Con l'indice protetto da un ditale di pelle morbida e sottile, Alessandro girò la pagina del voluminoso tomo nero usando la massima delicatezza. Il foglio di pergamena antica, tuttavia, ormai troppo usurato dalla grattugia del tempo, schioccò come una frusta e si crepò.

- Oh dio, no - esclamò lo studioso, notando la lunga incrinatura sottile comparsa sulla superficie in cartapecora, e che spaccava in due la miniatura policroma del capolettera.

Alessandro scoppiò quasi a piangere: le mani presero a sudare, e il cuore aumentò il ritmo diventando il rombo di un tamburo. Tentò di porre rimedio al danno affidando il foglio appena strappato alla protezione di una busta di cartavelina. Prese la pagina con un paio di pinze da numismatico, e con estrema delicatezza la ripose all'interno dell'involucro protettivo.

- Vorrà dire che dovrò studiarti attraverso questo sacchetto, ed è un vero peccato perché la velina non mi consente di apprezzare a fondo i tuoi magnifici colori - mormorò alla pagina con un timbro confidenziale e zuccheroso, neanche stesse parlando ad una figlia ancora troppo piccola per meritare un tono più lezioso. - D'altronde, è pur vero che non sono le miniature ad interessarmi, quanto piuttosto i segreti che racchiudi fra le tue preziose, proibite righe di sapere.

Accarezzò la superficie della busta con incredibile amore. Usò un tocco tanto leggero e innamorato che non basterebbe il carme di un qualche antico poeta classico, per poter descrivere appieno la struggente magia del suo gesto.

Il gigantesco golem aracneo, tondo quanto un macigno, con gambe lunghe e snodate, frutto di una sapiente combinazione di ferro, argilla, funi e unguentum individuus, attraversò il vasto prato di trifoglio in pochi balzi. Soltanto quando raggiunse il limitare della foresta, dopo essersi portato al riparo di alcuni salici, retroguardie del folto boschivo, arrestò la sua corsa. Si piegò sulle zampe fino a poggiare la pancia del suo nero corpo artificiale sul terreno, ed emise un sibilo sottile, un richiamo al quale fece eco un fischio altrettanto sommesso. Ben presto, dalla foresta sbucò un altro golem, questa volta antropomorfo, alto circa un paio di metri, che portava sulle spalle un anziano dall'aspetto arcigno e dall'abbigliamento trasandato.

Alessandro scese dal suo ragno di metallo e argilla. Senza dire una parola, stringendo fra le mani una piccola sfera luminosa, raggiunse l'altro golem. L'uomo che lo montava scrutò Alessandro dall'alto, e, palesando una certa diffidenza attraverso parole volutamente criptiche e di dubbia interpretazione, chiese:

- Sono il Mercante. Se tu sei l'uomo che cerca quel che non si dovrebbe trovare, allora puoi mostrarmi quel che sai di dovermi dare in cambio.

Alessandro puntò davanti a sé la luce azzurra di una sfera luminosa comparsa all'improvviso nella sua mano, così da riuscire a vedere il vecchio in faccia. Questi chiuse gli occhi e girò il capo per fuggire la luce, sbilanciandosi e causando l'irritazione del proprio golem che ringhiò.

- E spegnete quella stupida sfera di fuoco perpetuo! Volete farci scoprire dagli inquisitori? - abbaiò il vecchio, carezzando il gigante d'argilla sulla testa per calmarlo.

Alessandro mormorò qualche parola di scusa, soffiò sulla sfera, e la luce azzurra si spense.

Il vecchio smontò dal golem gemendo e brontolando. Una volta a terra si avvicinò ad Alessandro chiedendo:

- Allora? Li avete portati?