- Lo so bene. - ripeté l'altro, osservando meditabondo l'allenamento. La creatura, dal corpo nodoso coperto di muschio, con le radici mobili ben piantate tra i pali della porta, mulinava le sedici paia di rami-tentacoli nella frizzante aria mattutina, parando intrepido le sfere che la macchina d'allenamento gli sparava violentissimamente contro.

Sir Mazzant socchiuse gli occhi, assumendo l'espressione pertinace che i capi dei casati avversari deridevano come segno di incipiente solecismo.

- Ditemi senza punta reticenza, mio caro Joaz... Su quanti altri elementi potremo efficacemente contare, per l'ora pugnace che ci attende?

- Non voglio celare ai vostri occhi l'avversa realtà con il velo di una falsa sicumera, mio signore. - rispose gravemente Joaz - Avremo forse un'Idralisca e al più due Ragni Saltatori.

Lo sguardo di Sir Mazzant si incupì. - Allora nel cielo del nostro destino arde di certo l'atroce fuoco della sconfitta. - mormorò - Triste ventura, per un nobilissimo casato quale il nostro, che da ottantacinque cicli conosce solo trionfi luminosi come il riverbero del fulgido sole estivo sulle immacolate corazze.

- Sarà purtroppo così, mio signore, a meno di non trovare dei rimpiazzi.

Sir Mazzant trasecolò, o per lo meno mostrò quel tanto di trasecolatezza che era concessa dalla rigidissima etichetta del suo clan.

- Rimpiazzi? Chi? Dove? Volete spiegarmi, di grazia?

- Permettetemi, signore, di mantenere il necessario riserbo: sto valutando una possibilità. Sarà mia cura portarla all'attenzione delle vostre erudite orecchie non appena essa sarà suscettibilmente confermata.

L'altro si strinse rispettabilmente nel raffinato manto d'ermellino zebrato di Ethax Quattro, e sembrò meditare.

- Che sia così, dunque. - disse alla fine - Ma vi esorto a non perdere altro preziosissimo tempo. Per il bene della nostra amatissima casata e del nostro nobilissimo sangue, siate folgorante come il levriero e sollecito come l'ispettore fiscale.

- Lo sarò, mio signore. - rispose puntigliosamente Joaz, accomiatandosi con un inchino.

Era tardo pomeriggio quando un giovane paggio dal volto di fiore venne, con passo leggiadro, a consegnare a Sir Mazzant un messaggio del signore dei drughi. Il nobile lesse con puntigliosità le cinquanta righe di obbligatori salamelecchi e omaggi agli aulici antenati del clan Harmons, e si concentrò infine sul corpo del messaggio: Joaz gli chiedeva di scendere nei laboratori, al sesto livello sotterraneo del castello. Vi erano - diceva - straordinarissime novità.

Sir Mazzant batté le mani per chiamare la sua scorta. I dodici portatori dal corpo nudo cosparso l'olio lo issarono sulle loro robustissime spalle e trottarono con servilissima affettazione verso gli ascensori.

Il signore dei drughi attendeva accanto a un misterioso macchinario, cui Sir Mazzant concesse soltanto una sdegnosa occhiata, per concentrarsi invece sull'abbigliamento del suo suddito. Joaz si era svestito della mise mattutina e indossava ora la tenuta serale, consistente in un vaporoso abito fucsia in piume di pavone dai risvolti neri con fermagli argentei appuntati sulle spalline e intorno ai polsi, calzoni azzurri picchiettati di smeraldi e scarpe di pitone vegano color porpora. Il mantello era diligentemente arrotolato sulla schiena, e tenuto fermo da una nappa di meduse dorate di Tschai Otto.

- Mio caro Joaz. - disse il nobile - Non potete immaginare con quanta opprimente trepidazione stessi attendendo la vostra vagheggiata chiamata... Ditemi, orsù: avete trovato dei rimpiazzi?

L'altro assentì con raffinata soddisfazione. - E' fuordidubbio così, mio signore.

- E, di grazia, dove sono?

Joaz incrociò le braccia in un gesto di elegante perfezione. - Vogliate degnarvi di posare le vostre nobili pupille qui, mio signore.

Premette con affettazione un pulsante. Al centro del misterioso macchinario si accese uno schermo. Sullo sfondo nerissimo trapuntato di stelle, campeggiava un globo azzurrissimo di mari e bianchissimo di nubi.

- Questa è la Terra, mio signore.

- Il Mondo Patrio? - balbettò con signorile incredulità Sir Mazzant - Ma... il Mondo Patrio non esiste più.

- Infatti. - concesse puntigliosamente Joaz - Ciò che vedete al di là di questa distorsione spazio-tempo è la Terra di dieci secoli fa.

Sir Mazzant arretrò di un passo. - Amico mio, il vostro pensiero si cela alla mia mente come la vetta di un monte avvolto dalle nebbie. Volete farmi credere che voi, un signore dei drughi, avete inventato nientepopodimenoché una Macchina del Tempo?

Joaz rise graziosamente. - Permettetemi di proseguire il mio favellare, mio signore, e vedrete che le nebbie si dissiperanno come i miasmi di palude all'arrivo del monsone... Certo saprete che alcuni nobili del vostro aulico clan si interessano di paleo-archeologia...

- Conosco bene le leziose affezioni dei miei cugini. - ammise Sir Mazzant.

- Orbene, costoro lavorano da innumerevoli cicli al precipuo scopo di costruire un canale di recupero di preziosissime antichità dal remotissimo passato della nostra specie, in primo luogo dal Mondo Patrio. Essi sono riusciti a scoprire una distorsione naturale dello spazio-tempo che, incantevole combinazione, consente proprio tale passaggio. Non si tratta di una Macchina del Tempo, quanto di un prodigioso ponte gettato a scavalcare un nero abisso di secoli e di innumerevoli parsec: esso connette questo laboratorio con l'antica Europa del remoto Ventunesimo Secolo Terrestre.

Sir Mazzant inarcò anche l'altro sopracciglio. - Di grazia, caro Joaz, volete spiegarmi che c'entra questo rutilante gioco di prestigio con la nostra pugnace sfida di dopodomani?

Il signore dei drughi si inchinò con eleganza. - Concedetemi ancora pochi o punti minuti, mio signore, e lo capirete...

...

Montella, Inzaghi, Del Piero, Totti, Conte, Pessotto e Maldini si scambiavano sguardi perplessi. Più che le fantasiose spiegazioni di Joaz, era stata la magnificenza dei diamanti consegnati come anticipo sulla ricompensa a far loro superare lo shock del rapimento e del trasporto attraverso il varco spazio-tempo.

- Ma insomma, dove diavolo siamo? - protestò Montella.