Tra le varie cose da molti anni mi occupo di un filone del fantastico che potremmo chiamare, a grandi linee, quello dei Detective dell’occulto. Non è questa la sede per approfondire un discorso vasto e complesso che potremmo sintetizzare così. A inizio Novecento l’argomento viene trattato da grandi scrittori del fantastico da Howard a Lovecraft, passando anche per nomi oggi meno conosciuti come Le Fanu, Blackwood, Machen ma che, persino nel nostro Paese, solitamente così restio al fantastico, sembrano attraversare una nuova piccola età dell’oro. A livello mondiale, purtroppo, questa corrente si arresta negli anni settanta. Da allora la letteratura sembra abdicare questo filone a favore di un realismo dominante. A prenderne l’eredità saranno il fumetto, che, proprio in questi anni, passa per una rivoluzione totale sia tematica che formale, e, in tempi più recenti, serie tv come Supernatural. Da quell’epoca mitica escono capolavori come Hellblazer, Hellboy, Preacher, solo per nominare i più conosciuti, e due fenomeni nostrani come Dylan Dog e Martin Mystere (recentemente Black Monday rinverdisce ancora il filone). A inaugurare il nuovo cambio di rotta, e a far tornare alla letteratura, contribuisce in maniera decisiva proprio il grande Charles Stross, col suo celeberrimo Ciclo della Lavanderia.

Conosciuto in Italia più come autore di fantascienza post cyberpunk, Stross da noi è stato, ovviamente direi, trascurato per la sua produzione più tipicamente Pop, tra cui questo ciclo. Grande errore della nostra critica, perché è proprio questo il prodotto che, nel mondo, ha dato fama e successo al suo creatore. Come voler negare a McKean tutta la sua produzione supereroistica, per capirci. Il resto dei suoi romanzi è sempre ad alti livelli, ma, al contrario di quello che ci vogliono far credere, molto meno innovativo, di questo ciclo capolavoro, accostabile solo all’altro grande, purtroppo inedito da noi, The Dresden Files, serie di romanzi di Jim Butcher.

L’impianto narrativo del Ciclo della Lavanderia è di una semplicità quasi destabilizzante, ed è questo forse che ha ingannato molti. Una squadra di agenti segreti che lotta contro fenomeni soprannaturali. Ma, prima di tutto, bisogna capire che la grandezza di un’opera d’arte può risiedere già solo nell’aver deciso di fare un gesto mai fatto prima, al di là del suo valore effettivo. Chi non capisce questo principio estetico novecentesco non potrà gustarsi appieno quest’opera stratificata e complessa.

Ripeto, c’era una zona vuota, la necessità di trasferire un argomento bellissimo dai fumetti ai romanzi, per aggiornarlo ai tempi contemporanei, in letteratura e la coppia Stross/Butcher l’ha fatto. Se non fosse stato per loro, noi saremmo costretti a leggere ancora i libri di Blackwood. Anzi, ancora adesso si fa fatica a trovare romanzieri che abbiano il coraggio di affrontare questo tema (magari ne parleremo prossimamente, Vandeermer e Gaiman in primis). Al di là poi di questa importanza storica i romanzi sono eccezionali anche per motivi intrinseci. Stross rinnova il genere anche rispetto ai capolavori del fumetto su menzionati. Per esempio, partendo dall’idea geniale di fare del suo Detective protagonista, Bob, una parodia del James Bond di Ian Fleming. Qui non c’è spazio per il superomismo, perché la decadenza ha avvolto tutto. Il nostro eroe è più una povera vittima degli eventi che un grande protagonista. I complotti che lo sovrastano arrivano spesso dalla stessa Agenzia per cui lavora. Dal Constantine di Hellblazer viene presa tutta la parte della magia. Ma questa doveva subire un aggiornamento ai tempi odierni, ed ecco l’altra grande idea: i processi negromantici di invocazione dei demoni avviene tramite procedure informatiche e tecnologiche. L’unione della magia a argomenti come la quantistica, la relatività e altre quisquilie simili sono il pane quotidiano di Stross.

Poi c’è tutta una componente riconducibile ai Grandi Antichi di Lovecraft, qui mai nominati esplicitamente, ma comunque presenti in limine. Tipico dei fumetti è anche il concetto di continuity, ancor oggi mal digerita dai romanzieri. Il grande Claremont l’ha trasposto dalle telenovelas degli anni ottanta nei suoi X-Men, e Stross la introduce finalmente a piena potenza nel romanzo. Non parliamo solo del ritorno del protagonista. Ma di instaurare trame a lungo termine, compresa l’evoluzione dei personaggi. Un processo che richiede anche un pubblico colto ed affezionato nel tempo. Troverete in questa prima parte di Progetto Jennifer una moltitudine di rimandi a cospirazioni, eventi precedenti, varie società segrete in conflitto fra loro. Ma questo non deve spaventarvi perché, proprio come i fumetti, i libri di Stross vanno letti e riletti, avanti e indietro, per completare sempre nuovi tasselli che ci mancano. Quando mi appassionai la prima volta agli X-Men pensai di impazzire nel tentare di ricostruire un cosmo letterario così vasto e complesso. E mi sento ancora così trent’anni dopo. E deve essere così.

Quindi ai coraggiosi che iniziano quest’avventura, dico non arrendetevi ai primi ostacoli, sarete ricompensati.