunata formula stilistica della serie di racconti e adottano quella più classica del romanzo di fantascienza puro.